Leonello Oliveri
Era
il 29 aprile del 1918 quando il sommergibile tedesco UB 48, al comando di
Wolfangf Steinbauer ([1])
si affacciò davanti al piccolo porto di Carloforte, isola di San Pietro, davanti alla costa sudoccidentale della Sardegna.
Si
trattava di un battello “costiero” appartenente alla Mittelmeer II Flotilla ( seconda Flottiglia del Mediterraneo) che
dall’agosto del 1916 alla fine della guerra riuscirà ad affondare 35 (!) navi
nemiche per un totale di 108000 tonn. e a danneggiarne altre 9 per oltre 43000
tonn. (v. https://uboat.net/wwi/boats/successes/ub48.html).
Tre
giorni prima,
il 26 aprile, aveva affondato il piroscafo francese Leopold di 2300 tonn, il 27 due successi (la petroliera inglese Romany di 4000 tonn. e il piccolo peschereccio Saint Jean di 300 tonn.).
il 26 aprile, aveva affondato il piroscafo francese Leopold di 2300 tonn, il 27 due successi (la petroliera inglese Romany di 4000 tonn. e il piccolo peschereccio Saint Jean di 300 tonn.).
Ma
il 29 aprile fu per lui un giorno ricco di
successi: un intero convoglio di 4 navi: due affondate (piroscafo inglese Kingstonian di 6500 tonn e il navy tug (rimorchiatore) inglese Dalkeith di 748) e due danneggiate: il sailing vessel
(nave a vela) italiana Monte bianco di 1000 tonn. e il rimorchiatore Moose di 208. E per concludere in
bellezza dal 3 al 5 maggio altre tre imbarcazioni (due inglesi e una
statunitense) per 14000 tonn. Un vero lupo dei mari.
Il
combattimento del 29 aprile fu particolarmente lungo, coraggioso ed aggressivo.
L’UB48
aveva intercettato il convoglio inglese che, dopo un primo scontro, era riuscito
a rifugiarsi nella rada di Carloforte. In particolare due rimorchiatori,
il Dalkeith e il Moose, e
il piroscafo Kingstonian (quest’ultimo
con un carico particolarmente strategico: barre d’acciaio necessarie per le
industrie metallurgiche d’artiglieria) si erano rifugiati all’interno della
rada di Carloforte, isola di San Pietro.
(da Google Earth) |
L’UB
48 il 29 aprile si infilò nella rada.
Ne segui un vero e
proprio scontro a colpi di siluro (che centrò il Kingstonian spezzandolo
in due), e di cannone contro le altre navi, affondando il Dalkeith.
Il
sommergibile fu inquadrato da ben sei
batterie costiere italiane (parte installate sull’isola, parte a Sant Antioco)
che aprirono un fuoco accelerato contro l’UB 48 che rispose a sua volta col
cannone: un proiettile ( dell’UB 48 o di una batteria?) colpì purtroppo
un’abitazione civile uccidendo due donne. In realtà non si è assolutamente certi
che il proiettile in questione sia stato sparato dal UB 48, anzi in G. Loi, Antiochensi nella
leggenda del Piave (in http://doczz.it/doc/776081/premessa-dell-autore---comune-di-sant-antioco) leggiamo che “sin dal primo momento non fu
chiaro se il proiettile che colpì le due donne sia partito dal sommergibile
tedesco o dalla batteria costiera di Calasetta la cui traiettoria a lunga gittata
avrebbe attraversato tutto il canale andando a finire sulle case del paese,
evitando il sommergibile che essendo a pelo d‘acqua era un bersaglio troppo
basso”.
Fra
gli equipaggi delle navi affondate o colpite ci furono 8 morti.
Ad un certo punto apparvero anche un Mas e un
grosso motopeschereccio armato (forse l’italiano Monte Bianco?) che
aprirono il fuoco sul sommergibile senza colpirlo. Comparve anche un dirigibile
italiano dal quale furono sganciate, pare, alcune bombe. Alla sera il
sommergibile – incolume- si allontanò tirando gli ultimi colpi contro la
stazione telegrafica di Capo Sperone (S. Antioco), colpendo l’antenna.
Quindi il lungo e tranquillo viaggio fino alle
basi austro-ungariche di Pola e Cattaro, dove arrivò il 10 maggio, per trasferirsi
successivamente alla base di Pola. La missione durò 21 giorni durante la quale
Wolfgang Steinbauer affondò 10 navi per un totale di 32.250 tonnellate di
stazza.
La vita del UB 48 terminò a Pola il 28 ottobre del 1818 al momento della resa dell’Impero Austroungarico
La vita del UB 48 terminò a Pola il 28 ottobre del 1818 al momento della resa dell’Impero Austroungarico
Due U boot dello stesso tipo dell'UB 48 consegnatisi agli inglesi in seguito alla sconfitta della Germania. Per evitare questa fine ingloriosa l'UB 48 si autoaffondò (dal Web) |
Questa
in estrema sintesi l’azione.
Ulteriori
notizie si possono trovare nei due testi
citati in calce.
Oltre
a questi abbiamo però la fortuna di avere a disposizione (pubblicata su un vecchio libro tedesco
del ’37 : Werner v. Langsdorff, U boote am feind. 45 deutsche U boot
fahrer erzahlen (U boot contro il nemico. 45 comandanti di u boot
raccontano, p.275 sgg.) il racconto, quasi sceneggiato, con piglio epico, dell’impresa vista dalla parte tedesca, ad opera di Von Johannes
Schwabe UB 48 im Hafen von Carloforte (L' UB 48 nel porto di Carloforte). A quanto
pare l’autore faceva parte dell’equipaggio dell’UB 48 durante la missione
Eccolo:
"Aus einem Geleitzug von vier Dampfern mit derdazugehörigen Bewacherflottille hatten wir in etwa 20 stündiger Fahrt zwei Dampfer heraustorpediert. Den dritten hatten wir mit unserem 10,5-Zentimeter- Langrohrgeschütz in Brand geschossen, daß er sank.
Vom vierten Dampfer blieb nur eine schwere Rauchfahne über dem nächtlichen Wasser hängen.
Trotz schwerer Bestückung war er ausgerissen. Er sandte laute SOS-Rufe, die ich störte, so gut es ging.
Aber sie setzten doch den Äther mächtig in Bewegung.
Das erste fahle Morgenlicht stieg auf.„Klar zum Gefecht!“ „Auf Tauch- und Gefechtsstationen!“ Alle Müdigkeit ist mit einem Schlage verschwunden. Die Kameraden mannen Munition an Deck, schnell wird in der Maschine noch einmal alles tüchtig geölt, durchgesehen. Ich überhole die Membranen meiner Unterwasserschall-Signalanlage.
„Beide Ölmaschinen volle Fahrt voraus!“ Bei der Einfahrt hatte uns kein Poften bemerkt. Wir nehmen Kurs auf die „Kingstonien“.
Unser Boot dreht in Schußrichtung auf sie. „Rohr Achtung — — “ „Rohr los!“
Beide Kommandos fallen faft aufeinander. Zischend verläßt die Stahlzigarre das Rohr, um mit gewaltiger Detonation in der Schiffsmitte, etwa im Maschinenraum, zu landen. In zwei Stücke zerrissen, sinkt das Schiff langsam in das gelbbraune Hafenwasser. Nur der Bug mit einem Geschütz ragt noch kurze Zeit aus dem Wasser. In unserem Geschützfeuer sacken die beiden Seeschlepper in Flammen und Rauch ebenfalls unter die Oberfläche.
Erledigt! Aber im Hafen liegen noch verschiedene Segler. Unsere Granaten Schlagen links und rechts in sie hinein. Überall lodern helle Flammen empor.
Nun aber wacht der Feind auf. Die an der Ausfahrt liegenden Forts und die Molenbatterien schießen wie toll; im Augenblick sind wir von einem Hagel von Geschossen eingedeckt. Nur gut, daß die lieben Leute ihre eigenen Geschoßaufschläge verwechselten. In der Erregung schoß jede Batterie zu weit; denn die gegenüberliegende Batterie dachte, nach den nach ihrer Seite zu liegenden Wasserfontänen zu urteilen, sie schösse zu kurz, und stellte daraufhin das Visier noch weiter ein.
Unser Geschützmann, wir alle, arbeiten rasend. Die zentnerschweren Granaten werden aus dem Boot durchs Luk von Hand zu Hand gemannt. Das Geschützrohr ist glühend heiß, nicht zum anfassen.
Granaten auf die Schiffe, Schrapnells auf die Forts und Batterien. In jede Ecke schießt unser Geschützführer.
„Dat is jo een dullen Verkehr hier!“
Ein Motortorpedoboot fährt jetzt in wilder Zickzackfahrt hinter uns her, hält uns mit seinem Geschütz unter Schnellfeuer und versucht dabei immerzu einen Torpedoschuß anzubringen. — Da! — er schießt! Die Blasenbahn seines Torpedos rast auf uns los.
Hart Steuerbord!“ Das Geschütz schwenkt mit, eine 10,5 cm-Granate ihm ins Gesicht.
Schade um die Schöne Kommode, damit hätte die tapfere Besatzung noch manche Spazierfahrt machen können!
„Mittschiffs das Ruder!“ Das dampfende Kanonenrohr setzt schon wieder das nächste Schrapnell in die zunächst liegende Molenbatterie. Wir sind an der Hafenausfahrt angelangt. Das Wasser ist tief genug zum Tauchen. Jetzt verstärkt sich das feindliche Feuer noch durch die Strandbatterien. Uns wird mulmig!
„Auf Tauchstationen, Schnelltauchen!“ Wir sacken weg wie ein Stein. Erst während des Tauchmanövers sind die Ölmaschinen ausgekuppelt, die elektrischen Maschinen zur Unterwasserfahrt eingeschaltet. Der Schweiß bricht in Strömen aus den Poren, obwohl alles nur wenige Sekunden dauert.
Da brüllt es durch das Boot: „E-Maschinen springen nicht an!“ Eisiger Schreck jagt jedem durch die Knochen.
Langsam sinken wir weiter. Totenstille im Boot. Ich höre sogar das Tropfen der Wandfeuchtigkeit. — Dann die ruhige Stimme des Kommandanten: „Preßluft auf alle Tanks, Geschützbedienung an Deck!“
Die erste Granate heult schon wieder aus unserem Geschützrohr, mischt sich mit dem Hexensabbat der feindlichen Kanonade. Schießen, schießen, schießen!
Die Luft bebt von den Explosionen. In unzähligen Fontänen zischt das Wasser empor. Die Hölle ist los!
Da, nicht zu hören, aber von jedem verstanden, kommt der Bescheid aus dem Boot: „E-Maschinen wieder in Ordnung!“
„Schnelltauchen!“ Wieder geklemmte Finger, getretene Schienbeine, Ölmaschine aus, elektrische Maschinen eingekuppelt! Aber wir entkommen trotz einem Hagel von Wasser- und Luftbomben.
Dieser Angriff des kleinen U-Bootes UB 48 mit einem kleinen Geschütz auf einen schwerbewaffneten Hafen wurde nach dem Kriege als „Kriegsverbrechen“ bezeichnet. Zeugenvernehmungen haben in ganz Deutschland stattgefunden. Überall dort, wohin uns UB48er das wirre Nachkriegsschicksal verschlagen hatte, erreichten uns die Zustellungen der interalliierten Kommission. Zähneknirschend mußte auch ich Richtern“ gegenüber Zeugnis ablegen. Wir „Täter“ sollten an den Feindbund ausgeliefert werden. Doch als sich ein ganzes Volk dagegenstellte, ging schon ein Ahnen von einer neuen Zeit um. Warum sollte unsere erfüllte Pflicht nicht gleichberechtigt sein der unserer damaligen Feinde?
Eccone la traduzione delle parti più interessanti, un poco
libera, scolastica ed approssimativa (il mio tedesco è più che lacunoso)
"Motori avanti tutta!" (..). Dirigiamo
sul "Kingstonien".
Una motosilurante ora sta arrivando
a zig-zag selvaggio dietro di noi,
tenendoci col suo pezzo sotto il fuoco rapido e cercando sempre di lanciare un siluro. -
Ecco! - spara! La scia di bolle del siluro corre verso di noi.
Potremmo terminare qui il racconto redatto con tono quasi epico dell’impresa dell’UB 48. Ma esso non finisce qui.
Subito dopo la guerra (la Prima)
l’episodio fu ricordato in zona con l’affissione di una targa ancora pervasa
dello spirito di allora e nella quale la cannonata che uccise i civili venne
attribuita ( forse con troppa sicurezza) all’UB 48:
Von allen Seiten funkten Kriegsschiffe, Dampfer antworteten. In meinen Kopfhörern war die Hölle los. Ich hatte rasend zu schreiben. Plötzlich meldet sich die Großfunkstation Capo-Sperone und rasselt ihre Meldungen herunter. Eine davon gefiel mir nach der Entzifferung besonders gut: Der große dem Angriff einer U-Boot-Flottille entflohene Dampfer „Kingstonien“ habe sich in Richtung auf den Hafen Carloforte in Sicherheit gebracht. Ich brachte dem Kommandanten diesen
Funkspruch. „U-Boot-Flottille“, sagte der Alte, Oberleutnant z. S. Steinbauer: „Damit meinen die Brüder unser braves UB 48!“ Carloforte liegt an der Südküste Sardiniens. Ein weiterer Funkspruch besagte, daß hierher sich auch ein anderer großer von einem U-Boot angeschossener Dampfer gerettet habe. UB 48 nahm also Kurs auf Carloforte.
Der Hafen von Carloforte war nur durch zwei lange Wasserarme zu erreichen. Der von Süden war
günstiger, aber durch schwerere Armierung der Ufer gefährlicher. Diesen Weg wählten wir. Doch wie durch die Minensperre kommen? Wir legten uns unter Wasser auf die Lauer und warteten, bis ein Fischdampfer in diesen Südarm einbog, und fuhren in seinem Heckwasser in den Hafen. Der genaue Kurs wurde in die Seekarte eingezeichnet, so konnten wir ohne Gefahr durch Minen und Netze hier aus- und einlaufen, wenn es uns paßte. So weit war die Sache also geglückt. Bei der
Unterwasserfahrt im Hafen beobachtete der Kommandant, daß der Dampfer „Kingstonien“ am Pier lag. So legten wir uns nun gefechtsklar vor die Ausfahrt, um die „Kingstonien“ beim Auslaufen zu erledigen. Sie tat uns diesen Gefallen aber nicht.
Um 3 Uhr morgens drangen wir wieder in den Hafen ein, über Wasser, noch geschützt durch die Dunkelheit, und sahen den Dampfer immer noch mit seinen beiden Schleppern längsseit liegen; genau wie vorher, Bord an Bord, mit einem Torpedo herrlich zu erledigen. Doch wir stahlen uns in der Dämmerung wieder aus dem Hafen, denn noch war kein Büchsenlicht.
Draußen holten wir noch einmal tief Luft, unser Alter spuckte sich in die Hände; dann kam der Clou unserer Vorstellung. —
Da Google earth) |
„Beide Ölmaschinen volle Fahrt voraus!“ Bei der Einfahrt hatte uns kein Poften bemerkt. Wir nehmen Kurs auf die „Kingstonien“.
Unser Boot dreht in Schußrichtung auf sie. „Rohr Achtung — — “ „Rohr los!“
Beide Kommandos fallen faft aufeinander. Zischend verläßt die Stahlzigarre das Rohr, um mit gewaltiger Detonation in der Schiffsmitte, etwa im Maschinenraum, zu landen. In zwei Stücke zerrissen, sinkt das Schiff langsam in das gelbbraune Hafenwasser. Nur der Bug mit einem Geschütz ragt noch kurze Zeit aus dem Wasser. In unserem Geschützfeuer sacken die beiden Seeschlepper in Flammen und Rauch ebenfalls unter die Oberfläche.
Erledigt! Aber im Hafen liegen noch verschiedene Segler. Unsere Granaten Schlagen links und rechts in sie hinein. Überall lodern helle Flammen empor.
Nun aber wacht der Feind auf. Die an der Ausfahrt liegenden Forts und die Molenbatterien schießen wie toll; im Augenblick sind wir von einem Hagel von Geschossen eingedeckt. Nur gut, daß die lieben Leute ihre eigenen Geschoßaufschläge verwechselten. In der Erregung schoß jede Batterie zu weit; denn die gegenüberliegende Batterie dachte, nach den nach ihrer Seite zu liegenden Wasserfontänen zu urteilen, sie schösse zu kurz, und stellte daraufhin das Visier noch weiter ein.
Unser Geschützmann, wir alle, arbeiten rasend. Die zentnerschweren Granaten werden aus dem Boot durchs Luk von Hand zu Hand gemannt. Das Geschützrohr ist glühend heiß, nicht zum anfassen.
Granaten auf die Schiffe, Schrapnells auf die Forts und Batterien. In jede Ecke schießt unser Geschützführer.
Il porto di Carloforte (da Google Earth) |
Ein Motortorpedoboot fährt jetzt in wilder Zickzackfahrt hinter uns her, hält uns mit seinem Geschütz unter Schnellfeuer und versucht dabei immerzu einen Torpedoschuß anzubringen. — Da! — er schießt! Die Blasenbahn seines Torpedos rast auf uns los.
Hart Steuerbord!“ Das Geschütz schwenkt mit, eine 10,5 cm-Granate ihm ins Gesicht.
Schade um die Schöne Kommode, damit hätte die tapfere Besatzung noch manche Spazierfahrt machen können!
„Mittschiffs das Ruder!“ Das dampfende Kanonenrohr setzt schon wieder das nächste Schrapnell in die zunächst liegende Molenbatterie. Wir sind an der Hafenausfahrt angelangt. Das Wasser ist tief genug zum Tauchen. Jetzt verstärkt sich das feindliche Feuer noch durch die Strandbatterien. Uns wird mulmig!
„Auf Tauchstationen, Schnelltauchen!“ Wir sacken weg wie ein Stein. Erst während des Tauchmanövers sind die Ölmaschinen ausgekuppelt, die elektrischen Maschinen zur Unterwasserfahrt eingeschaltet. Der Schweiß bricht in Strömen aus den Poren, obwohl alles nur wenige Sekunden dauert.
Da brüllt es durch das Boot: „E-Maschinen springen nicht an!“ Eisiger Schreck jagt jedem durch die Knochen.
Langsam sinken wir weiter. Totenstille im Boot. Ich höre sogar das Tropfen der Wandfeuchtigkeit. — Dann die ruhige Stimme des Kommandanten: „Preßluft auf alle Tanks, Geschützbedienung an Deck!“
Die erste Granate heult schon wieder aus unserem Geschützrohr, mischt sich mit dem Hexensabbat der feindlichen Kanonade. Schießen, schießen, schießen!
Die Luft bebt von den Explosionen. In unzähligen Fontänen zischt das Wasser empor. Die Hölle ist los!
Da, nicht zu hören, aber von jedem verstanden, kommt der Bescheid aus dem Boot: „E-Maschinen wieder in Ordnung!“
„Schnelltauchen!“ Wieder geklemmte Finger, getretene Schienbeine, Ölmaschine aus, elektrische Maschinen eingekuppelt! Aber wir entkommen trotz einem Hagel von Wasser- und Luftbomben.
Dieser Angriff des kleinen U-Bootes UB 48 mit einem kleinen Geschütz auf einen schwerbewaffneten Hafen wurde nach dem Kriege als „Kriegsverbrechen“ bezeichnet. Zeugenvernehmungen haben in ganz Deutschland stattgefunden. Überall dort, wohin uns UB48er das wirre Nachkriegsschicksal verschlagen hatte, erreichten uns die Zustellungen der interalliierten Kommission. Zähneknirschend mußte auch ich Richtern“ gegenüber Zeugnis ablegen. Wir „Täter“ sollten an den Feindbund ausgeliefert werden. Doch als sich ein ganzes Volk dagegenstellte, ging schon ein Ahnen von einer neuen Zeit um. Warum sollte unsere erfüllte Pflicht nicht gleichberechtigt sein der unserer damaligen Feinde?
“Da un convoglio di quattro
piroscafi con scorta armata abbiamo colpito
due piroscafi in circa 20 ore. Un terzo, colpito cui sparammo
col nostro Langrohrgeschütz (cannone a canna lunga) da 10,5 centimetri
affondò.
Dal quarto piroscafo rimase solo
un pesante pennacchio di fumo sospeso sull'acqua notturna.
(da Uboat.net)
Il comandante dell'U 48
Wolfgang Steinnbauer
(da Uboat.net)
|
(da Uboat.net)
Nonostante il suo armamento
pesante, era fuggito, inviando forti
chiamate SOS, che ho disturbato al meglio, ma hanno messo in moto l'etere.
Le navi da guerra sparavano da
tutte le parti, noi rispondevamo. Nelle mie cuffie, l'inferno stava
succedendo. Ho dovuto scrivere furiosamente. Improvvisamente,
la stazione radio Capo Sperone riporta i
loro messaggi. Uno di questi mi è piaciuto dopo averlo decifrato
particolarmente bene: Il grande piroscafo "Kingstonien", sfuggendo
all'attacco di una flottiglia sottomarina, si è messo in salvo in direzione del
porto di Carloforte”. L’ho portato al comandante: “Flottiglia
sottomarina! disse il vecchio tenente S. Steinbauer, "Con questo gli amici (bruder) intendono il nostro buon UB 48!"
Carloforte si trova sulla costa
meridionale della Sardegna.
Un altro messaggio radio diceva che era arrivato anche un altro grande piroscfo scampato ad un sottomarino.
L’UB 48 fa rotta per Carloforte.
L’UB 48 fa rotta per Carloforte.
Il porto di Carloforte era
raggiungibile solo attraverso due lunghi bracci d'acqua. Quello del
sud era più corto, ma più pericoloso (..). Abbiamo scelto questa
rotta. Ma come superare lo sbarramento di mine? Rimanemmo
in attesa sott'acqua e aspettammo che un peschereccio si inoltrasse in questo
braccio meridionale e ci mettemmo sulla sua scia. La rotta esatta è stata
tracciata sulla carta nautica, in modo da poter uscire e entrare senza
pericolo da mine e reti se ci andava bene. Finora la cosa ha
avuto tanto successo. Entrati in immersione nella rada,
il comandante osservò che il piroscafo "Kingstonien" era
al molo. (..) Ci preparammo a sistemare il "Kingstonien" alla
partenza. Lui però non ci ha fatto questo favore.
Alle 3 del mattino rientrammo di
nuovo nel porto, in emersione (uber Wasser !!) ,
ancora protetti dall'oscurità, e vedemmo ancora il piroscafo und
sahen den Dampfer immer noch mit seinen beiden Schleppern längsseit liegen, ancora inclinato con i suoi due rimorchiatori sul lato;(oppure fermo con i suoi due rimorchiatori sul
lato;(e questo conferma il precedente danneggiamento del Kingstonien). Ma
siamo usciti dal porto, perché non c'era ancora luce .
Fuori, abbiamo fatto un altro
respiro profondo (..); poi è arrivato il momento clou della
nostra performance. La prima pallida luce del mattino si alzò. "Pronto
a combattere!" "Ai posti di immersione e di combattimento!" Tutta la stanchezza
è scomparsa con un colpo. I compagni manovrano munizioni sul ponte, i
motori funzionano bene (..).
Caratteristiche tecniche dell'UB48 (da Uboat.net) |
La nostra imbarcazione si mette in
direzione di fuoco. "tubo (Rohr= siluro?) pronto" "Via!"
Entrambi i comandi
coincidono. Sibilando, il sigaro d'acciaio lascia il tubo per colpire con
una potente detonazione nel mezzo della nave, diciamo nella sala
macchine. Spezzata in due pezzi, la nave affonda lentamente
nell'acqua giallo-marrone del porto. Solo la canna di un cannone si
distingue per un breve periodo fuori dall'acqua. Sotto i nostri colpi
entrambi i rimorchiatori sono in fiamme e fumo.
Controllare! Ma nel porto
sono ancora diversi natanti. Le nostre granate li hanno colpiti a
destra e sinistra. Ovunque fiamme luminose si stanno accendendo.
Ma ora il nemico si
sveglia. I forti e le batterie del molo all'uscita sparano
come matti; siamo coperti da una grandinata
di proiettili. Fortunatamente (..) nell’ emozione ogni
batteria tira troppo lontano, perché la batteria opposta pensò,
a giudicare dalle fontane d'acqua che cadevano a fianco,
che stava tirando troppo corto e quindi aggiustò ulteriormente il
tiro .
Tutti noi, stiamo lavorando
furiosamente. Le granate da cento vengono passate
dall’interno attraverso il portello di mano in mano. La canna
del cannone sta bruciando, così calda che non si può toccare.
Granate sulle navi, schegge sui
forti e batterie. In ogni angolo spara il nostro cannoniere.
I successi dell'UB48 fra il 26 apprile e il 5 Maggio 1918 (da Uboat.net ) |
"tutto a dritta!" Il
cannone si gira (..) !
" Timone al centro !" Nelle
canna fumante del cannone c’è il prossimo shrapnel per la batteria successiva
del molo.
Siamo arrivati all'uscita
del porto. L'acqua è abbastanza profonda per
le immersioni. Ora il fuoco nemico è ancora amplificato dalle
batterie da spiaggia. (..)
"Ai posti di immersione.
Immersione rapida!" Affondiamo via come un sasso. Solo durante
la manovra di immersione, i motori termici vengono disimpegnati, si passa ai motori
elettrici. Il sudore fuoriesce dai pori, anche
se richiede solo pochi secondi.
Poi un grido attraverso l’imbarcaziomne:
"I motori elettrici non partono !" Lo spavento
ghiacciato invade le ossa di tutti.
Continuiamo lentamente ad
affondare. Silenzio mortale nello scafo. Sento persino il
gocciolamento dell'umidità del muro. - Quindi la voce calma del
comandante: "aria compressa su tutti i serbatoi, operatori del
cannone sul ponte!" Il sottomarino
emerge, in piena rada!
La prima granata ulula di nuovo
dalla nostra canna della pistola, si confonde con il sabba (Hexensabbat!) delle cannonate nemiche. Spara, spara, spara!
L'aria scuote le
esplosioni. In acqua innumerevoli fontane, sibili. L'inferno!
Poi, dall’interno: "Motori
elettrici pronti!"
"Immersione rapida!"
Ancora dita serrate, stinchi calciati, olio fuori dai motori, motori
elettrici innestati! Ma fuggiamo nonostante una grandine di
acqua e bombe aeree ”.
Potremmo terminare qui il racconto redatto con tono quasi epico dell’impresa dell’UB 48. Ma esso non finisce qui.
C’è ancora una parte, pervasa di
tristezza.
E’ la parte della "vendetta" dei vincitori contro i vinti:
non sarà l’ultima volta…
La
riporto integralmente
„Dieser Angriff des kleinen U-Bootes UB 48 mit
einem kleinen Geschütz auf einen schwerbewaffneten Hafen wurde nach dem Kriege
als „Kriegsverbrechen“ bezeichnet. Zeugenvernehmungen haben in ganz Deutschland
stattgefunden. Überall dort, wohin uns UB
48er das wirre Nachkriegsschicksal verschlagen
hatte, erreichten uns die Zustellungen der interalliierten Kommission.
Zähneknirschend mußte auch ich Richtern“
gegenüber Zeugnis ablegen. Wir „Täter“ sollten an den Feindbund ausgeliefert
werden. Doch als sich ein ganzes Volk dagegenstellte, ging schon ein Ahnen von
einer neuen Zeit um. Warum sollte unsere erfüllte Pflicht nicht
gleichberechtigt sein der unserer damaligen Feinde?“
E in una traduzione un poco libera:
“Questo attacco del piccolo sottomarino UB 48 con una piccola arma
su un porto pesantemente armato divenne dopo la guerra come un "crimine di
guerra". Le udienze dei testimoni hanno avuto luogo in tutta la Germania.
Ovunque il destino confuso del
dopoguerra aveva sparpagliato (verschlagen hatte ) noi del UB48, ci ha
raggiunto la notifica (Zustellungen ) della Commissione Interalleata. Anch’io ho dovuto a malincuore ( o stringendo i denti=
Zähneknirschend mußte auch ich) testimoniare ai giudici. Noi "colpevoli" dovremmo essere estradati al
nemico. Ma quando un'intera nazione si è opposta, (..) perché il nostro
dovere non dovrebbe essere uguale a
quello dei nostri nemici di allora”?
Già, perche?
Forse perché in guerra chi perde ha
sempre torto?
Il combattimento contro il Kingstonian in un quadro di Willy Stower (1864-1931) (dal Web) Ndel cerchio l'UB 48 |
************************************
All’alba del 29 aprile 1918 un sommergibile tedesco,
comandato dal Tenente Steinhauer,
sparava cinque colpi contro l’abitato.
Qui uccideva Angela Novella e Giuseppina Nanni.
Ricordalo a eterna infamia
comandato dal Tenente Steinhauer,
sparava cinque colpi contro l’abitato.
Qui uccideva Angela Novella e Giuseppina Nanni.
Ricordalo a eterna infamia
(neretto mio)
La targa fu poi tolta in periodo fascista, quando i nemici
di allora divennero amici.
Recentemente l’episodio, a poco a poco dimenticato, è stato
ricordato a Carloforte con un libro (P. Marcias, UB 48 Carloforte 1918. Un episodio di guerra quasi sconosciuto, Askos
2001) e una manifestazione
(v. https://www.isoladisanpietro.org/fatti/incursione_tedesca.htm,)
Nell’occasione, durante la festa
patronale di San Pietro Apostolo, è
stata anche collocata la seguente targa:
All’alba del 29 aprile 1918, nel balcone soprastante,
per una cannonata, durante il combattimento
fra il sommergibile tedesco Ub-48
e navi inglesi all’ancora,
trovavano la morte Mariangela Novella di 59 anni di Carloforte
e Giuseppina Nanni di 29 anni di Iglesias.
Possano le armi tacere ed i popoli vivere in pace.
per una cannonata, durante il combattimento
fra il sommergibile tedesco Ub-48
e navi inglesi all’ancora,
trovavano la morte Mariangela Novella di 59 anni di Carloforte
e Giuseppina Nanni di 29 anni di Iglesias.
Possano le armi tacere ed i popoli vivere in pace.
(neretto mio)
L’evidente “cambio di tono” ( e la
maggior prudenza storica) non può che essere sottolineato con soddisfazione e compiacimento: dopo oltre un secolo l’augurio
che possano le armi tacere e i popoli vivere in pace non può che essere
condiviso nel profondo dei nostri cuori
e nelle nostre azioni, nella speranza che la pietas cristiana si allarghi
a tutti i caduti di tutte le guerre.
Per maggiori informazioni:
Werner v. Langsdorff, U boote am feind. 45
deutsche U boot fahrer, p. 275 UB48
im Hafen von Carloforte Von Johannes Schwabe;
P. Marcias, UB 48 Carloforte 1918. Un episodio di guerra quasi sconosciuto, Askos
2001, (purtroppo non sono riuscito a trovarlo e leggerlo. Se chi può leggerlo riscontrasse inesattezze nella mia ricostruzione, please comunicatemelo. Grazie).
G. Loi, Antiochensi nella
leggenda del Piave (in http://doczz.it/doc/776081/premessa-dell-autore---comune-di-sant-antioco (pp.146-148)
https://www.isoladisanpietro.org/fatti/incursione_tedesca.htm
NOTE
La tomba di Giuseppina Nanni nel cimitero di Iglesias (si ringrazia Fabio Fois) |
Il Kingstonian (dal Web) |
[ 1) Wolfgang Steinbauer, nacque a Strasburgo in Alsazia il 6 maggio 1888. Prese il comando del UB-48 dall’11 giugno 1917 al 28 ottobre 1918 col grado di Kapitänleutnant. Fu decorato di 3 Croci di Ferro e “Pour le Mérite”, più altre decorazioni. Morì a Koln il 27 giugno 1978.
Successi 50 navi affondate per un totale di 172.771 GRT 1 nave da guerra affondata per un totale di 11.100 tonnellate 11 navi danneggiate con un totale di 42.080 GRT 1 nave da guerra danneggiata per un totale di 18.400 tonnellate |
[2] )
Particolarmente drammatica fu la sorte di questo ufficiale: sopravvissuto alla
I G. M., “ at the beginning of Word War II Heimburg was a judge at the
Reichskriegsgericht. Until 1943, when
he was retired, Heimburg served in Bremen .
In 1944 he was selected to sit on the Peoples court a Nazi special court.
Despite the fact that he was now retired, in March 1945 Heimburg was
apprehended by the Soviets and died in a POW camp near Stalingrad in 1945. ovvero “all'inizio della II G.M. , Heimburg era un giudice
al Reichskriegsgericht . Fino al 1943, quando era in pensione, Heimburg
prestava servizio a Brema. Nel 1944 fu scelto per sedersi alla Corte
Popolare , una corte speciale nazista. Nonostante fosse ora in
pensione, nel marzo del 1945 Heimburg fu arrestato dai sovietici e morì in
un campo di prigionia vicino a Stalingrado nel 1945”.
Leonello Oliveri
Proprietà letteraria riservata
Riproduzione vietata