lunedì 4 gennaio 2021

Quelle del bunker: le segretarie di Hitler ricordano


Leonello Oliveri


Proprietà letteraria riservata
Riproduzione vietata


            Penso che molti abbiano visto il film di O. Hirschbliegel Der Untergang (La Caduta- Gli ultimi giorni di Hitler),

Esterno del bunker prima
della distruzione nel '47
che racconta appunto gli ultimi allucinati e allucinanti giorni di H. e del suo entourage  nel Führerbunker sotto la cancelleria, mentre, sopra, Berlino veniva devastata dai combattimenti e  gli ultimi disperati reparti tedeschi (ma anche non pochi volontari francesi, valloni, danesi, scandinavi etc.) ([1]) cercavano di tener lontane le truppe russe.

Nel film un ruolo non trascurabile hanno alcuni personaggi femminili, in particolare le segretarie di H.

Mi sono spesso chiesto che fine abbiano fatto queste giovani donne “dopo”,  quale sia stato il loro destino dopo la caduta, in una città in  preda  anche delle violenze di soldati  occupanti.

Ho cercato così di ricostruire la loro storia.

Ma la ricerca si è presto allargata, o meglio, approfondita: ho capito che queste giovani donne erano in realtà testimoni importanti, le  uniche persone  sopravvissute che potevano forse aver conosciuto anche un aspetto diverso di Hitler, non il  Führer con le sue ossessioni ma l'H. per così dire "privato", se vogliamo  l'"altro" Hitler.

E ho cercato di capire  quale fosse il loro giudizio sulla loro straordinaria esperienza.

 La loro vicenda è infatti stata unica: sono state in pratica le sole persone sopravvissute (forse insieme a Speer) ad avere avuto la possibilità di conoscere un aspetto diverso di  Hitler. Sembra paradossale, ma quasi tutti i testimoni e le testimonianze dirette sul Führer  riguardano, ovviamente,  il dittatore, il capo militare e politico, le sue ossessioni. Quasi tutte derivano da Ufficiali, Generali  o politici, che hanno visto Hitler appunto come Capo (o nemico).

 Queste giovani donne hanno invece avuto la straordinaria possibilità di passare con lui ore, giorni, mesi, perfino anni, vedendolo in veste  non “ufficiale”, ascoltandolo, parlandogli, perfino discutendo con lui non come Führer, ma come “persona”.

Furono forse le uniche persone con le quali H. si sia  in qualche modo  lasciato andare anche a confidenze personali.

Hanno passato vicino a lui gli ultimi, allucinati giorni nel bunker.


E a loro dobbiamo la ricostruzione di quei giorni dentro a quello che giustamente fu definito “Die Katacombe”, giorni surreali, straniati e sospesi per i quali non è facile trovare aggettivi. 
E due di queste ci hanno lasciato una loro biografia, in cui l’esperienza vicino a Hitler occupa ovviamente lo spazio principale. 

Chi furono queste donne?

Quattro furono segretarie: Joanna Wolf, Gerda Cristian, Traudl Junge, Christa Schroeder. Le prime due non hanno lasciato scritti.
Di Gerda Cristian abbiamo però una breve intervista "indiretta", quando rispose ad alcune domande trasmessele tramite un altra "testimone" di quei tempi, Frieda Zychski, ex collaboratrice domestica di Goering. 
Gerda  lavorò per H. dal 1937 alla fine. "E' stato un lavoro duro, disse, non ho niente di negativo da dire su di lui, né come persona né come capo"Gerda lo ricorda come una persona " molto calma e gentile (..) "Spesso lasciava che noi donne mangiassimo con lui perché amava il suono delle voci femminili, lo trovava calmante". Gerda, come le altre segretarie, poteva permettersi ciò che nessun generale osò mai: interrompere Hitler mentre parlava: "Una volta, quando l'ho interrotto concitatamente a metà di una frase, ha fatto una pausa, si è rivolto a me con calma e ha detto: "Se interrompi, significa che quello che quella persona sta dicendo non ti interessa, è scortese". 
Quando a Gerda, nell'intervista, fu chiesto "Es wird behauptet, dass Hitler die Ermordung von Millionen von Menschen in ganz Europa angeordnet hat. Können Sie beschreiben, welche Art von Arbeit Sie für ihn geleistet haben und ob solche Themen zur Sprache kamen?" (è affermato che Hitler ha ordinato l’assassinio di milioni di persone in tutta Europa. Puoi descrivere che tipo di lavoro hai svolto per lui e se sono emersi argomenti del genere) Gerda rispose: "“(..) posso scrivere con la coscienza pulita che non sapevamo nulla di ciò che accadeva in Oriente. Posso dirvi che in presenza di Hitler c'erano alcuni che gli chiesero direttamente se le voci fossero vere. Lui la respinse con aria di sfida e si comportò come se non ci fosse niente.(..)   Trovo difficile credere a tutte le storie raccontate oggi sul suo lato più oscuro, non l'abbiamo mai visto. Abbiamo partecipato a molte conferenze e corrispondenze, e nemmeno a una volta ho sentito solo una parola sull'uccisione degli ebrei (..) ". 
E quando le fu chiesto "Hitler ha mai detto qualcosa nel bunker sul mondo futuro o su ciò che pensava sarebbe potuto accadere dopo la guerra?" lei risponde "Sì, l'ha fatto. Dopo un crollo emotivo, ci disse che il nazismo era morto. Che aveva fallito nella sua missione e che lui solo doveva sopportarne le conseguenze. A quel punto era determinato a porre fine alla sua vita".
Gerda lasciò il bunker dopo il suicidio di H., fu però catturata dai Russi il 2 maggio (https://en.wikipedia.org/wiki/Gerda_Christian).
 Fu poi imprigionata dalle truppe statunitensi nel campo di concentramento di Oberursel da cui riuscì a fuggire nel '46. Morì nel 1997 

Traudl e Christa ci hanno invece trasmesso la loro esperienza in due libri che gli storici dovrebbero leggere. Traudl, in particolare rimase nel bunker fino a dopo il suicidio di Hitler. Tutte riuscirono a fuggire, Wolf e Christa accettando l’invito di Hitler a lasciare il bunker prima della fine, le altre dopo il suicidio di H. C’era poi un’altra giovane donna che rimase nel bunker fino alla fine, Constanze Manziarly , la “dietista” di Hitler.
Constanze ( da httpswww.berlinstory-verlag.deconstanze-
manziarly-hitlers-letzte-diaetkoechin)
Lei, una ragazza di 25 anni che rappresentava “l’ideale della femminilità russa, ben costruita e con le guance paffute”, ebbe forse la sorte peggiore: Junge scriverà  "When Traudl Junge next saw fraulein Manziarly, a little later, two Russian soldiers were taking her towards a U-Bahn tunnel. Constanze Manziarly just had time to call to Traudl Junge, “They want see my papar, before she disappeared with the Russian. No one saw her again after that" ovvero "Quando Traudl Junge ha poi visto fraulein Manziarly, poco dopo, due soldati russi la stavano portando verso un tunnel della U-Bahn. Constanze Manziarly ha appena avuto il tempo di chiamare Traudl Junge: “Vogliono vedere i miei documenti", prima che sparisse con il russo". Nessuno la vide più dopo"..(Da Until the final Hour, Hitler’s Last Segretary, Traudl Junge, edited by Melissa Muller, N Y., 2003, pag. 219).
Secondo quanto leggiamo nel libro L'ultimo testimone  di Rochus Minsch, guardia del corpo di H. e addetto alle comunicazioni telefoniche del bunker, dove rimase fino a dopo la morte di H., ricostruendo la sua fuga attraverso la città devastata scrive: "Il ponte Weidendammer era costantemente sotto il fuoco. I cecchini russi hanno preso di mira tutto ciò che si muoveva lì. Davanti a noi c'era un carro armato Tiger distrutto, e davanti a lui c'era una segretaria dell'ufficio privato di Hitler che riconobbi. Era morta": era forse Constance, visto che tutte le altre segretarie  riuscirono a salvarsi?

In questo questo post parleremo delle due segretarie che ci hanno lasciato la preziosa testimonianza dei loro anni vicino ad Hitler: Christa Schroeder (37 anni nel ’45) e Traudl Junge (25 anni nel ’45).


 Christa a 22 anni si trasferì da  Hannoversch Münden (Sassonia) a Monaco. Lì, rispondendo ad un annuncio sui  giornali, trovò lavoro come segretaria nel NSDAP (Partito nazionalista tedesco dei lavoratori). Nella sua autobiografia del 1985
Christa Schroeder con Gerda Christian,
( a sin.) altra segretaria
He Was My Chief: The Memoirs of Adolf Hitler's Secretary” così ricorda: “"Più tardi ho saputo di essere stata l'ultimo di 87 candidati. Che il posto è stato assegnato a me, che non ero né un membro del NSDAP né interessato alla politica né a conoscenza di chi poteva essere Adolf Hitler, fu il risultato del mio essere una ragazza di 22 anni con comprovata esperienza di stenografia (..). Quando ho risposto a un minuscolo annuncio di lavoro sul quotidiano tedesco Münchner Neuesten Nachrichten , non avevo la premonizione che avrebbe determinato il corso futuro della mia vita ([2]).

  Schroeder ha affermato di non essere mai stata nazista: "Mi è stato detto che dovevo iscrivermi al Partito poiché solo i membri dell'NSDAP potevano essere impiegati. Suppongo di essere andata alcune volte alle grandi assemblee, ma non sentivo nulla in comune con gli oratori o le masse e io sarò sembrata terribilmente stupida.

Dopo il ’33, quando H. divenne Cancelliere, Christa passò nello staff di H. a Berlino.

 Qui incominciò la sua conoscenza diretta col Führer: “Il suo studio, la biblioteca, la sua camera da letto e più tardi, accanto ad essa, l'appartamento di Eva Braun erano tutti al primo piano. Direttamente di fronte alla porta dello studio di Hitler un paio di gradini conducevano a un lungo corridoio, oltre il quale c'era l’ala con le stanze per gli aiutanti di Hitler. La prima stanza era la sala delle Scale (Treppenzimmer), dove almeno uno di noi sarebbe stato permanentemente in attesa, indipendentemente dall'ora, se Hitler avesse avuto bisogno di dettare.

Poco per volta iniziano a delinearsi quelli che saranno i rapporti tra Hitler e le sue segretarie: “Un giorno Hitler passò per la sala delle scale all'ora del tè, ci vide seduti lì e chiese se poteva unirsi a noi (il Führer che chiede alle segretarie se può fermarsi con loro!). Quest'ora di facili chiacchiere era così di suo gradimento che più tardi venne quasi al tè ogni giorno. La stanza delle scale era un luogo dove si sentiva alleggerito e ho sempre avuto l'impressione che quello che diceva provenisse da una scatola dei ricordi segreta che in tutte le altre volte teneva chiusa a chiave. Ricordava spesso gli scherzi fatti nella tarda infanzia. Ad esempio, la volta in cui a 12 anni scommetteva con i suoi compagni di classe che avrebbe potuto far ridere le ragazze durante un servizio religioso. Ha vinto la scommessa spazzolandosi intensamente i suoi baffi inesistenti ogni volta che lo guardavano”. Ecco che inizia ad apparire quello che è l’aspetto più interessante e peculiare della testimonianza lasciata da queste due giovani donne: un Hitler "privato" molto diverso dal Capo, quasi una persona bisognosa di aprirsi, si direbbe in cerca non solo di ascoltatori.


Christa con Hitler
Nell’autobiografia di Christa vediamo un Hitler che si scopre, raccontando di sé particolari molto personali: “Non ho mai amato mio padre", ma lo temevo. Era incline alla rabbia e ricorreva alla violenza. La mia povera madre avrebbe sempre avuto paura per me. Quando ho letto in Karl May (popolare scrittore tedesco morto nel 1912, autore di romanzi di ambiente western) che era un segno di coraggio nascondere il proprio dolore, ho deciso che quando mi avrebbe picchiato la prossima volta non avrei emesso alcun suono. Quando è successo, sapevo che mia madre era ansiosa sulla porta, ho contato ogni colpo. La mamma pensava che fossi impazzito quando le ho riferito con un sorriso raggiante: "Trentadue colpi mi ha dato mio padre!" Da quel giorno non ho più avuto bisogno di ripetere l'esperimento, perché mio padre non mi ha mai più picchiato”  così  Christa ricorda

 Christa ci fornisce anche un ritratto tra il fisico e lo psicologico  del suo “datore di lavoro”:

 (..) Si poteva sempre distinguere il suo stato d'animo dalla sua voce. Potrebbe essere insolitamente calmo, chiaro e convincente, ma anche eccitato, aumentando di volume e diventando in modo schiacciante aggressivo. Spesso  gelido (..). E ancora: “"Ho trovato gli occhi di Hitler espressivi. Potevano sembrare amichevoli e cordiali, o esprimere indignazione, indifferenza e disgusto. Negli ultimi mesi di guerra hanno perso espressività e sono diventati un azzurro pallido più acquoso”(..).

H. a quanto pare apprezzava molto il lavoro di Christa, tanto da diventare  per così dire “invadente” nella di lei  vita privata: nel ’38 Christa si innamorò di un diplomatico iugoslavo. Hitler non era d’accordo. Christa minacciò di andarsene, H. fece capire  (così leggiamo) che avrebbe potuto impedirlo: a questo punto Christa, (forse anche per proteggere il  fidanzato) lo lasciò…

H. si lasciava andare anche a confidenze: “"Preferisco parlare, e parlo meglio, su due piedi (from the top of my head,), ma ora che siamo in guerra devo soppesare attentamente ogni parola, perché il mondo sta guardando e ascoltando. Se dovessi usare la parola sbagliata in un momento spontaneo di passione, potrebbe avere gravi implicazioni!": l'altra segretaria,Traudl ribadirà questo particolare anche nell'intervista che rilasciò a Musmanno nell'agosto del' 48 (v. n. 18). Nella sua biografiaEr war mein Chef, Herbig, Munich, 1985, p. 40 (citata da F. Kersaufy, Les secrets du III° Reich, Perrin, Paris 2013, p. 98) Christa scrive che H. le raccontò che quando era a Vienna aveva avuto un'amante di nome Emilia.

Una volta, chiedendole un giudizio sui suoi discorsi,  le disse: “Sei l'unica persona a cui permetto di correggermi”. Al riguardo è particolarmente indicativo quanto disse il dottor Karl Brandt (che in seguito fu condannato per crimini di guerra  [3]), secondo il quale  Christa era  una delle poche persone vicine a H. che abbia espresso le sue opinioni nelle conversazioni con Hitler: "Critica e intelligente, aveva un turnover di lavoro che nessun altro segretario eguagliava, trascorreva spesso diversi giorni e notti quasi senza interruzione a lavorare. Esprimeva sempre apertamente la sua opinione (..). e col tempo divenne acutamente critica nei confronti di Hitler stesso. La sua audacia mise senza dubbio la sua vita in grave pericolo”.
Troviamo una conferma di questo carattere “indipendente” di Christa anche in uno dei libri più importanti (e meno noti) per conoscere l’”altro” H. : Bormann Vermerke Conversazioni segrete ordinate e raccolte da M. Bormann- 5 luglio’41/30 nov. ’44 (trad. A. Donaudy), Richter ed., 1954, p.  7, in cui leggiamo di Christa che interrompe una conversazione tra H. e Bormann sui rapporti tra nazismo e religione per chiedere a H. se non fosse pericoloso o controproducente scatenare in Germania una guerra di religione.

Un’altra volta Christa  “beccò” H. mentre “copiava” Schopenhauer: “Un giorno Hitler si lanciò in una dissertazione filosofica su uno dei suoi temi preferiti. Con mio grande stupore ho capito che stava recitando una pagina di Schopenhauer, che avevo appena finito di leggere io stessa. Facendo appello a tutto il mio coraggio, richiamai il fatto alla sua attenzione. Hitler, colto un po’ alla sprovvista, mi lanciò un'occhiata e mi spiegò con toni paterni: "Non dimenticare, figlia mia (!), che tutta la conoscenza viene dagli altri e che ogni persona contribuisce solo un minuscolo tassello al tutto”([4]).

 

I restri della "Wolfsschanze"
Christa Schroeder visse al Wolfsschanze (la “Tana del Lupo”), quartier generale militare del Fronte Orientale della Seconda Guerra Mondiale di Hitler dal 1941 fino a quando lui e il suo staff partirono per l'ultima volta il 20 novembre 1944.  Quando Hitler ritirò il suo quartier generale al Führerbunker in Berlino a metà gennaio 1945, andò con lui e il suo staff. 

 Man mano che le sorti della guerra volgono al peggio anche le condizioni fisiche e psicologiche di H. si degradano. “La consapevolezza dal 1944 in poi di non essere più padrone del proprio corpo era un pesante fardello. Quando i visitatori sorpresi vedevano la sua mano tremante, la copriva istintivamente con l'altra. Eppure fino alla fine rimase padrone delle sue emozioni. Quando. cattive notizie arrivavano durante una conversazione privata l'unico indizio era un

La diga dopo il bombardamento
movimento della mascella. Ricordo che ricevette il rapporto sulla distruzione delle dighe di Möhne ed Eder (operazione Chastise) che inondarono gran parte della Ruhr. Mentre lo leggeva il suo viso si trasformò in pietra , ma questo era tutto. Nessuno avrebbe potuto misurare la profondità del colpo che lo aveva colpito. Sarebbero passate ore o giorni prima che si riferisse a un evento del genere e poi avrebbe dato pieno sfogo ai suoi sentimenti”.

 Il 20 aprile 1945, nel pieno della “battaglia di Berlino” Hitler ordinò a Christa, Johanna Wolf e altre del suo staff chiuso nel bunker di  lasciare la città e rifugiarsi  in aereo per l' Obersalzberg, in Baviera, dove a  Berchtesgaden sorgeva il Berghof, la “casa estiva” del  Führer.

Ciò salvò probabilmente la vita a Christa, o quanto meno le evitò le  prove che dovranno subire le altre che rimasero nel bunker lasciandolo solo dopo il suicidio di H. per cercare la salvezza attraverso le rovine di una città  ormai in mano ai soldati dell’ Armata Rossa.

Nei pressi di Berchtesgaden Christa fu arrestata il 28 maggio 1945 e interrogata  dal Corpo di controspionaggio dell'esercito americano (CIC). Un rapporto dell'Intelligence dell'esercito americano del 22 maggio 1945 affermava che: "Il signor Albrecht ... l'ha interrogata. Era piuttosto stupida, tozza e un'ardente nazista". 

Al contrario Schroeder ha così  ricordato : "Dopo l'interrogatorio, il tenente Albrecht ... ha avuto una conversazione molto amichevole con me ... Ho espresso rammarico per il fatto che tutta la mia vita, tutti gli anni erano stati inutili"(  had been for nothing). Lui ha risposto: "No, tutto ha uno scopo, niente è sprecato”

Considerata all’inizio un criminale di guerra (ma che reati avrebbe commesso?), fu successivamente riclassificata come collaboratrice e rilasciata definitivamente  il 12 maggio 1948.

Dopo la guerra ha lavorato come segretaria a Monaco. Si ritirò nel 1967 e in seguito pubblicò la sua autobiografia, He Was My Chief: The Memoirs of Adolf Hitler's Secretary (1985). Non si sposò mai, morirà all'età di 76 anni, il 28 giugno 1984.

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Passiamo  ora all’altra segretaria, Gertraud "Traudl" Junge, nata Gertraud Humps 

Gertraud Humps, più nota come  Traudl Junge, dal cognome da sposata, nacque a Monaco di Baviera il 16 marzo 1920. Nel ‘42, a 22 anni, fu assunta come segretaria nella Cancelleria del Reich, nel ’43 passò alla segreteria particolare del Führer  per supplire la segretaria Gerda Cristian in congedo matrimoniale. Stipendo: 450 reichmark al mese. Ricoprì tale incarico fino alla fine, essendo,  assieme a Gerda, una delle segretarie che non  abbandonò il suo posto se non dopo  il suicidio di Hitler. Sopravvisse alla guerra e morì a Monaco il 10 febbraio del 2002.

Sintetizzò la sua drammatica esperienza di vita in Fino all'ultima ora. Le memorie della segretaria di Hitler, 1942-1945. ( Until the Final Hour: Hitler's Last Secretary), (pubblicato nel  2004  in collaborazione con Melissa Mullere).

Si tratta di un’opera estremamente interessante, sia per i particolari della personalità di Hitler (e della vita nel bunker da gennaio a maggio ’45) sia soprattutto perché Traudl si interroga sulla sua esperienza ([5]): “Questo libro, scriverà nell’introduzione, non è né una giustificazione retrospettiva né un’autoaccusa. Non voglio nemmeno che venga letta come una confessione. Invece, è il mio tentativo di riconciliarmi non tanto con il mondo che mi circonda quanto con me stessa. Non chiede ai miei lettori di capire, ma li aiuterà a capire".

 

(da https://www.amazon.it/allultima
-memorie-segretaria-Hitler-
1942-1945/dp/8804532424)
E ancora: “Sono stata la segretaria di Hitler per due anni e mezzo. A parte questo, la mia vita è sempre stata poco spettacolare. Nel 1947-48 metto su carta i miei ricordi, allora ancora molto vividi, del tempo passato vicino ad Adolf Hitler. In questo periodo guardavamo tutti al futuro e cercavamo - incidentalmente con notevole successo - di reprimere e sdrammatizzare le nostre esperienze passate. Ho iniziato a scrivere le mie memorie in modo obiettivo, cercando di registrare gli eventi e gli episodi eccezionali del passato immediato prima che i dettagli che in seguito avrebbero potuto interessare svanissero o fossero completamente dimenticati.

Quando ho letto di nuovo il mio manoscritto, diversi decenni dopo, sono rimasta inorridita dalla mia incapacità acritica di prendere le distanze dal mio argomento in quel momento, e me ne vergognavo. Come ho potuto essere così ingenua e irriflessiva?" 

Traudl cerca di spiegare perché avesse atteso così tanto  prima di permettere la pubblicazione del manoscritto: “(..) vista l'enorme quantità di letteratura su Adolf Hitler e il suo "Reich millenario", la mia storia e le mie osservazioni non mi sembravano abbastanza importanti per la pubblicazione”.

Ma vedeva anche un  altro pericolo: “ Temevo anche un avido sensazionalismo e l'approvazione dai quartieri sbagliati”.

 Interessante l’osservazione di come “gli altri” la giudicassero dopo la guerra: “Non ho mai tenuto segreto il mio passato, ma le persone intorno a me mi hanno reso molto facile reprimere il pensiero dopo la guerra: hanno detto che ero troppo giovane e inesperta per vedere attraverso il mio capo, un uomo la cui facciata onorevole nascondeva una brama criminale per il potere. Con "loro" intendo non solo la commissione di denazificazione che mi esonerava (da responsabilità), ma tutti i conoscenti con cui ho discusso le mie esperienze. Alcuni di loro erano persone sospettate di complicità con gli stessi nazisti, ma altri furono vittime di persecuzioni da parte del regime. Ero fin troppo pronta ad accettare le scuse che mi hanno inventato. Dopotutto, avevo solo venticinque anni quando è caduta la Germania nazista e più di ogni altra cosa volevo andare avanti con la mia vita”.

Poco per volta Traudl incomincia ad affrontare il suo passato:

“Alla metà degli anni '60 ho iniziato gradualmente e seriamente ad affrontare il mio passato e il mio crescente senso di colpa. Negli ultimi trentacinque anni quel confronto è diventato un processo sempre più doloroso: un estenuante tentativo di comprendere me stessa e le mie motivazioni in quel momento. Ho imparato ad ammettere che nel 1942, quando avevo ventidue anni e avida di avventura, ero affascinata da Adolf Hitler, lo consideravo un datore di lavoro gradevole, paterno e amichevole, e ignorai deliberatamente la voce di avvertimento dentro di me, sebbene la sentissi abbastanza chiaramente. Ho imparato ad ammettere che mi è piaciuto lavorare per lui quasi fino alla fine. Dopo la rivelazione dei suoi crimini, vivrò sempre con la sensazione di dover condividere la colpa”.

”Affascinata da H.”¸ scrive Traudl: quanti altri tedeschi lo furono!

Fu anni dopo che il ricordo divenne quasi senso di colpa: "Naturalmente gli orrori, di cui ho sentito parlare in relazione ai processi di Norimberga, il destino dei 6 milioni di ebrei, la loro uccisione e quelli di molti altri che rappresentavano razze e credi diversi, mi hanno scioccata molto, ma in quel momento non riuscivo a vedere alcuna connessione tra queste cose e il mio passato. Ero solo felice di non essere personalmente colpevole di queste cose e di non essere stata consapevole della portata di queste cose".

E poi la scoperta che altri agirono diversamente (pagando però con la vita): (..) "Un giorno sono passata davanti a una targa su un muro della Franz-Joseph Straße (a Monaco di Baviera),  in memoria di Sophie Scholl ([6]). Ho potuto vedere che era nata lo stesso anno di me e che era stata giustiziata lo stesso anno in cui sono entrata al servizio di Hitler e in quel momento mi sono resa conto davvero che non era una scusa per essere stata così giovane. Forse avrei potuto cercare di scoprire delle cose ".

Frasi che fanno riflettere e che, probabilmente, possono essere estese a tanti altri  (allora) giovani tedeschi.

 

Alle dipendenze di H.

L’altro motivo per cui questo libro è a mio avviso importante è dato, come detto, dal ritratto che Traudl fa di H.

Nel dicembre 1942, Hitler la scelse  per fare un test di dettatura. Lo superò e fu assunta.
Il modo in cui H. la "inserì" nel suo staff è veramente inatteso: "Alla fine ha detto, sorridendomi e parlando quasi goffamente,che sapeva che ero ancora molto giovane, c'erano tanti uominiqui, la maggior parte di loro tornava di rado a casa e – beh, isoldati sono particolarmente attratti dall'Eternamente Femminile – insomma , devo stare un po' attenta, non troppo disponibile. E se dovevo lamentarmi di qualcuno che mi infastidiva, non importa chi fosse, dovevo venire a parlargliene, in qualsiasi momento": certo parole quasi  più da padre che da Fuhrer. 
Traudl rimase cos' al Wolf's Lair, la "tana del lupo" (la “Tana del Lupo): " Da quel momento in poi, tranne che per alcune settimane di vacanza, furono pochissimi i giorni in cui non vedevo Hitler, non gli parlavo, non lavoravo con lui o non condividevo i pasti con lui ".

 Iniziò così quel rapporto quasi “familiare” fra H. e le sue segretarie che fa sì che la loro testimonianza sia una delle più importanti per  “ricostruire” un' immagine quasi "privata" di H. “persona” e non Führer: "Avevo 22 anni e non sapevo nulla di politica, non mi interessava ... lo ammetto, ero affascinata da Adolf Hitler. Era un capo simpatico e un amico paterno. Ho ignorato tutto deliberatamente,  le voci di avvertimento dentro di me, e mi sono goduta il tempo al suo fianco quasi fino all'amara fine. Non era quello che diceva, ma il modo in cui diceva le cose e come faceva le cose ".


 E ancora : "Non ho mai capito l'effetto che aveva su tutti noi. A volte, quando se ne andava da qualche parte senza di noi, era quasi come se l'aria intorno a noi fosse diventata carente ... mancava qualche elemento essenziale ... C'era un vuoto”.

 Junge apparentemente non ha mai incontrato o scoperto l’"altro" Hitler, affermando che è stato solo dopo la fine della guerra che ha compreso pienamente il male perpetrato sotto il Terzo Reich: "Non l'abbiamo mai visto come lo statista, non abbiamo partecipato a nessuna delle conferenze. Siamo state convocate solo quando voleva dettare, e allora era premuroso come lo era in privato ".

Dopo Stalingrado la frequentazione con H. diviene più stretta, come se lui avesse bisogno di un’evasione dalla realtà della situazione militare; forse fu anche per questo che la compagnia delle segretarie divenne più cercata: e così le due  più anziane  avrebbero pranzato con lui, mentre le due più giovani  avrebbero condiviso la sua cena.

E' interessante al riguardo una testimonanaza di Albert Speer, l'architetto di Hitler: " Negli ultimi mesi H. era diventato più gentile e amichevole (..) La sua gentilezza si era concentrata sulle poche donne  che per anni gli erano state vicine. Già da  tempo aveva una simpatia particolare  per Frau Junge (Traudl), la vedova del suo cameriere caduto. Erano poi nelle sue grazie  la cuoca viennese addetta alla sua dieta vegetariana ( Constanze, quella che finirà in mano ai russi)  e Frau Christian (Gerda), due segretarie che aveva da tempo e che rimasero nella ristretta cerchia  di coloro che gli furono vicini nelle ultime settimane di vita. Con esse generalmente pranzava e prendeva il the, mentee pochi erano gli uomini del suo entourage più stretto. L'arrivo di Eva Braun introdusse qualche cambiamento nelle sue abitudini, senza però che cessassero i suoi rapporti, del tutto innocenti, con le altre donne della sua cerchia" (A. Speer, Memorie del terzo Reicht, Mondadori, 12018, p 573

Forse queste donne furono i suoi unici veri amici.


Traudl ricorda l'Hitler degli ultimi giorni: "I miei colleghi mi hanno detto che negli anni precedenti parlava incessantemente, del passato e del futuro, ma dopo Stalingrado, beh, non ricordo molti monologhi. Tutti abbiamo cercato di distrarlo, con chiacchiere sui film, o sui pettegolezzi, su tutto ciò che gli avrebbe distolto la mente dalla guerra. Amava i pettegolezzi. Questo faceva parte di quell'altro lato di lui, che era fondamentalmente l'unico che abbiamo visto”.


Traudl sottolinerà questo particolare anche nell'intervista che rilascerà nel '48 a M. Musmanno (avvocato militare della U.S. Navy 
un frammento dell'intervista (da
e
poi giudice. v. n. 18): " durante i suoi pasti non parlava di questioni ufficiali. Un tempo non c'erano solo le sue segretarie durante i pasti, ma anche persone venute per motivi culturali. Ad esempio lui l'architetto Giessler intorno a lui. (..) disegnava nuovi progetti per le nuove città,(..) Quando noi, le segretarie, eravamo sole con lui, parlavamo delle nostre esperienze quotidiane, dei nostri cani, ecc. Gli piaceva parlare della sua infanzia e dei tempi di lotta prima di arrivare al potere. Gli piaceva parlare di tempi passati".

Dalla stessa intervista emerge, nelle parole di Traudl, il desiderio di H. di fuggire dalla realtà che lo circondava: " Hitler era più attaccato alle persone che non erano militari: una volta si espresse che non appena la guerra sarebbe finita si sarebbe tolto la divisa grigia (field grey) e avrebbe raccolto solo persone intelligenti intorno a lui e tutte le uniformi sarebbero dovute rimanere lontane da lui (all uniforms would have to stay from his surroundings), voleva solo avere persone intellettuali e intelligenti intorno a sé, e non più testoni (blockheads) militari".

E fuori c’era l’inferno.

 Ma H. pensava di poter ancora capovolgere le sorti della guerra con le nuove armi:  Traudl Junge aveva fatto un giro in camion a Monaco la mattina dopo che i bombardieri britannici avevano bombardato la città con duemila tonnellate di bombe. "In pochissime settimane questo incubo cesserà improvvisamente", ha dichiarato Hitler. 'I nostri nuovi aerei a reazione ( riferimento ai caccia Me 262, che però entrarono inservizio troppo tardi e con troppe limitazioni) sono ora in produzione di massa. Presto gli alleati ci penseranno due volte prima di sorvolare il territorio del Reich” ([7]) In questa occasione Traudl avrebbe mostrato  il suo carattere indipendente, almeno nella ricostruzione che dell'episodio fa J. Toland, Adoldf Hitler, The definitive biografy, 1976 , pp. 948-49: "Un giorno, mentre lo  guardava esaminare le fotografie dei raid aerei, Traudl Junge non poté fare a meno di dire che le immagini non avrebbero mai potuto rappresentare la vera miseria della realtà. "Dovrebbe uscire solo una volta e vedere le persone scaldarsi le mani sulle travi carbonizzate mentre tutti i loro beni vanno in fumo". Hitler non era affatto arrabbiato. "So com'è," disse con un sospiro. "Ma cambierò tutto. Abbiamo costruito nuovi aerei e presto tutto questo incubo finirà": una ragazza di 25 anni più coraggiosa dei generali!

 

(da https://spartacus-educational.com/Traudl_Junge.ht
Nel ’43 Traudl si innamora di  Hans Hermann Junge, un membro dello staff addetto al servizio diretto di Hitler. I due si sposarono il 19 giugno del ’43 e questa vicenda tutto sommato secondaria  ci fornisce altri dettagli interessanti su  rapporto “familiare” tra H. e le persone a lui più vicine:Ormai non era un segreto nella nostra ristretta cerchia che ero in rapporti particolarmente amichevoli con Hans Junge. Se mi scusavo  di solito era quando Linge ([8]) era in servizio, in modo che Hans Junge e io potessimo fare lunghe passeggiate in montagna insieme, o fare spedizioni a Berchtesgaden o a Salisburgo” (..)"

Junge ha spiegato che uno dei motivi per il loro matrimonio era anche convincere H. a dare il permesso ad Hans Junge di combattere in prima linea: "Hans Junge (..) fu una delle poche persone a rendersi conto che a lungo andare le idee di Hitler avrebbero avuto un tale effetto su di te che alla fine non avresti saputo cosa avevi pensato da te stesso e cosa era dovuto all'influenza esterna. Junge voleva il suo senso di oggettività indietro. Aveva chiesto più volte di andare al fronte, che era l'unico modo in cui poteva rinunciare al suo lavoro con Hitler. Ogni volta la sua richiesta veniva respinta perché era indispensabile; c'erano molti buoni soldati ma pochi  aiutanti affidabili ".

da https://spartacus-educational.com/Traudl_Junge.htm
Finalmente H diede alla coppia il permesso di sposarsi. Junge così riporta il colloquio:”Beh, di certo ho sfortuna con il mio staff, avrebbe detto H., prima Christian ( Gerda, l’altra segretaria di H.)  sposa Data e porta via la mia migliore segretaria, poi finalmente ho un ottimo sostituto, e ora anche  Humps sta lasciando me e portando il mio miglior cameriere con lei nell'affare”: un capoufficio attento,  preoccupato per l’efficienza del suo ufficio, ci verrebbe da dire... 

Ma Hans era un membro dello Schutzstaffel, la guardia del corpo del Führer, e per sposarsi servivano “molte scartoffie”: "Il matrimonio era fissato per la metà di giugno 1943. Mi sono ribellata solo una volta, quando ho visto la montagna di moduli e questionari da compilare perché stavo per sposare una SS. Ho perso la pazienza e ho detto al mio futuro marito che avrei gettato tutto il lotto nel cestino della carta straccia se il mio matrimonio fosse dipeso da questo genere di cose. Hitler rise di cuore quando gli lessi alcune delle domande sui moduli. Ad esempio, hanno chiesto: "La sposa è abituata ai lavori domestici?( '”Is the bride positively addicted to housework?” ) " Lui stesso ha detto che ovviamente tutto questo era un nonsenso, e ne avrebbe parlato con Himmler. Comunque, mi è stato risparmiato di dover combattere una battaglia sulla carta, e prima che me ne rendessi conto è arrivato Junge ed ero Frau Junge; la felicità coniugale durò quattro settimane, mentre andavamo in luna di miele al Lago di Costanza”: e anche questa immagine della segretaria  che chiacchiera col  Comandante Supremo (che ride divertito) delle scartoffie burocratiche non fa certo parte dell’iconografia ufficiale (e ci verrebbe da dire dell' immagine reale) del Führer

Traudl col marito e Johanna Wolf, la
segretaria più anziana

Finalmente Hans ottiene il permesso di allontanarsi dall’atmosfera avvelenante del Bunker per andare al fronte. Andrà in Normandia e sarà ucciso da un mitragliamento aereo a Dreux il 13 agosto 1944.
Hans Junge, un uomo che per stare lontano da H. scelse il campo di battaglia anzichè il sicuro rifugio.

 A Traudl la notizia della sua morte fu data dal cognato di Eva Braun, Fegelin ( (Ufficiale di collegamento delle Waffen SS, sarà poi fatto fucilare  da H. negli ultimissimi giorni per diserzione e per aver collaborato con Himmler nel tentativo di arrivare ad una pace separata con gli Alleati). Così Traudl racconta questo particolare: "Il Führer lo sa da ieri, ma voleva aspettare la conferma, e poi ha scoperto che non poteva dirtelo da solo”. Ed ecco come H.

Hans Junge e Hitler
comunica a Traudl la morte del marito: “Fui portata nella stanzetta che un tempo era stata il soggiorno di Fraulein Schroeder. Adesso era uno studio temporaneo per Hitler. Com'era cupa e sobria la stanza adesso. Una volta che Linge  aveva chiuso il porta dietro di me Hitler mi venne incontro senza una parola. Mi prese entrambe le mani e disse: "Oh, bambina, mi dispiace. Tuo marito era un tipo splendido". La sua voce era molto dolce e triste. Mi sentivo quasi più dispiaciuta per Hitler che per me stessa, perché è così difficile esprimere simpatia. "Devi stare con me e non preoccuparti, sarò sempre lì per aiutarti!"  All'improvviso tutti volevano aiutarmi e io avevo voglia di scappare ".

Certo è difficile conciliare questa immagine con quella del Führer pubblico e nota. Uno "sdoppiamento" veramente impressionante.

Intanto più peggiorava la situazione militare, più i discorsi privati di H. si allontanavano dalla realtà, discorrendo di un futuro in cui si sarebbe ritirato, circondandosi di artisti e non più di uniformi, e dettando le sue memorie.

Ma inesorabilmente la realtà della guerra  scivola verso la fine, l’atmosfera dentro al bunker diviene sempre più cupa e irreale finché si arriva all’epilogo.

Il 16 gennaio 1945, in seguito alla sconfitta nelle Ardenne,  Junge e il resto dello staff personale di Hitler si trasferirono al Führerbunker di Berlino .

Sopra infuria la battaglia, sotto si vive come in una catacomba, con Hitler chiuso nelle sue ossessioni, sempre più dissociato dalla realtà, intento a manovrare sulla carta Armate e Divisioni che non esistono più.  

Poi arriva la fine

 Il 22 aprile H. “con l'aria stanca, pallida e svogliata” dà alle segretarie il permesso di allontanarsi. Christa e Wolf accettano, Traudl, Gerda e Constanze (la dietologa)  restano.


Il testamento

Arriviamo al 29 aprile ’45.

Alle 23.30 Traudl  viene chiamata a trascrivere sotto dettatura il testamento (anzi i due testamenti, quello privato e quello politico)  di H.

 Ecco la descrizione di quei momenti nelle pagine di Hitler’s final Words di Greg Bradsher:” Quando ha aperto la porta nello studio di Hitler, Hitler le venne incontro, le strinse la mano chiede, "'Ti sei riposata un po', bambina?". Junge ha risposto, "Sì, ho dormito un po’'. Ha detto: "Vieni, voglio dettare  qualcosa. " Era tra le 23:30 e mezzanotte.

Junge aprì il blocco per stenografare. “Per diversi secondi Hitler non disse nulla. Poi, all ' improvviso cominciò a pronunciare le prime parole: “Il mio testamento politico."

Terminata la dettatura del testamento politico, H. le dettò anche quello privato.

H. non apportò nessuna correzione. Poi si allontanò dal tavolo su cui si era appoggiato per tutto questo tempo e disse: "Scrivilo subito per me in triplice copia poi portamelo”.  Junge sentiva che c'era qualcosa di urgente nella sua voce, e ha pensato che il più importante documento cruciale scritto da Hitler sarebbe uscito  nel mondo senza nessuna correzione o revisione approfondita.

(…). Hitler ha lasciato la stanza delle riunioni  tre volte per chiedere a che punto fosse Junge. Anche Bormann e Goebbels continuavano  a venire a vedere se avesse finito. Questi andirivieni hanno reso Junge nervosa e ha ritardato il processo, aumentando l’ angoscia per l'intera situazione, e lei ha commesso diversi errori tipografici, sono stati successivamente cancellati con inchiostro.

L'ultima pag. del testamento
(cerchiata la firma di H.) 
(..) Verso le 5 del mattino, Junge ha digitato l'ultima delle tre copie ciascuna del testamento politico e delle volontà personali. Appena ha finito, Goebbels è andato da lei per i documenti, strappando l'ultimo pezzo di carta dalla macchina da scrivere. Gliele diede senza avere la possibilità di rivedere il prodotto finale. Lei ha chiesto a Goebbels se la volevano ancora, e lui disse: "no, sdraiati e riposati".

E’ evidente la preoccupazione di H. perché il suo “testamento” venisse trasmesso ai posteri, anche perchè conteneva quello che, ormai lontano dalla realtà, avrebbe dovuto essere l'organigramma del futuro governo tedesco.

L’ultimo capoverso testimonia che l’ossessione razziale di H. lo dominò fino alla fine ([9]).

Alle 4 del mattino la battitura in triplice copia delle 10 pagine del  testamento era pronta per la firma di H. e dei quattro testimoni ( Goebbels, Bormann, Wilielm Burgdorf, Hans Krebs ).
Le tre copie verranno poi affidate a tre corrieri diversi che riusciranno a fuggire da Berlino ([10]). Traudl trascriverà anche il testamento di Goebbels

 30 aprile: la morte di H.

Questa, risalente al 29/30 aprile
è probabilmente l'ultima foto di Hitler

Il 30 aprile 1945, H. si chiuse nella sua stanza con Eva Braun, sposata il giorno prima : "All'improvviso (scrive Traudl nella sua biografia) ... c'è il suono di uno sparo, così forte, così vicino, che tutti tacciono, in tutte le stanze”. " La guardia del corpo di Hitler, Rochus Minsch, commenterà: “Tutti stavano aspettando lo sparo. Ce l'aspettavamo ... Poi è arrivato lo scatto. Heinz Linge mi ha preso da parte e siamo entrati. Ho visto Hitler accasciato vicino al tavolo. Non ho visto sangue sulla sua testa. E ho visto Eva con le ginocchia piegate sdraiata accanto a lui sul divano, con indosso una camicetta bianca e blu, con un piccolo colletto: solo una piccola cosa”.

LA FUGA

Dopo il suicidio di H., di Goebbels e della moglie (che avevano ordinato l’uccisione con morfina e cianuro dei sei figli), i restanti 
abitanti del bunker decidono di tentare la fuga.
Ecco come Traudl la descrive nel suo  libro autobiografico .

Hitler come regalo d'addio aveva dato alle segretarie una capsula di veleno, ma Traudl voleva vivere: " Non ero uno di quegli idealisti che non riuscivano a immaginare come potesse andare avanti qualcosa senza il Führer, o non riuscivo a vederlo per niente; persone come Magda Goebbels, che ovviamente ha tratto le conclusioni logiche dalla sua visione del mondo. Per me, il suicidio era sempre e solo una rete di sicurezza molto vaga nel caso in cui fossi stata maltrattata, torturata o violentata. Era rassicurante avere il veleno con me" (I wasn’t one of those idealists who couldn’ t imagine how anything could go on without the Fuhrer, or couldn’t see it going on at all; people like M.G, who obviously drew the logical conclusions from her own view of the world. To me, suicide was only ever a very vague safety net in case I was badly mistreated –tortured or raped. It was reassuring to have the poison with me(op. cit., p.219).
E nell'intervista rilasciata a Musmanno (v. n. 18) è esplicita: " I did not want to die because Hitler had died", non voleva morire perchè Hitler era morto.
Traudl vuole vivere, e cerca la salvezza:
“I grandi magazzini (del bunker) riforniti di provviste vengono svuotati. Ci sono (..) cibo in scatola, bottiglie di vino, champagne e grappa, cioccolato. Queste cose hanno perso il loro valore. Ma tutti ricevono armi dal capo del commando di scorta. Anche a noi donne viene data una pistola. Non dobbiamo sparare, ci viene detto, tranne che nel massimo bisogno. Quindi otteniamo vestiti pratici. Dobbiamo andare al campo in fondo al bunker, in Vossstrasse. Significa passare per la sala operatoria. Non ho mai visto un cadavere prima d'ora e sono sempre scappata dalla vista del sangue. Ora, con gli occhi vuoti, vedo due soldati morti in condizioni terribili sdraiati sulle barelle. Il professor Haase non alza nemmeno lo sguardo quando entriamo. Sudando e concentrandosi molto, sta lavorando all'amputazione di una gamba. Ci sono secchi pieni di sangue e membra umane ovunque. La sega sfrega mentre si fa strada attraverso l'osso. Non vedo e non sento niente, le immagini non penetrano nella mia mente cosciente. Automaticamente, lascio che qualcuno mi porga un casco d'acciaio, pantaloni lunghi e una giacca corta nella stanza accanto, provo gli stivali e torno nell'altro

Uscita dall'"ospedale" nell'hotel Adlon
bunker”. Chi volesse avere un’idea di cosa fosse un “ospedale” in quei drammatici giorni può farsene un’idea in alcuni fotogrammidel documentario di Der Spiegel Tv   Der Sturm auf Berlin in cui si vedono i feriti portati fuori dall’ospedale militare allestito nell’hotel Adlon in fiamme: inservienti e infermiere hanno maschere antigas e occhiali protettivi ([11]).

Feriti e infermiere dell'Adlon
Torniamo a Traudl:

“I vestiti nuovi sembrano strani appesi al mio corpo. Ora anche gli uomini sono in piena marcia. Molti di loro hanno tolto le spalline e le decorazioni. Il capitano Baur ha preso il dipinto a olio di Federico il Grande dalla sua cornice e l'ha arrotolato. Lo vuole come souvenir.(..) 

Ricordo improvvisamente i bambini  ( i sei figli di Goebbels) . Non c'è traccia di Frau Goebbels. Si è chiusa nella sua stanza. I bambini sono ancora con lei? Una ragazza della cucina, o forse era una cameriera, si era offerta di portare fuori i sei bambini con lei. I russi potrebbero non far loro del male. Ma non so se Frau Goebbels abbia accettato questa offerta ([12]).

Ci sediamo e aspettiamo la sera. Solo Schadle, il leader ferito del commando di scorta, si è sparato. All'improvviso si apre la porta della stanza occupata dalla famiglia Goebbels. Un'infermiera e un uomo in camice bianco trasportano una cassa enorme e pesante. 

L'episodio  è ricordato  anche nell'intervista che Traudl rilasciò a Musmanno nel '48 (v. nota 18) :" due soldati portavano casse, alte circa 1 metro e mezzo. Potrebbero esserci dei libri dentro o degli strumenti del dottore. Ma l'immagine che mi si presentò immediatamente era che i bambini morti dovevano essere lì dentro. Perché non li avevo più visti, e se fossero partiti avrebbero dovuto attraversare la nostra stanza in cui guardavamo sempre per arrivare all'uscita, ma non li avevo visti lì". Quelle cass"erano lunghe un metro e mezzo e circa 1 m. in altezza"Traudl ha un brivido. forse di pietà, forse di orrore, come ricorda nell'autobiografia: "quindi il mio cuore spento può ancora sentire qualcosa, dopotutto, e c'è un enorme groppo in gola".

Il racconto di  Traudl continua: "Krebs e Burgdorf si alzano, si lisciano l'uniforme e  danno la mano a tutti per salutarsi. Non stanno andando via, si spareranno qui. Poi escono, separandosi da coloro che intendono aspettare più a lungo.

 Dobbiamo aspettare che cada l'oscurità. Goebbels cammina irrequieto su e giù, fumando, come un albergatore che aspetta discretamente e in silenzio che gli ultimi ospiti escano dal bar. Ha smesso di lamentarsi e di inveire. Quindi è giunto il momento. Tutti gli stringiamo la mano per salutarlo. Mi augura buona fortuna, con un sorriso storto. "Puoi farcela," dice dolcemente, in tono sincero. Ma scuoto la testa dubbiosa. Siamo completamente circondati dal nemico e ci sono carri armati russi nella Potsdamer Platz ...

Uno per uno lasciamo queste scene di orrore. 

Supero la porta di Hitler per l'ultima volta. Il suo semplice cappotto grigio è appeso come al solito all'attaccapanni di ferro, e sopra di esso vedo il suo grande berretto con l'emblema nazionale dorato sopra e i suoi guanti di camoscio chiaro. Il guinzaglio del cane penzola accanto a loro.

 Sembra una forca.

 Vorrei prendere i guanti come ricordo, o almeno uno di loro. Ma la mia mano tesa cade di nuovo, non so perché. Il mio cappotto di volpe argentata (regalo d’addio  di Eva) è appeso nell'armadio della camera di Eva. La sua fodera porta il monogramma dorato EB.  Non ne ho bisogno adesso, non mi servono altro che la pistola e il veleno.

Quindi andiamo nella grande cantina del carbone della Cancelleria del Nuovo Reich.

 Otto Günsche ci guida tra la folla; le sue spalle larghe costringevano noi quattro donne (Frau Christian, Fraulein Kruger ([13]), Fraulein Manziarly e io) a passare attraverso i soldati che aspettavano qui pronti a marciare (..). 

Quindi aspettiamo nella nostra stanza del bunker per essere recuperati. Abbiamo tutti distrutto le nostre carte. Non porto con me soldi, provviste, vestiti, solo tante sigarette e qualche foto da cui non posso separarmi. Le altre donne fanno piccole borse. Anche loro cercheranno di trovare la via d'uscita attraverso questo inferno".

Ragazze della Legha delle Giovani
con i feriti davanti all'hotel Adlon
Restano solo le infermiere, per curare i feriti fino all’arrivo dei russi, insieme all’addetto  al gruppo elettrogeno ([14] ) che forniva la corrente all’ospedale .

"Potrebbero essere circa le otto e mezzo di sera. Saremo il primo gruppo a lasciare il bunker.(..) Ci facciamo strada tra le tante persone in attesa e scendiamo per passaggi sotterranei. Ci arrampichiamo su scale semidistrutte, attraverso buchi nei muri e macerie, sempre più su e fuori. Finalmente la Wilhelmsplatz si estende più avanti, splendente al chiaro di luna. Il cavallo morto giace ancora lì sul selciato, ma ora solo i resti. Persone affamate

Questo era il tunnel della U-Bahn durante
 la battaglia: qui è passata Traudl 

sono uscite dai tunnel della U-Bahn per tagliare pezzi di carne ... 

Senza rumore, attraversiamo la piazza. Vengono sparati colpi sporadici, ma gli spari sono più forti più lontano. Quindi abbiamo raggiunto il tunnel della U-Bahn fuori dalle rovine del Kaiserhof. Scendiamo e procediamo nell'oscurità, sui feriti e sui senzatetto, oltre i soldati che riposano, fino a raggiungere la stazione di Friedrichstrasse. 

Qui finisce il tunnel e inizia l'inferno.

 

Berlino fine aprile
(da A. Bevor, Berlino 1945. La caduta)
Dobbiamo passare e ci riusciamo. L'intero gruppo combattente attraversa la curva della U-Bahn illeso. Ma dietro di noi scoppia un inferno. Centinaia di cecchini sparano a chi ci segue.

Per ore strisciamo attraverso cantine cavernose, edifici in fiamme, strade strane e buie! Da qualche parte in una cantina abbandonata ci riposiamo e dormiamo per un paio d'ore. Poi andiamo avanti, finché i carri armati russi non ci sbarrano la strada. Nessuno di noi ha un'arma pesante. Non portiamo altro che pistole. Così la notte passa e al mattino è tranquillo. Gli spari sono cessati. Non abbiamo ancora visto nessun soldato russo. Finalmente ci ritroviamo nella vecchia birreria di un birrificio ora adibito a bunker. Questa è la nostra ultima fermata. Ci sono carri armati russi qui fuori ed è pieno giorno. Entriamo ancora nel bunker senza essere visti.

Un generale entra nel bunker, trova il comandante in difesa Mohnke e gli parla. Scopriamo di essere nell'ultimo baluardo della resistenza nella capitale del Reich. I russi hanno ora circondato il birrificio e invitano tutti ad arrendersi. Mohnke scrive un ultimo rapporto.
Sui muri di Berlino: Vittoria o Siberia
Manca ancora un'ora. Il resto di noi è seduto a fumare. All'improvviso alza la testa, guarda noi donne e dice: "Dovete aiutarvi adesso. Noi indossiamo tutti l'uniforme, nessuno di noi uscirà di qui. Ma potete provare a passare, dirigervi verso Donitz e dagli questo ultimo rapporto".

Non voglio più andare avanti, ma Frau Christian e le altre due mi esortano a farlo; mi scuotono finché finalmente li seguo. Lasciamo lì i nostri elmetti d'acciaio e le pistole. Ci togliamo anche le giacche militari. Poi stringiamo la mano agli uomini e andiamo. Una compagnia di SS è in piedi accanto ai suoi veicoli nel cortile del birrificio, impassibile e immobile, in attesa dell'ordine per l'ultimo attacco. (E fanno impressione questi soldati ancora immobili e impassibili in attesa dell'ultimo ordine mentre tutto crolla!).

Il Volkssturm, gli uomini OT e i soldati stanno gettando le armi in un mucchio e stanno andando dai russi. In fondo al cortile i soldati russi stanno già distribuendo grappe e sigarette ai soldati tedeschi, dicendo loro di arrendersi, celebrando la fraternizzazione. Li attraversiamo come se fossimo invisibili (e il film di O. Hirschbliegel Der Untergang rende magistralmente questo momento).   Allora siamo fuori dall'anello che circonda, tra orde selvagge di vincitori russi, e finalmente posso piangere.

Dove dovevamo girare? Se non avevo mai visto persone morte prima, ora le vedevo ovunque. Nessuno li stava notando. Una piccola sparatoria sporadica era ancora in corso. A volte i russi incendiavano edifici e cercavano soldati nascosti. Siamo stati minacciati ad ogni angolo. Ho perso le tracce dei miei colleghi quello stesso giorno".

 


E poi l'epilogo.

"Sono rimasta sola a lungo, senza speranza, finché alla fine sono finita  in una prigione russa. Quando la porta della cella si chiuse dietro di me non avevo più nemmeno il mio veleno, era successo tutto così in fretta. Eppure ero ancora viva.

 E ora iniziò un periodo terribile, terribile, ma non volevo più morire. Ero curiosa di scoprire cos'altro può sperimentare un essere umano. E il destino è stato gentile con me. Come per miracolo, sono sfuggita al trasporto in Oriente (= deportazione in  URSS). L'altruista gentilezza umana di un uomo mi ha preservato da questo". ([15]). 
L'uomo che la salvò e la protesse) (disinteressatamente!) era un armeno di nome Arkady, che lavorava come interprete presso i russi La proteggerà, la farà uscire di prigione, le troverà una stanza: e qui c'è un episodio che se non fosse in un contesto tragico, sarebbe comico: quando trova la stanza (presso fraulein Koch, insegnante di pianoforte) Arkady tries the bed to see if it is comfortable, Arkady prova il letto per vedere se è confortevole: Traudl, pensando al terribile destino che aveva distrutto tante altre donne in quei terribili giorni, teme il peggio (has forebodings of worse to come). Ma l'uomo le dice di non temere, does not molest her either then or later, non la molesterà neanche nè allora nè poi. E così sarà. Ma per troppe altre, no.
Arkady, un uomo altrimenti sconosciuto che ha dimostrato che anche in guerra si può essere uomini e non bestie feroci.



Arrestata a Berlino

 Junge  rimase libera fino all'arresto a Berlino il 9 luglio. 

Guardiamo più in dettaglio cosa le successe dopo la fuga.

Da Berlino  Junge riuscì a raggiungere fortunosamente l’Elba cercando di arrivare alle linee alleate occidentali. Non riuscì però a passare il fiume e così tornò a Berlino. Arrivandoci circa un mese dopo la sua partenza, aveva sperato di prendere un treno per l’ ovest quando fosse ripreso il traffico. Il 9 luglio, dopo aver vissuto lì per circa una settimana sotto lo pseudonimo di Gerda Alt, fu arrestata da due membri civili dell'amministrazione militare sovietica e tenuta a Berlino per interrogatori.

Junge fu detenuta in varie prigioni, interrogata spesso sul suo ruolo nell'entourage di Hitler e sugli eventi relativi al suicidio di Hitler (Stalin aveva la paranoia che H. fosse fuggito). Nel dicembre 1945 venne  scarcerata, ma non poteva abbandonare il settore sovietico di Berlino. Alla vigilia di Capodanno del 1945 fu ricoverata in un ospedale del settore britannico per la difterite e vi rimase per due mesi. Mentre era lì, sua madre riuscì a fornirle i documenti necessari per consentirle di trasferirsi dal settore britannico di Berlino alla Baviera. Il 2 febbraio 1946 poté così lasciare la zona sovietica, arrivando in Baviera occupata dagli americani. Dopo i russi, toccò agli americani: Junge fu trattenuta  per un breve periodo durante la prima metà del 1946, e interrogata sulla sua permanenza nel Führerbunker.

Il  Führerbunker dopo la sua distruzione .
E' possibile che le due donne ( o almeno  una)  siano le segretarie


Interrogatorio di Traudl
(da R. Breitman – N. W. Goda, HITLER'S SHADOW. Nazi War Criminals, U.S. Intelligence, and the Cold War, Published by the National Archives)
https://archive.org/stream/bub_gb_SpMVUEXINRQC/bub_gb_SpMVUEXINRQC_djvu.txt)
"Il 9 giugno 1946, il CIC (Counter Intelligence Corps) Field Office di Starnberg arrestò Junge a Monaco di Baviera,  e agenti del CIC la interrogarono il 13 giugno, il 18 giugno e il 30 agosto, (questa volta su richiesta dell'intelligence britannica che presentò una lista di 15 domande specifiche).

Nel primo interrogatorio Junge parlò delle abitudini personali di Hitler. Raccontò il ritiro di Hitler dopo la sconfitta militare tedesca a Stalingrado all'inizio del 1943, la sua  insistenza sul fatto che le armi miracolose della Germania avrebbero posto fine ai bombardamenti alleati delle città tedesche e la sua convinzione che la Provvidenza lo avesse protetto nell’attentato del  20 luglio 1944. Junge ricordava che Hitler  aveva detto che  se Claus von Stauffenberg, il capo della cospirazione, gli avesse sparato faccia a faccia  invece di usare una bomba,  sarebbe almeno degno  di rispetto".

 In questo interrogatorio  confermò anche  la morte del segretario del partito nazista Martin Bormann nei combattimenti a Berlino.

"Il secondo interrogatorio fornisce nuovi dettagli sul tentativo di fuga di Junge  da Berlino dopo la morte di Hitler, il suo arresto da parte dei sovietici il 3 giugno 1945 e i loro   ripetuti interrogatori sul suicidio di Hitler. I sovietici  erano anche interessati a qualsiasi connessione che Junge potrebbe avere con reti naziste esistenti;  speravano di usarla per scoprirle. Dall’interrogatorio emerge un particolare interessante: nel settembre del 1945 un funzionario sovietico senza nome offrì a Junge la sua protezione personale, incluso un appartamento, cibo e  i soldi. In cambio, Junge doveva cooperare con le forze sovietiche e non dire a nessuno del suo lavoro precedente o attuale. Non avrebbe potuto lasciare il settore sovietico". Questo funzionario sovietico ”senza nome” sarà probabilmente l’autore dell’’'altruista gentilezza umana di un uomo  che la “preservò dal trasporto in Oriente”?

Poi però Junge si ammalò di difterite, le fu quindi permesso di essere ricoverata in ospedale nel settore inglese. Dopo di allora, ha detto, "i russi non hanno più preso interesse per la mia persona”.

 Nel  terzo interrogatorio rispose alle domande trasmesse dagli inglesi.  Junge notò che Hitler sperava di ritardare il suo suicidio fino a ricevere la conferma  che i corrieri che trasportavano copie del suo ultimo testamento politico avessero raggiunto il loro  i destinatari, vale a dire il grande ammiraglio Karl Donitz, che Hitler nominò capo  di stato, e il feldmaresciallo Ferdinand Schorner, che H. nominò  comandante in capo dell’esercito.

Con l'anello delle truppe russe che si chiudeva intorno al suo bunker di Berlino, Hitler non avrebbe permesso ai sovietici di prenderlo vivo. (..) "Hitler era preoccupato (uneasy )", ricorda Junge, "e se ne andava da un locale all'altro. Disse che avrebbe aspettato che i corrieri fossero arrivati alle loro destinazioni con i  testamenti e poi si sarebbe suicidato” ([16]).

Le altre domande riguardavano la sorte di alti ufficiali tedeschi, sorte che Junge non conosceva.

 A Giugno fu liberata e le fu permesso di vivere nella Germania del dopoguerra ([17]). Si trasferì a Monaco  dove trovò  lavorò come segretaria capo della redazione di un settimanale illustrato .

Nel febbraio del '48 Traudl, assieme ad altri testimoni  degli ultimi giorni di H., fu intervistata a Monaco da Michael Musmanno (nel ’47 giudice in uno dei 
Musmanno intervista Traudl (a sin. l'interprete Elisabeth Billig)
(da 
https://newsinteractive.post-gazette.com/thedigs
/2013/10/11/feb-3-1958-michael-a-musmanno-shouts-
i-will/musmanno-quizzes-hitler-secretary-
traudl-junge-photo-credit-unknow
n/
processi di Norimberga). Nel corso  delle conversazioni Traudl tra l’altro disse  che Hitler era determinato a evitare il destino di Benito Mussolini, ucciso il 28 aprile, il suo corpo appeso e oltraggiato: "Questo lo ha innervosito più di ogni altra cosa", dice Junge a Musmanno. "Aveva una grande paura che se catturato vivo o morto il suo corpo sarebbe stato esposto al ridicolo e al degrado" (This unnerved him more than anything else. (..) “He had a great fear that if captured dead or alive his body would be exposed to ridicule and degradation.”([18]).

  Junge morì  a Monaco, all'età di 81 anni, nel 2002.

La sua autobiografia, To The Last Hour: Hitler's Last Secretary   è stata pubblicata postuma ([19])


FINALE


Cosa dire della straordinaria esperienza e testimonianza di queste donne che furono così vicine a Hitler?

Nel  ritratto che fanno Hitler appare “senza l’aura del mito ma anche senza la fama di mostro”, ridotto ad anziano uomo di potere, legato alle sue ossessioni,  forse per la prima volta accessibile, ma  totalmente lontano dalla realtà esterna .

 E come giudicare il loro comportamento?

“E 'stato un periodo terribile. Non riesco davvero a ricordare i miei sentimenti. Eravamo tutti in uno stato di shock, come macchine”.

 I giudizi sono  ovviamente difficili

 E. Zuroff, direttore dell'ufficio del  Simon Wiesenthal Center in Israele, disse che  la storia di Traudl " riflette la cieca lealtà di troppi tedeschi la cui fedeltà a Hitler e al partito nazista ha consentito l'attuazione della soluzione finale" ([20]).

Personalmente penso che non sia facile ( e forse neppure corretto) formulare un giudizio su queste allora giovani donne (Traudl aveva 25 anni nel ’45), da parte di chi, come noi,  è nato dopo, non ha vissuto tutta la sua giovinezza sotto una ideologia che avvelenava  e permeava totalmente gli animi e, al contrario di loro, ha potuto conoscere ciò che allora era forse difficile conoscere.

poster del 1940 “La gioventù serve il Führer
. Tutti i bambini di 10 anni nella Gioventù
 hitleriana". 
L'appartenenza alla Gioventù
 hitlerianaera obbligatoria dal 1936.
Hermann Wigoda, ebreo polacco, che visse quegli anni e che non può essere certo accusato di simpatie per il nazismo ([21]), parlando in generale dell’atteggiamento dei tedeschi verso il nazismo,  così scrisse nel suo libro All’ombra della svastica, pag. 199-200 ([22]): “Chiunque abbia vissuto coi tedeschi, abbia diviso con loro i sogni quotidiani (e, aggiungo io, le umiliazioni e la fame degli anni dopo la I G.M.) e abbia conosciuto il sistema nel quale il popolo tedesco è stato cresciuto e educato, non può pensare che essi si sarebbero ribellati all’autorità costituita (..). La regola comunemente accettata del Glaube und Gehorche (credere e ubbidire) era lo slogan più attuale. Un tale motto è naturalmente la premessa per lasciare che sia qualcun altro a pensare. Non avrebbe senso biasimare un popolo cresciuto con questa mentalità per non essersi ribellato contro i nazisti (..)”.

E noi?

La domanda non è se sia stato davvero possibile che  non abbiano fatto altro che “battere a macchina”, fare insomma il proprio lavoro come la maggior parte dei tedeschi, senza vedere.

La domanda è un’altra.

 E sta in un’altra frase di un’altra donna, la segretaria di Goebbels, Brunilde Pomsel: «Quelli che oggi dicono che si sarebbero rivoltati contro i nazisti – credo che parlino sinceramente- ma credetemi, la maggior parte di loro non lo avrebbe fatto» ([23]).

 Noi, allora,  in quelle condizioni, cosa avremmo fatto? E ne siamo proprio sicuri? (24)

 



Leonello Oliveri 

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Riproduzione vietata

(in costruzione) 

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A guerra finita alla  ricerca  di souvenir
davanti all'uscita del bunker

[1] ) Ricordiamo la 11. SS Freiwilligen-Panzergrenadier-Division "Nordland", la 23. SS-Freiwilligen-Panzergrenadier-Division "Nederland", la 33. Waffen-Grenadier-Division der SS "Charlemagne". I pochi che riuscirono a sopravvivere alla guerra ( e ad alcune fucilazioni sommarie. v. https://it.wikipedia.org/wiki/Philippe_Leclerc_de_Hauteclocque) furono in genere consegnati alle nazioni di provenienza e condannati (quando gli andò bene) a lunghe pene detentive

Maggio '45  -centro di Berlino: l'ultimo Sd.Kfz 250 della div.
Nortland. Il caduto dovrebbe essere Ragnar Johansson

[2] ) Quando non diversamente segnalato le parti in corsivo sono prese dalla sua autobiografia  ( brani presenti qui  https://spartacus-educational.com/Christa_Schroeder.htm)


[4] ) Così leggiamo in http://arlindo-correia.com/120710.html#Statements) che cita come fonte la biografia di Christa

 [5] ) Quando non diversamente segnato le parti in corsivo sono prese dalla sua autobiografia ( brani presenti qui https://spartacus-educational.com/Traudl_Junge.htm) . Il libro fu pubblicato nei primi anni '2000 in collaborazione con Melissa Mullere

[6] ) Attivista antinazista tedesca membro della “Rosa Bianca” condannata a morte nel ’43 assieme al fratello (v. https://it.wikipedia.org/wiki/Sophie_Scholl) 

 [7] ) citazione da D. Irving, Hitler’s war, p. 777, Focal Point ed. Circa la conoscenza che H. poteva avere dei risultati dei bombardamenti alleati sulle città tedesche è interessante quanto riferisce A.Speer, Memorie del terzo Reich, Mondadori, 2018, p 345 quando ricorda il furioso intervento di Goring contro il Gauleiter di Colonia "colpevole" di aver  comunicato a H.  i drammatici risultati del bombardamento: "Le ripeto, con la mia autorità di  masresciallo del Reich, che le cifre da lei fornite  sono nè più nè meno che esagerate. Come le salta in mente di comunicare al Fuhrer fantasticherie del genere?" Purtroppo non  si trattava di fantasticherie. E se consideriamo che questa "censura"  (da parte dei vertici politici) delle notizie militari da comunicare a H. non  era certo  rara, e che pochi avevano il coraggio di Speer, si comprende come la consapevolezza della situazione  che poteva avere H. fosse tutt'altro che adeguta.

[8] ) L’ Obersturmbannführer Heinz Linge era il “cameriere” personale di H. Dopo l'abbandono del Führerbunker, fu fatto prigioniero dai sovietici, portato alla Lubjanka e interrogato dai servizi segreti dell’ NKVD,  circa la sorte di Hitler: i sovietici non credevano infatti al suicidio e ritenevano fosse fuggito. Nel 1946 fu condotto per breve tempo a Berlino e indicò il punto preciso nei giardini della Cancelleria in cui, un anno prima, erano stati sepolti i resti. (I sovietici, dal maggio 1945, avevano riesumato, in quell'area devastata, numerosi corpi, di conseguenza non erano sicuri che i resti ritrovati fossero effettivamente quelli di Hitler ed Eva Braun). Processato nel 1950 da un tribunale sovietico, fu condannato a 25 anni di lavori forzati. Nel 1955, con  altri prigionieri di guerra superstiti, fu liberato in seguito alla storica visita di Adenauer a Mosca. Morì ad Amburgo nel 1980.( https://it.wikipedia.org/wiki/Heinz_Linge)

[9] )(..) Vor allem verpflichte ich die Führung der Nation und die Gefolgschaft zur peinlichen Einhaltung der Rassegesetze und zum unbarmherzigen Widerstand gegen den Weltvergifter aller Volker, das internationale Judentum“ ( trad.: “Soprattutto, impegno il comando (Führung) della Nazione e i suoi seguaci (Gefolgschaft) alla scrupolosa (peinlichen) ossrvanza delle leggi razziali (Rassegesetze) e alla spietata resistenza all'avvelenatore del mondo, l'ebraismo internazionale“).
L’originale del testamento è visibile qui:

[10] ) I tre corrieri erano Magg. Willy Johannmeier, SS Col. Wilhelm Zander, Heinz Lorenz che dovevano recapitare i documenti rispettivamente a Schoerner, Doenitz e a qualsiasi Alto Comando tedesco per essere resi noti e immessi negli archivi. In realtà dopo il suicidio di Hitler, nell’impossibilità di raggiungere i destinatari, Zander nascose i documenti un tronco nei pressi di Monaco, Johannmeier seppellì il suo documento in una bottiglia nel giardino sul retro di casa sua in Vestfalia, a Lorenz i documenti furono invece sequestrati dagli inglesi nel novembre del ’45. Le altre due copie vennero recuperate dagli americani alla fine del ’45. 

[11] ) Il particolare è ricordato anche in A. Beevor, Berlino 1945, la Caduta, Bur storia, cap. 26.
I feriti dell'Adlon
Anche l’infermiera Erna Flegel ricorda l’incendio dell’Adlon e l’incessante lavoro di soccorso prestato dalle ragazze della Bund Deutscher Mädel (lega delle ragazze tedesche):” Quando l'Hotel Adlon bruciò, con le loro deboli forze portarono i feriti da quel rifugio al nostro rifugio, si occuparono dei soldati feriti gravemente, un compito che era pesante, e dopo tutte, queste ragazze non erano per niente abituate ai feriti e all'aria opprimente del rifugio” (
da http://arlindo-correia.com/120710.html#Statements. I fotogrammi relativi ai feriti dell'hotel Adlon sono estrapolati dal documentario di Der Spiegel Tv   Der Sturm auf Berlin.

[12] ) Così li ricorda Traudl (citata in T. Thacker, Joseph Goebbels Life and Death, p.299): “ Le cinque bambine e il bambino erano felici e allegri. Erano contenti di stare con "Zio Hitler" e presto riempirono il bunker con i loro giochi. Erano bambini affascinanti, ben educati e dai modi naturali. Non sapevano nulla del destino che li attendeva e gli adulti fecero tutto il possibile per tenerli all'oscuro. Li ho portati nel magazzino dove erano conservati i regali di compleanno di Hitler. C'erano giocattoli e vestiti per bambini in mezzo a loro, ei bambini hanno scelto ciò che gli piaceva”. Si chiamavano Susanne, di 12 anni, Hildegard 11, Helmut 9, Katrin 8, Johanna 7, Elizabeth 4 e mezzo. Il loro allucinante destino è noto. ( v. l’intervista del Guardian all’ infermiera Erna Flegel qui 

[13] ) Else Krüger era la segretaria di Bormann. La mattina del 2 maggio, il suo gruppo fu catturato dai soldati dell’Armata Rossa mentre si nascondeva in una cantina della fabbrica di birra Schultheiss-Patzenhofer sulla Prinzenallee. Dopo la guerra Krüger fu interrogata dagli inglesi. Morì in Germania nel 2005 all'età di 89 anni.

[14] ) L’infermiera Erna Flegel ricorderà che i soldati russi si comportarono con rispetto nei loro confronti: “In un primo momento hanno attraversato il rifugio e hanno rispettato assolutamente la Croce Rossa. Non è successo niente né ai feriti né a noi, né ci hanno portato via nulla. Ci era persino permesso di chiuderci dentro di notte; il comportamento del comandante russo è stato esemplare. Naturalmente è stata una sorpresa per noi che ci ha dato il permesso di chiudere a chiave le nostre porte, ma ha detto che non poteva garantire per i suoi soldati. Eravamo abituati a vedere i soldati obbedire agli ordini in modo molto rigoroso, al contrario il comandante russo non sembrava avere questa autorità sui suoi soldati(da: Statements of Erna Flegel, in http://arlindo-correia.com/120710.html#Statements). Ma molte donne berlinesi non ebbero la stessa fortuna. 
L’addetto al gruppo elettrogeno Johannes Hentschel rimase nel bunker dopo che tutti gli altri si erano suicidati o se ne erano andati, poiché l’ospedale da campo per i feriti nella Cancelleria del Reich aveva bisogno di elettricità e acqua. Si arrese ai soldati dell’Armata Rossa sovietica mentre entravano nel complesso dei bunker il 2 maggio, fu imprigionato e rilasciato solo il 4 aprile 1949. Hentschel morì nel 1982 nella allora Germania Ovest.

[15] Questa frase un poco sibillina indica   un destino più fortunato rispetto
a quanto  successe a
 molte donne berlinesi.  
 Si tratta di una tragedia credo sufficientemente nota. V. per es. uno dei diari più drammatici della II G.M.: «Una donna a Berlino, Diario tra aprile e giugno del 1945». ( A Woman in Berlin) (da cui è anche stato tratto un film). (v.  qui ).
V. anche in Wiki 

 Utile anche A. Beevor, Berlino 1945. La caduta, Bur storia.  Ma violenze ce ne furono anche da parte di altri eserciti.

[16] ) Hitler was uneasy," recalled Junge, "and walked from one room to another. He said that he would wait until the couriers had arrived to their destinations with the testaments and then he would commit suicide”.

 Le interviste servirono come base per il suo libro  Ten Days to Die. L'intervista è visibile in internet qui https://digital.library.duq.edu/digital/collection/mussinter/id/985/rec/1

[19]Nel 2002, al Festival di Berlino, fu presentato il film-documentario L’angolo buio. La segretaria di Hitler, (Im toten Winkel - Hitlers Sekretärin) che condensava in novanta minuti una intervista lunga dieci ore a Traudl Junge.

[20] ) Citato in John Hooper, She shared Hitler's bunker, but claimed ignorance of the Holocaust ( in The Guardian 14 febbraio 2002 ( v. https://www.theguardian.com/news/2002/feb/14/guardianobituaries.humanities).

[21]) Fu infatti a capo ( col nome di battaglia Enrico) della IV brigata della Divisione partigiana Garibaldi "Gin Bevilacqua" della 2a Zona operante in Liguria (Savona) dal 1944 alla fine della guerra. 

[22]) H. Wigoda, All’ombra della svastica, trad G.  Beltrametti, ISREC Savona, 2006.


[24]) una interessante raccolta di testimonianze sulle ultime ore del bunker da parte di chi c'era  qui  https://spartacus-educational.com/ExamRHU4.htm.
Infine una nota marginale: tra le donne che erano in un certo senso intorno a Hitler, la storia ha dimenticato le "assaggiatrici del cibo", coloro che dovevano assaggiare il suo cibo quando si temettero attentati: tra queste  Margot Wolk, l'unica che sopravvisse alla fine della guerra andando comunque incontro, come tante altre donne tedesche, a giorni  (e destino) terribili. Su di lei v. http://www.enciclopediadelledonne.it/biografie/margot-wolk/
https://www.spiegel.de/international/germany/hitler-food-taster-margot-woelk-speaks-about-her-memories-a-892097.html
https://en.wikipedia.org/wiki/Margot_W%C3%B6lk

L'ultimo crimine del nazismo: i bambini  soldato

In tre scatti famosi la disperazione di un giovanissimo 
soldato dopo la resa

Aprile 1945






Leonello Oliveri

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Soldati americani che cercano souvenir
all'interno del bunker


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Dove c'era il bunker, oggi c'è un parcheggio
(a quanto si legge molto visitato)





Un tabellone  ricorda il passato