martedì 28 dicembre 2021

Albania-Africa- Roma 1941-43 : Impressioni di un corrispondente di guerra tedesco …


Leonello Oliveri
Proprietà letteraria riservata
Riproduzione vietata

Sto leggendo una raccolta di quindicinali pubblicati dall’ Oberkommando der Wermacht

durante la guerra (Die Wehrmacht : Herausgegeben vom Oberkommando der
Wehrmacht". E’ materiale estremamente interessante non solo per la notevole quantità di foto, ma anche perché tutto sommato non risente molto della propaganda nazista. Molti articoli, alcuni pregevoli, sono di corrispondenti di guerra.
In particolare trovo interessante una serie di pezzi pubblicati fra il novembre ’43 e il gennaio ’44, (ovvero dopo il “Verrat Badoglios”, il tradimento di Badoglio, dell’8 settembre) sulla base di materiali raccolti sul campo” fra primavera del ’41 e quella del ‘42,

Gli articoli sono il resoconto di missioni che un corrispondente di guerra tedesco, Fritz Treffz-Eichhdfer, compì in Albania, Grecia, Africa, Roma e contengono interessanti particolari sui rapporti fascismo/monarchia, e lucide e impietose descrizioni di ufficiali italiani visti dagli occhi di un giornalista (più che ufficiale)

 Dopo Albania e Grecia, l’Africa, con la testimonianza delle inefficienze nella gestione della guerra da parte dei nostri Alti Comandi. Poi le interessanti impressioni sulla situazione fra il 25 luglio e 8 settembre’43 mentre il nostro corrispondente si trovava a Roma.

Incominciamo da quella presente nel num. del gennaio ’44.
Il titolo è Mit italienischen Offizieren, Mannschaften und Faschisten auf den Kriegsschauplätzen des Mittelmeerraumes , ovvero “Con ufficiali, uomini e fascisti italiani nei teatri di guerra nel Mediterraneo”, l’autore è il corrispondente di guerra, Fritz Treffz-Eichhofer.
Nel pezzo, di cui vi propongo un frammento, (faticosamente tradotto da una pagina di non facilissima lettura) il corrispondente tedesco racconta di una sua visita alle truppe italiane in Albania e di un suo incontro con un ufficiale italiano.
 Siamo nella primavera del ’41 , dopo che l’intervento tedesco aveva concluso in 15 giorni ciò che l’Italia non era riuscita a compiere in sei mesi (e 20000 perdite) e contengono interessanti particolari sui rapporti fascismo/monarchia, e lucide e impietose descrizioni di ufficiali italiani visti dagli occhi di un giornalista  tedesco





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Con ufficiali, uomini e fascisti italiani nei teatri di guerra nel Mediterraneo
Dal giornalista di guerra Fritz Treffz-Eichhdfer
Siamo qui (in Albania)

(..) “Un'auto mi ha portato a Tepelene, (in Albania, sul fiume Vojussa) un'antica fortezza di montagna ai piedi delle imponenti montagne di confine . Da lì noi – un capitano, il suo autista ed io - abbiamo scalato la catena montuosa (..).
A mezzogiorno ci siamo seduti sui sassi di una cresta rocciosa.
Il soldato ci ha preparato un pasto: ha tirato fuori dalla gerla frittate di uova, costolette fredde, prosciutto, sardine, frutta e vino.
Ho visto che lui mangiava il suo pane secco a pochi metri di distanza.
“Vieni qui, Ragazzo!” lo chiamai e gli porsi un po' dell'abbondanza di ciò che mi stava davanti. Con titubanza egli la prese, rivolgendo uno sguardo timido al capitano.
"Ti chiedo di non farlo di nuovo", mi disse l’ufficiale più tardi mentre stavamo andando avanti, "è troppo pericoloso. Immagina che quel soldato tornando ora ai suoi compagni dica loro che un ufficiale tedesco gli aveva dato un po' del suo cibo. Questo porterebbe allo scontento e, andando avanti, a una rivoluzione (SIC!). Non possiamo permettercelo."
Ero senza parole: "Ma perché non dai da mangiare ai soldati qualcosa di decente? Un trattamento del genere è impossibile per noi !"
"Questo secondo te! I tuoi soldati sono abituati a un tenore di vita diverso. Quando mai il nostro soldato ha visto un pasto simile una volta nella sua vita ? È abituato a vivere come vive qui, e questa è una buona cosa. Non puoi mostrargli nient'altro, altrimenti diventerà scontroso e stanco e cercherà di avere sempre di più.”
“Ma tu solo, come ufficiale, vivi in modo più facile! Non ti accorgi che continui a dare ai tuoi soldati un pestaggio morale (moralische Prügel) quando li tratti in quel modo, quando non li saluti, quando li tratti come spazzatura? Non sai che la base del nostro successo è sempre stata radicata nel cameratismo tra uomo e ufficiale, che nel nostro esercito non conosciamo nemmeno queste contraddizioni (..)?"
La nostra logistica
"Io sono un Ufficiale di Stato Maggiore della Scuola di Torino (Ich bin Generalstabsoffizier der Turiner Schule). La struttura del nostro esercito si basa su una lunga tradizione che non è mio compito rovesciare. Se un cambiamento viene ordinato dall'alto, lo accompagniamo. Finché non sarà così, però, staremo attenti a non introdurre da soli un nuovo ordine sociale. Devo chiederti come ospite di agire di conseguenza (..)."

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Ogni commento mi sembra superfluo: sono stati fotografati con inclemente lucidità gli aspetti peggiori di una certa parte della casta militare italiana di allora: vacua arroganza, supponenza, disprezzo assoluto per il soldato.
Mi è rimasta solo tanta tristezza. E forse un po’ di vergogna

Incuriosito dagli articoli, ho cercato di sapere qualcosa di più sull’autore.
Ho scoperto che fu poi un famoso giornalista di Stoccarda, nato nel 1914 e morto nel 1989. Autore di libri (Graswurzel-Demokratie: Vom Werden und Wachsen des Südweststaats Baden-Württemberg: Democrazia di base: lo sviluppo e la crescita dello Stato sudoccidentale del Baden-Württemberg ), Presidente della Conferenza stampa di Stato (Vorsitzender der Landespressekonferenz).



Ho poi scoperto che in Italia, a Milano Marittima (Cervia, Ra.) esiste… un parco dedicato a lui.




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Il Corrispondente tedesco 2. Arme Soldaten. Poveri soldati

Proseguiamo nel presentare alcuni frammenti degli articoli del nostro corrispondente di guerra tedesco facendo un salto indietro, al primo articolo pubblicato sul num. di novembre ’43, ma riguardante sempre la primavera del ‘41.

Una precisazione: presentando “frammenti” di questi articoli, non si intende stabilire un confronto tra le nostre Forze Armate e quelle tedesche. Gli articoli, anche se scritti prima, sono stati pubblicati dopo gli avvenimenti dell’8 settembre: vanno quindi letti come testimonianza del punto di vista di un corrispondente di guerra tedesco senza dimenticare però la situazione presente al momento della pubblicazione.
E capire come ci vedessero e cosa pensassero di noi “gli altri” in quei momenti è utile.

Occorre poi tener presente che gli articoli sono pubblicati in lingua tedesca in un periodico dell’Alto Comando tedesco (herausgegeben vom Obercommando), ovvero pensati e destinati alla Wehrmacht e non a un pubblico anche italiano, come per esempio quelli di Signal, che invece usciva in edizione bilingue italiana/tedesca.

Tornando all’articolo, il pezzo è preceduto da un “cappello” composto evidentemente dopo l’8 settembre con l’interpretazione tedesca dell’armistizio italiano: “(..) ogni tedesco oggi è incline a considerare l' italiano come traditore dell’ Asse, come un soldato malvagio e riluttante. Dem ist nicht so: non è così! Il soldato semplice, primo fra tutti il miliziano [probabilmente allude ai 2 btg. di Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale presenti in Albania/Grecia], è stato tradito nel modo più vergognoso dal suo re e dal maresciallo Badoglio, ed è la più grande tragedia del popolo italiano”: così interpretavano i tedeschi: non per nulla gli artt. si intitolano “Verrat Badoglios”, il tradimento di Badoglio. In realtà la tragedia non sarà tanto l’armistizio, quanto il modo in cui fu gestito, e il dopo.

Passando all’articolo vero e proprio il corrispondente ricorda che a partire dalla Pasqua del ’41 poté recarsi in Albania e Grecia al seguito delle truppe italiane.

E subito la prima constatazione: “es stellte sich schon bald heraus, daß ich vieles von dem, was ich sah und erlebte, verschweigen mußte, wollte ich unserer Sache nicht mehrschaden als nutre: ben presto ho scoperto che dovevo tacere su molto di ciò che vedevo e sperimentavo, se non volevo fare più male che bene alla nostra causa” ...

Arriva a Tirana. La guerra (di Grecia) era appena terminata. La città era piena di soldati reduci dal fronte, con nelle divise e sui volti i segni dei mesi di combattimenti. Ma c’erano anche i fortunati che la guerra l’avevano, fino ad allora, passata nelle retrovie. Come del resto capita in tutte le guerre e in tutti gli eserciti.

Qui lo colpisce la stridente diversità delle condizioni tra ufficiali e soldati italiani: “(..) C'è una cosa che mi colpisce qui a Tirana: la moltitudine di ufficiali italiani che si siedono nei caffè dalla mattina alla sera e cercano di fare come fanno gli abitanti, senza far nulla. Es ist ein groteskes Bild, è un immagine grottesca: fitte colonne di soldati in uniformi strappate, da quattro soldi, con scarpe sfondate, vestiti in modo inconsistente"(..). "Mi si presenta un quadro che mostra i Bersaglieri, le Camicie nere e il Alpini, come li ho visti più e più volte dopo (...) geduldig verzichtend, anspruchslos“ (...) pazienti, rassegnati poco esigenti".


E ancora.
(..)”für mich das erste mal der krasse Gegensatz zwischen Soldaten und Offizieren der Italienischen Armee in erscheinung: per me per la prima volta era evidente il netto contrasto tra soldati e ufficiali dell'esercito italiano". (..)
Condizioni del soldato
italiano in Grecia

E poi la vita (provvisoria) dei fortunati nelle retrovie: “Centinaia di ufficiali nelle loro uniformi da parata, per lo più "armati" di frustino, gironzolavano pigramente per le strade e i caffè della città mentre l' esercito faceva il suo dovere (....).
Entrai in un caffè e mi unii a un gruppo di ufficiali, tra i quali trovai un gran numero di persone splendide. (..) Junge Leutnante, braungebrannt, gesund, mit lachenden Augen: giovani tenenti, abbronzati, sani, con gli occhi sorridenti (..) “si prendevano cura di me in modo amichevole e cameratesco, parlavano di tutto tranne che della guerra, al massimo della Scuola di Guerra da cui erano appena usciti.(..)
Nach dem Abitur waren sie eingezogen, auf die Kriegsschule Geschickt und standen jetzt, nach vierteljähriger Ausbildung, hier als Leutnante: “dopo aver finito il liceo furono arruolati, mandati alla scuola di guerra e ora, dopo tre mesi di addestramento,, erano qui come tenenti": tre mesi di addestramento, e poi scaraventati nella fornace della guerra. “(..) in bester Laune, so saßen sie da in ihren blitzblanken neuen uniforme, “di buon umore, sedevano lì con le loro divise nuove e scintillanti”. Divise nuove: presto le avrebbero consumate (con i loro corpi) in Russia o in Africa. “(..) Quando indicai la via dove camminavano stanchi e sudati i soldati del fronte, uno di loro disse quello che tutti pensavano: Arme Soldaten! Poveri soldati! - Poveri soldati!".
E si, poveri soldati italiani..



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Il Corrispondente tedesco 3: tra le forze di occupazione in Croazia

Una nuova puntata della corrispondenza di Friedrich.
Bisogna dire che siamo di fronte ad un bravo giornalista (non per nulla concluderà la sua carriera nel dopoguerra come Vorsitzender der Landespressekonferenz (Presidente della Conferenza di Stampa di Stato).
Abbiamo visto come il suo reportage si amplia nei contenuti: il modo sprezzante con cui gli ufficiali trattano i soldati, le misere condizioni della truppa, le inefficienze e incapacità degli Alti Comandi.
E poi i contrasti tra la componente “fascista” e quella “monarchica” nelle armi italiane, spia della difficoltà di far convivere due forze diverse: la rivoluzione fascista e la casta militare preesistente (e resiliente..) che non la digeriva. Due forze molto diverse obbligate a coesistere ma senza una vera collaborazione. Il risultato saranno le Campagne di guerra italiane condotte in modo disastroso.
Nel pezzo che presentiamo qui, ciò che emerge è più impietoso: l’incapacità dell’Italia a gestire un territorio (peraltro difficile) “conquistato”: la Iugoslavia (o una sua parte, la Croazia). E già l’essersi andati a impantanare in quel ginepraio multietnico e multi confessionale, in una nazione “inventata” dal Trattato di Versailles e scioltasi quando nessun pugno di ferro la teneva più insieme, è la spia del dilettantismo che ci caratterizzò (ovviamente opinione personale).

Siamo nell’agosto del ’41. (ma l’articolo fu pubblicato a Marzo ’44).
Su richiesta del Ministero della Guerra italiano Fritz Treffz-Eichhdfer si reca nella Croazia occupata.
Lì le difficoltà saltano subito agli occhi: “il rapporto tra le forze di occupazione italiane e i croati è molto teso”.
La spartizione della Jugoslavia

Illuminante una chiacchierata con un facchino di un albergo di Libiana, sostenitore del Poglavnik (duce) Ante Pavelic. Dopo essersi assicurato che nessun orecchio non invitato potesse sentirlo si apre: “Gli italiani qui (..) hanno un modo di fare spavaldo e provocatorio, si fingono padroni del paese come se fossero i vincitori (..) vanno nei negozi e comprano senza pagare.(..) Quando c’è l’alzabandiera in piazza se uno non si ferma e fa il saluto viene arrestato dagli agenti.(..) I soldati tedeschi sono superiori, in loro risiede la disciplina che deve avere una razza se vuole avere pretese di leadership. Tutto ciò manca all’italiano (..) i suoi ufficiali sono arroganti. Non può andare bene alla lunga (..)”.

Fritz nota che gli italiani hanno “italianizzato” tutti i nomi delle vie, hanno riempito i muri delle case di scritte inneggianti al Re e all’Italia: ottimo modo per conquistare i cuori dei Croati: “Cosa vuoi fare –scrive Fritz- rivolto all’Italia,(..) Vuoi occupare questo paese per sempre? La Croazia deve essere libera wenn es mit dem Poglavnik marschiert se deve stare con Poglavnik (Ante Pavelic. https://it.wikipedia.org/wiki/Ante_Paveli%C4%87) .

Di nuovo, in un giro con un capitano squadrista che “sa che si stanno facendo molte cose sbagliate” e che sconsolato ammette “attacchi agli italiani ovunque, resistenza passiva ovunque, sguardi storti (schiefe Blicke) ovunque” L’amaro commento di Fritz è “il popolo croato vuole essere libero (..) quindi non devi avvicinarti a lui con metodi di oppressione. Raccogli odio per questo, non capisci?”.

Durante la missione viene a sapere di un attacco partigiano: una Compagnia parte per controllare. Fritz vuole andare con loro. Il Capitano non vuole, non può assumersi la responsabilità perché  “sono sotto la protezione dell'esercito italiano.” Il corrispondente ride: “sono un soldato anch'io” e va. Il capitano resta : “Non è andato perché non ne aveva bisogno. Era dell'alto comando.
Arrivano sul posto: ”sulla strada c'è un'auto italiana in fiamme, due soldati colpiti giacciono accanto a loro nel sangue. Falce e martello sono imbrattati di sangue sulle portiere dell'auto”. Da una casa vicina parte una raffica, un soldato viene colpito. Gli altri rispondono con bombe a mano, cinque "banditen” cadono uccisi: “qui succede spesso qualcosa del genere, mi dice il capitano quando siamo tronati al villaggio”([1]

Il corrispondente raccoglie anche le rassegnate confidenze di un Generale Comandante di Divisione (probabilmente di qualche formazione “fascista”): “Non hai idea di come la mia divisione sia stata mandata in questa guerra. Se non avessi avuto i miei bravi ragazzi, sarei stato disperato. Perché, credetemi, quello che realizzano lo fanno da soli, senza alcun appoggio o aiuto dall’alto. Vai avanti e dillo a Berlino”. Mi verrebbe da dire che forse avrebbe fatto prima a dirlo lui a Roma, magari battendo i pugni.

Lo stesso generale lo invita a cena in caserma, E qui siamo di fronte a un deja vu, i Signori Ufficiali da una parte, i poveri soldatini dall’altra:
Perché non mangiate tutti alla stessa mensa come da noi? “
“Ci è proibito. Ordine superiore. Non capisco perché, ma deve essere così”.
“Non pensi che i soldati pensino che questo sia ingiusto, soprattutto quando sanno che noi siamo diversi?”
“Lo sanno, grazie a Dio non tutti”
(..) Non potresti per es. apportare modifiche alla tua divisione di tua iniziativa?
“Ho già scritto due volte. Sbatti contro una resistenza insormontabile”.
Perché non mangiate tutti alle stessa mensa, chiedeva 80 anni fa Friedrich. E allora non posso fare a meno di ricordare una cosa: quando io ho fatto il militare di leva, in caserma c’era il Circolo Ufficiali per i signori Ufficiali, il Circolo Sottufficiali per i Marescialli (se non ricordo male) e per noi fantaccini la mensa e lo spaccio truppa…E non era preistoria…

Altra confidenza, che sa quasi di presagio, del Generale: "La Casa Savoia tende troppo l'arco. Un giorno si romperà, e poi verrà il caos. La nostra speranza è il Duce, la nostra speranza sono gli Squadristi. Aspettiamo e vediamo. Speriamo che la guerra finisca presto”.

La cena finisce. Il cap.no Fritz va a dormire nella sua tenda. Sull’accampamento silenzioso risuonano canti lontani, Camerata Richard , il canto del cameratismo italo/tedesco. Poi un altro, il canto della tristezza e della lontananza, Lili Marleen.

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Il Corrispondente tedesco 4: Africa -Primavera del ‘42

Siamo un anno dopo, primavera del ’42. Fritz (che poi starebbe per Friedrich) è inviato in Africa, dove c’è Rommel. Lui però è fra gli Italiani.

Anche questa volta nota subito, accanto al valore dei soldati, le chiamiamole insufficienze della leadership italiana in Africa: “Il Quartier Generale degli italiani era sempre indietro rispetto al fronte (..) per andare dall’Ufficio Propaganda (dove era distaccato lui) alla sede di Rommel bisognava percorrere una distanza di circa 500 Km. (..) Nello stesso Egitto non c’è mai stato un Alto Comando italiano”
All’inefficienza dell’alto comando si contrappone il coraggio dei combattenti, e il corrispondente ha parole di elogio e ammirazione per i giovani di Bir el Gobi: “le loro gesta sono modelli per tutta le gioventù italiana (..) un monito per la gioventù italiana”.


I rafgazzi di Bir el Gobi
Chiacchiera con gli Ufficiali italiani, che si lamentano per le deficienze, perché mancano tante cose: “Perché non proteggete i convogli che portano i rifornimenti?", è la sua osservazione , “Mandano con loro solo alcuni cacciatorpediniere: ma dove è la flotta?”
Già, dove era la flotta, dove le navi da battaglia durante la guerra?
Bella domanda, anche a prescindere da Ultra.

Il corrispondente raccoglie anche la sfiducia di chi combatte: “ Ma ho l'impressione che l' esercito italiano non abbia più forza né iniziativa. La leadership è letargica. Solo pochi comandanti di divisione cercano di combattere con impegno (bemüht.) Tutto il resto grava unicamente sulle spalle dei soldati”.
I nostri poveri soldati

Gli incontri di Friedrich sono anche ad alto livello. Ottiene un’intervista col generale (anzi, Maresciallo d’Italia) Bastico, Governatore della Libia e Comandante in capo delle truppe italiane in Africa. I suoi contrasti con Rommel (che di lui aveva una non buona opinione, lo giudicava "difficile, autocratico e violento" tanto da chiamarlo Bombastico” (V. https://it.wikipedia.org/wiki/Ettore_Bastico) sono noti.

Nell’intervista Bastico aveva lodato il coraggio dei soldati tedeschi, il reciproco cameratismo e la cooperazione degli Stati Maggiori (se così si deve tradurre Generalstäbe). L’intervista compare su diviersi giornali. Allora i giornalisti italiani “Daraufhin bestürmen den deutschen Generalfeldmarschall” chiedono un commento a Rommel: ma il Felmaresciallo lehnt ab, rifiuta. Circa l’opinione che Rommel aveva della leadership italiana in Africa, basta leggere la sua scheda in wiki per farsene un’idea.
Nota mia: questo articolo fu pubblicato a marzo del ’44: pochi mesi dopo, a ottobre, Rommel fu “suicidato”..

Ancora lodi poi per i soldati italiani in Africa: “Mi dispiace per i soldati italiani traditi che hanno difeso Giarabub col loro sangue. (..) Stanno accanto ai tedeschi nelle loro trincee piene di sabbia. Il loro cibo è molto peggiore di quello che ricevono i soldati tedeschi (..)il trattamento a cui in parte li espongono alcuni dei loro ufficiali è disonorevole oltre misura (die Behandlung, die ihnen ihre Offiziere zum Teil zumuten, ist über alle Maßen entehrend)”.
i "potenti" anticaro

Povertà in tutto, per i soldati italiani: “ Il soldato italiano durante questi mesi africani riceve 2 lire al giorno come paga militare . Il compagno tedesco che gli sta accanto riceve 2 marchi (10 volte di più) al giorno, più un paio di sigarette. L'italiano deve comprarle con la paga militare. Tuttavia, dà ancora ai suoi compagni quel poco che ha in ogni occasione . Un bel tratto che ogni soldato tedesco apprezzerà quaggiù nel sud “..

Desolato un interlocutore (capo dell’Ufficio P,, Propaganda, già Consigliere Nazionale della Camera dei Fasci)  che ammette: “ Se solo potessimo dare loro di più; ma la nostra patria è povera. (..) Ora mettiti nei panni di uno dei nostri uomini che combatte di trincea per trincea con i tuoi soldati. Ai nostri viene dato un misero piatto di spaghetti, nient'altro. Cosa puoi chiedere loro ? C'è da ammirare che vi partecipino ancora!
Il corrispondente incontra poi un Ispettore del Partito  "uno splendido uomo dagli occhi nudi inviato dal Duce in Egitto per consegnare i regali di donne italiane ai soldati tedeschi e italiani”. Con lui il discorso tra il corrispondente tedesco e il suo interlocutore non può non scivolare nella politica:
“Tocca anche al partito cambiare qualcosa del genere”.
Facciamo il possibile. Ma oggi siamo più poveri di ieri. Lo Stato è indebitato Ormai è troppo tardi. Die Partei hat keinen Einfluß auf das Heerwesen genommen. Die Schuld trifft da Badoglio, der hat das Heer vollkommen verludern lassen ​glauben Sie mir das: Il partito non ha alcuna influenza sull'esercito. La colpa è di Badoglio, ha rovinato completamente l'esercito, credimi. (..)e lui und dem Duce hat er Märchen erzählt, al Duce raccontava favole”

Poi, a Giarabub, un colloquio con un Tenente dell’Ariete, decorato da Rommel e figlio di un generale, è illuminante: “"Credimi", ha detto, " Glaube mir“, sagte er, ich hasse diese Generals Clique von heute. Jeder einzelne ist ein Feind des Duce. Sie arbeiten offen und versteckt gegen ihn: odio questa cricca dei Generali di oggi. Tutti sono nemici del Duce. Lavorano apertamente e di nascosto contro lui.”

A questo punto è opportuno ricordare ancora che gli interlocutori del Corrispondente tedesco sono spesso più fascisti che Regio Esercito, ed sono evidenti le divergenze, diciamo pure la lontananza, tra le due componenti: Fascismo, Esercito e Monarchia non erano certo un monolite compatto, il vecchio discorso della “rivoluzione interrotta".

Ricordiamo anche che gli articoli, partiti da materiale raccolto nel ’41-42, furono poi pubblicati (redatti?) dopo il 25 luglio e l’8 settembre ’43,con tutto ciò che ne consegue

E per ora ci fermiamo qui, mentre nelle trincee fra le dune, sotto una gelida luna, inchiodata sul palmeto, la roca voce di Lale Andersen racconta di una ormai lontana Lili Marleen

Wenn sich die späten Nebel drehn
Werd' ich bei der Laterne steh'n
Wie einst Lili Marleen,
Wie einst Lili Marleen

Lili Marleen, una sola canzone per tre eserciti

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Il Corrispondente tedesco 5: il 25 luglio, l'8 settembre '43

A Roma

Nei giorni caotici e allucinati fra il 25 luglio e l’8 settembre Friedrich è a Roma, “sul pezzo”, come si direbbe oggi.
Prendiamo qualche frammento qua e là dai suoi articoli.
E’ a Roma, nell’Ufficio di Collegamento col Ministero della Guerra italiano. C’è subito una bella descrizione della vita romana: “Ho l'impressione che la città viva in pace . Sulla Vittorio Vcneto - la Roman Kurfürstendamm - Vedo i Gagà, (1) quei tipi di giovani affettati (..):un tipo di gioventù che in Germania esisteva solo prima del 1933 e che suscitò tutto l'odio della popolazione attiva.(..) Poi si vedono di nuovo gli ufficiali oziosi: li vedo a centinaia. La tua guerra sembra svolgersi qui sui boulevard di Roma. È uno spettacolo che ti fa venire il fiele.(..) Le persone eleganti vivono come prima della guerra. Si lamentano solo che non c'è più caffè. "Devi pagare 500 lire per un chilo. Quando finisce questa storia? - è la domanda. "Quando finisce questa storia?": quello che si intende è la guerra. Quello che si intende sono le piccole restrizioni personali che essa impone alla plutocrazia di Roma. Mangi il tuo pollo arrosto a pranzo, bevi il tuo vino, fumi le tue sigarette orientali, guardi il cartellone del teatro, fai il pisolino di mezzogiorno, vai al cinema e la sera in discoteca". Quasi un'anticipazione della "dolce vita" do felliniana memoria
 Quando finisce questa storia?”: già, quando finisce questa storia, che per i fortunati “romani de Roma” era solo qualche piccola rinuncia: al nord andava peggio..

Poi arriva il 25 luglio, i fascisti vanno in crisi..
 
25 luglio
A colloquio con uno squadrista, Presidente dell’Ente Stampa, per il quale “il tradimento del 25 luglio ha frantumato il lavoro di una vita, e si distingue dalla moltitudine di combattenti fascisti che in questi giorni aspettano la rinascita del fascismo. Lui ha quasi perdute Fede e speranza quasi perdute, fede e speranza nel futuro della sua patria. "Guardiamo solo a voi (tedeschi).
Si incomincia a respirare l’aria dell’8 settembre, e l’attento giornalista ne percepisce i segnali premonitori. Il 26 agosto nota che Messaggero scrive “che per l'Italia di questi tempi c'è solo una cosa, ovvero cercare di uscirne nel miglior modo possibile”. Per Friedrich inizia a rotolare la valanga. “Inizia una campagna stampa in cui si denuncia un ministro fascista dopo l'altro per corruzione (..) purtroppo c'erano alcuni funzionari di partito che approfittavano avidamente del loro ufficio per se stessi”.

L’accorto corrispondente capisce che c’è qualcosa che “bolle in pentola”: “Roma andava verso l'8 settembre. Vivere quei giorni nella Città Eterna è stato come essere su una polveriera. Da una parte si sapeva che i pilastri fondamentali dello stato fascista con cui siamo entrati in questa guerra anni fa si erano ribaltati; sapevano che un maresciallo d'Italia che aveva tradito Mussolini ed era stato da lui ritirato era stato messo dal re al timone dello Stato”
Nessuno degli Alti Comandi italiani era preparato all’8 settembre, ma la Germania si: “La Germania era pronta e ha reagito nel momento cruciale con azioni fulminee che hanno messo fine a tutte le azioni avversarie durante la notte”.

8 settembre

Siamo all’8 settembre. Friedrich è a Roma,  all’Hotel Savoya, dove soggiornò Mussolini all’epoca della Marcia. “Il 25 luglio il proprietario fece fracassare la targa scolpita nella pietra che ricordava questa visita di Mussolini”. L’albergo “è popolato da una miriade di sfaccendati. Da conti senza castelli, da ufficiali di stato maggiore senza personale, da generali senza eserciti, da colonizzatori senza colonie, da "signore" la cui vita è consistita nel bighellonare per anni nelle sale d'albergo”.
E all’improvviso “Il telefono squilla al Dipartimento della Guerra 15 minuti prima delle 18:00. (..) dice che ci sono assembramenti di persone in via Vittorio Veneto che parlano di armistizio”.

Poi una fotografia impietosa: “davanti al palazzo dell'Ambasciata tedesca, centinaia di italiani si accalcavano senza sosta, (..) volevano mettersi a disposizione del tedeschi in qualche modo”(..) Centinaia di soldati in borghese si accalcano davanti al Dipartimento della Guerra. Sono rimasti sorpresi dalla tragedia della distruzione del loro esercito in licenza o nei loro avamposti e ora stanno tornando a Roma per reclamare gli stipendi arretrati e le indennità di soggiorno”: quello era il problema: chi ci paga ora?
Assieme ad un altro giornalista dell’Ufficio Propaganda fascista, Friedrich gira per le strade di Roma: “Dal Ministero della Guerra arriviamo in Via Nazionale, una delle strade principali di Roma, sulla quale si accalcano migliaia di persone, e il grido “Armistizio! Armistizio!” continua a risuonare nelle nostre orecchie.
L’amico lo prende sottobraccio e dice: “Non può essere vero!” Ferma uno dei passanti: “Cos'è successo?” - “Non hai sentito? Badoglio ha annunciato il cessate il fuoco". Ora lo sappiamo. Stiamo in mezzo alla folla eccitata, più depressa che contenta (..). L’amico è disperato: “(..) Non posso continuare a vivere così. Ora abbiamo perso tutti il nostro onore. L'intera faccenda è impossibile, è un inganno.»
Alzo le spalle. Alla stazione dei treni andiamo in un bar e ordiniamo un caffè.
“Cosa è successo?” chiede il barista che, essendo io in borghese, non mi riconosce come tedesco.
“ Ci dovrebbe essere un cessate il fuoco.”
“Sì, non abbiamo più onore.

(..) Pochi giorni dopo eravamo di nuovo a Roma, ora occupata dai paracadutisti tedeschi (..) era tornata la calma e l'ordine"(…).
Poi Friedrich lascia l’Italia diretto in Germania.
 Verso il Brennero chiede come è la situazione ad un militare tedesco: “ho occupato la stazione con cinque colleghi”.
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Termina qui il nostro excursus fra le corrispondenze di Fritz (Friedrich) Treffz-Eichhdfer.
Teneniamo presente che gli articoli rappresentano il punto di vista  di un corrispondente di guerra tedesco che pubblica fra la fine del '43 e il '44 in un periodico della Wehrmacht, e che io mi sono limitato a riportare le parti che mi sembravano più interessanti (con tutti i limiti insiti nelle selezioni personali): mi sembra però utile una considerazione: se questi articoli fossero stati pubblicati in Italia nel '41, '42, '43 probabilmente sarebbero risultati utili sia ai nostri Alti Comandi, sia all'ambiente fascista. Sempre che avessero voglia di leggerli e di  meditarli.  

Leonello Oliveri
Proprietà letteraria riservata
Riproduzione vietata
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Ma a Roma non c'erano solo i "gagà".... Porta San Paolo 9 settembre
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NOTE
1) Gagà: erano anni che non sentivo più questo termine: mi ricorda la mia lontana giovinezza, quando uscivo da casa tutto "tirato a lucido", e mia mamma mi raccomandava: "non fare il gagà".



Leonello Oliveri
Proprietà letteraria riservata
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