giovedì 4 agosto 2022

Mussolini, l’ Italia e gli Italiani nelle Conversazioni Segrete di Hitler (e nelle memorie della sua segretaria)



Leonello Oliveri
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Su Hitler ci sono migliaia di libri, la maggioranza opera dei “vincitori”, qualcuno anche di ufficiali o scrittori tedeschi.

Quasi tutti però trattano dell’ H. ufficiale, pubblico: il “Führer”, il “politico”, il “nazista”.
L’Hitler per così dire “privato”, non ufficiale, occupa poco spazio. Paradossalmente se vogliamo sapere come si mostrasse H. “uomo quasi privato ”, dobbiamo ricorrere… alle testimonianze delle sue segretarie. Lo faremo.
C’è però un libro, poco noto, che ci permette di aprire qualche squarcio sull’H. diciamo “non ufficiale”.
Si tratta delle “Bormann Vermerke. Conversazioni segrete ordinate e raccolte da M. Bormann- 5 luglio’41/30 nov. ’44” (trad. A. Donaudy), Richter ed., 1954 (recentemente ripubblicato anche dalla Libreria Editrice Goriziana col titolo Conversazioni a tavola di Hitler), contenente il resoconto stenografico delle conversazioni tenute alla sera, in modo del tutto informale, dopo cena, nei Q. G. di Wolfsschnze (Rastenburg, Prussia Or.) e di Werwolf (Winnitza, Ucraina).
Borman, con l’approvazione di H. ordinò che, in un angolo discreto, uno stenografo le raccogliesse. Trascritte vennero riunite in cartelline con l’indicazione “segreto” .

Dopo la guerra le trascrizioni giunsero nelle mani di un cittadino svizzero, che nel 1952 ne acquistò i diritti da Paula, sorella del Führer e sua unica erede, pubblicandole in francese nello stesso anno.
Nel ’54 la pubblicazione in Italia adopera della ed. Richter .
Dalla prefazione : “in quei momenti, cioè durante i pasti e l’ora del the, e non di rado durante la notte, egli obbediva all’urgenza di chiacchierare, di aprire il suo animo -nella misura in cui può aprirlo un uomo che sia consapevole di rappresentare una parte di primo piano sulla scena del mondo- (..) di discutere senza ufficialità, (..) di isolarsi talvolta dal fragore delle armi, di eludere sovente i problemi più immediati e cocenti (..)"


Il libro è vasto, le conversazioni (meglio, soliloqui) toccano moltissimi argomenti. Qui ci limitiamo ad estrapolarne (con tutti i limiti derivanti da operazioni di questo tipo) qualche frammento isolato per cercare di capire cosa H. pensasse davvero, nel privato, di un suo alleato, Mussolini, dell’Italia e degli Italiani.

La prima annotazione è del 21 luglio ’41, e sono parole di elogio per il Duce: “Il Duce è una grande personalità (..) Se il Duce dovesse morire sarebbe una grande sventura per l’Italia”.
E non è l’unica: sfogliando le quasi 800 pagine del libro se ne trovano altre: 17 genn.’42 p. 238 (..) “Il Duce e io lavoravamo da
muratori nello stesso periodo. Ciò spiega come anche sul piano puramente umano ci sia un vincolo tra di noi. Ho una profonda amicizia per quest’uomo straordinario
”; 17 febbr. ’42: “In Italia le cose miglioreranno solo quando il Duce avrà sacrificato la monarchia e preso effettivamente la direzione di uno stato autoritario”; 24 luglio ’42: ” Dobbiamo a lui se in questa guerra l’Italia non sia dalla parte degli alleati. Se la nostra alleanza non ci soddisfa totalmente è perché il Re e la Corte hanno eccessive possibilità di intervento”; 23 apr. '44 “Ho così alta stima del Duce perché vedo in lui un uomo di stato incomparabile. Sulle macerie di un’Italia decaduta è riuscito a costruire un nuovo stato a cui tutta (tutta? Nel ’44 credo di no) l’Italia ha aderito”; Aprile ’44 “(..) Ogni volta che incontro il Duce in Italia mi è sempre penoso vederlo relegato al 2° posto".

Ai giudizi positivi nel confronti del Duce, derivanti probabilmente più da una simpatia personale istintiva che da una riflessione meditata sulle di lui capacità, fanno riscontro giudizi talvolta sferzanti nei confronti dell’ Italia, soprattutto della Corona, della Casta ufficiali e dell’Aristocrazia, la ” marmaglia aristocratica che continua ad infierire in Italia”( 28 dic. ’41,.pag. 169).

Parlando dei “fascisti da parata” che popolano l’Ambasciata e la Corte, parole pesantissime: “Tutto quel mondo è insopportabile, falso, ipocrita, bugiardo. Non ho visto niente di peggio che quei cortigiani di corte”. A Napoli “(..) Alla stazione fui salutato da ***, un vero degenerato. Accanto a lui un altro duca, non meno degenerato. Un ammiraglio sembrava un rospo di corte, bieco e bugiardo”(..).
Per fortuna c’erano anche i Carabinieri motociclisti: “ Quando uscivo col Duce ero conquistato dall’audacia e dall’abilità dei motociclisti che ci scortavano: che bella razza!”.

17 genn. 42 “(..)  Il guaio per il Duce, è che egli si sia reso in certo modo prigioniero di quella società (..) Spesso il povero Duce mi ha fatto pena. Quanti rospi deve inghiottire!”

(..). E a proposito dell’aristocrazia romana: (in occasione di una parata a Roma) “la prima fila era occupata da vecchie capre rinsecchite e rabberciate, e per di più ingiuriosamente scollate, con un crocifisso appeso fra i seni avvizziti. (..) Perché esibire quella decadenza umana? Palazzo Venezia, tuttavia, brulicava di belle ragazze. Ma si trovò il modo di scusarsi presso di me del “passo falso ”che era stato commesso: alcune indossatrici di una sartoria romana si erano smarrite (!) nel pubblico degli invitati”.

Circa la Corona: 24 luglio ’42, ”Ciò che maggiormente ostacola l’opera del Duce è il fatto che il suo potere è ostacolato dalla Corona (..). Se la nostra alleanza non ci soddisfa totalmente è perché il Re e la Corte hanno eccessive possibilità di intervento (..) In occasione del mio viaggio a Roma non potevo credere ai miei occhi nel vedere in che modo la regina si comportava nei confronti del Duce” (..) Quando ero con Mussolini la folla gridava Duce Duce, quando ero col re, gridava Führer Führer ” e ancora, parlando della visita fatta alla flotta italiana a Napoli; ”Ho serbato un ricordo penoso della visita fatta alle unità della flotta a Napoli. Il piccolo re non sapeva che atteggiamento assumere, nessuno si occupava di lui (..)”


Parole dure contro la casta militare e le Forze Armate: “Il corpo degli ufficiali appartiene a quel mondo fossile. Gli ufficiali superiori non hanno alcun contatto col popolo. Zeitler (/Kurt Zeitler, Capo di Stato maggiore sul fronte orientale. Cercherà invano di convincere H. ad abbandonare Stalingrado. Alla fine darà le dimissioni e “rompera” con H.) invitato da alcuni ufficiali italiani al fronte, mi ha raccontato che aveva avuto un pranzo di cinque o sei portate. Nel frattempo i soldati si passavano una minestra acquosa. Trovo scandaloso che una cosa simile possa accadere anche in piena guerra. Ciò non può far altro che alimentare l’odio del soldato verso l’ufficiale”. Il classismo, la scarsa considerazione verso i soldati era evidenziato e condannato nelle stesse pubblicazioni tedesche: ne abbiamo parlato qui http://uomini-in-guerra.blogspot.com/2021/12/albania-africa-roma-1941-43-impressioni.html#more. E’ una vecchia lacuna delle nostre Forze Armate di allora.  Ora, sicuramente, le cose saranno cambiate, e non ci saranno più, per es.,  mense separate (1).

Delle scarse capacità dei suoi generali, Mussolini si lamentò anche con Hitler: 17 Febbr.’42 “a Firenze il Duce mi ha detto: I miei soldati sono dei bravi uomini, ma non posso aver fiducia nei miei ufficiali”.

E circa gli italiani come popolo? 22 luglio ’42: malgrado gli sforzi di Mussolini ”l’italiano medio di oggi è molto più un gaudente che un lottatore”; 17 luglio ’42: “Gli italiani sono spiccatamente propensi ad attribuirsi tutti i meriti immaginabili ma senza compiere d’altra parte le imprese corrispondenti (..) Per quanto concerne la campagna del 1940 sul fronte occidentale, la loro non belligeranza avrebbe immobilizzato almeno 60 divisioni francesi. Sono rimasti molto male nell’apprendere che erano solo 7”:

E ancora il (22 luglio ’42: ”Nei confro
nti dell’Inghilterra l’azione militare degli italiani si è limitata ad una dichiarazione di guerra platonica.
(e ricordiamo i patetici caccia CR 42 che in molti non riuscirono neppure a trovare l’Inghilterra perdendosi nella nebbia: il pilota Gorrini rilasciò una celebre intervista al riguardo).
20 agosto '42 pag. 703 “(..) Non ci sarebbe alcuna ragione valida per fare la pace coi francesi: Infatti sarebbe difficile mantenere il loro esercito a un livello così basso che in capo a tre anni esso non costituisse un pericolo per l’Italia. La polizia parigina basterebbe a mettere in rotta l’esercito italiano”; e tutto ciò avrebbe ripercussioni sullo stato d’animo tedesco: "(..) Ciò che non hanno potuto fare né la campagna di Polonia né quella di Norvegia né quella di Francia né quella di Russia né la guerra del deserto riescono a realizzarlo gli Italiani : scrollare il morale dei nostri”.
27 agosto ’42: ”Le condizioni che renderebbero possibile un’operazione italiana coronata da successo non esistono in questo momento: gli ufficiali italiani sono troppo vecchi, e la fanteria italiana non attacca mai”.  E che le fanteria non attaccasse mai, o non si difendesse strenuamente (in Grecia, Russia, Africa) il Fuhrer poteva proprio risparmiarselo..

Tutto sommato un popolo “felice”: “Che gente felice (gli Italiani) quando le prende, dopo tre giorni ha dimenticato tutto. Quando riporta una vittoria, la registra per l’eternità” ( 28 agosto ’42 p.709)

E come conclusione : 2 sett. ’42: “ in quell’epoca ( intorno al ’36) mi facevo ancora delle illusioni sul conto degli Italiani”.

Questi sono alcuni elementi che si possono trarre circa le opinioni "private" di H. sul suo alleato italiano dalle pagine del libro, un libro che, a nostro avviso,  potrebbe risultare tutto sommato interessante o curioso per molti lettori.



Ma H. non chiacchierava solo coi suoi più intimi generali: si lasciava andare, forse ancora di più, con le sue segretarie, con le quali intratteneva correttissimi rapporti più da buon capo ufficio (quasi padre di famiglia) che da Führer. Con loro passava a prendere il the (al cumino), e chiacchierava.

E così alcuni suoi giudizi, sull’Italia e gli Italiani, sono finiti nelle “Memorie” di una delle sue segretarie, l’allora 22enne Traudl Junge (Hitler’s Last Secretary: a firsthand account of life with Hitler, edit by M. Muller, N.Y., 2002).



Hitler trovava sollievo nel consumare i suoi sobri pranzi vegetariani o le pause per il the in compagnia delle sue segretarie, “staccando” così’ dalle preoccupazioni della guerra.

In quelle occasioni si lasciava andare a ricordi e giudizi che certo non poteva rilasciare “ufficialmente”.
H. con la sua segretaria Gerda Cristian

Così Traudl riporta un giudizio di Hitler su Mussolini (siamo all’inizio del ‘43: “Il Duce è uno statista eccezionale. Conosce il modo in cui funzionano le menti della sua gente, e considerando quanto siano pigri gli italiani è incredibile cosa ha fatto del Paese in questo breve tempo. Ma non è in una posizione facile, fra la Chiesa e la famiglia reale. Il re può essere uno sciocco, ma ha molti sostenitori”. E sul Re, ritroviamo gli sferzanti i giudizi di Hitler, almeno come sono ricordati da Traudl, quando parla del suo viaggio a Roma nel ‘38 : “Quando andai a Roma nel 1938 con il mio treno speciale avverto i miei compagni poco prima di entrare in stazione. Dissi loro che ora stavamo arrivando, e se vedevano un uomo con tanto di treccia d'oro sull'uniforme apparentemente inginocchiato sul palco non dovevano ridere, perché era il re d'Italia e non era mai cresciuto così tanto".
E ancora, con commenti dello stesso tenore: “Era uno spettacolo divertente vedere il Re seduto a tavola accanto alla Regina, che era due teste più alta. Finché erano seduti sembravano più o meno della stessa altezza, ma non appena si alzavano il re sembrava scivolare più in basso e la regina diventava ancora più alta”.

E gli Italiani?: “L'Italia è un paese incantevole, ma la sua gente è molto pigra '(..) gli italiani non hanno forza di carattere”. Ma se avesse visto i nostri poveri soldatini    in Grecia, Africa, Russia, forse sarebbe stato più cauto.

Nel luglio del ’43 Traudl accompagna Hitler nell’incontro con Mussolini in Italia (il cosiddetto ”incontro di Feltre”). Quattro quadrimotori Condor trasportarono il gruppo atterrando, scrive Traudl nel suo diario, “da qualche parte nel nord Italia”. Di lì “siamo saliti sul treno speciale di Mussolini e siamo stati portati alla stazione di Treviso. Hitler, con il suo seguito e il loro ospite, salì in una colonna di auto e il corteo ruggì, circondato da carabinieri in moto, verso il luogo dove si sarebbero tenuti i colloqui, una bella villa antica nelle vicinanze (..) . Rimasi nel treno speciale di Mussolini, meravigliandomi del disordine e della sporcizia, delle carrozze antiquate e del modo in cui il personale si alzava come un'operetta, e soffrii terribilmente il caldo”.
 Ma l’incontro si dimostrò tutt’altro che utile, e quattro settimane dopo Mussolini era prigioniero in un’altra villa: “il fascismo italiano era in uno stato di collasso", scrive Traudl, “Hitler era furioso per la secessione dell’Italia e quella sera non ha nascosto il suo umore nemmeno a noi donne” E poi ancora un giudizio tagliente di Hitler sugli italiani: “Non potremmo mai fare affidamento sugli italiani e penso che vinceremo meglio da soli che con alleati così irresponsabili. Ci sono costati più in perdita di prestigio e reali battute d'arresto di quanto valesse qualsiasi successo che ci hanno portato”.
Così, a quanto pare, pensava e parlava H.

E come si vede (anzi, come si legge), talvolta anche i ricordi di una semplice,  giovane ed intelligente segretaria 22enne posono fornire preziose informazioni anche agli storici paludati.

E se volete saperne di più su Traudl, le altre segretarie di Hitler, i loro ultimi giorni nell'allucinante atmosfera del bunker e le loro drammatiche vicende dopo il suicidio di H., andate qui


NOTE
1) Un particolare che sembrerebbe ironico, se non fosse tragico, è che questo tipo di lacune nel nostro esercito è perfettamente avvertito, tra le righe, per es. in queste pagine del settimanale “Cronache della Guerra” , N. 12 -22 marzo '41 pp. 373:  "Forse il segreto del successo delle forze armate germaniche va ricercato principalmente nel maggior spirito di cameratismo poiché accade di vedere che un soldato semplice saluta l'altro soldato semplice allo stesso modo con cui saluterebbe un superiore, mentre non vi è alcun regolamento che vieti al soldato semplice di frequentare questo o quel locale, purché, naturalmente, disponga del danaro necessario. Soldati e ufficiali si ritrovano talvolta allo stesso tavolo anche nen ristoranti di maggior lusso.(..)  Gli ufficiali sono scelti tra uomini giovani, energici, dotati di alto senso di responsabilità, con spiccate attitudini al comando. Essi conducono personalmente, precedendoli, i loro uomini all'attacco. (..) Il concetto del risparmio del materiale umano è oggi universalmente adottato dal comando germanico. Nessuna posizione nemica viene attaccata mediante impiego di truppe, se questa posizione può essere espugnata con mezzi meccanizzati.(..) Il soldato è vestito con le migliori stoffe, calzato con i migliori cuoi, nutrito con i migliori cibi (sottolineatura mia)  e la considerazione stessa in cui l’esercito è tenuto ha fatto sì che chi è soldato senta profondamente l’orgoglio della sua posizione e la responsabilità del proprio compito.

Peccato che l’anonimo articolista  non abbia fatto i dovuti confronti con la  situazione del soldato italiano di allora.


Leonello Oliveri
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