mercoledì 20 dicembre 2023

Nemesis at Potsdam: "Pulizia etnica" in Germania dopo la II Guerra Mondiale

 Leonello Oliveri

Sto leggendo un libro sulla II G. M., o meglio, su alcuni “effetti collaterali” della II G. M.: Nemesis at Potsdam. The Anglo-Americans and the Expulsion of the Germans Background, Execution, Consequences, di Alfred M. De Zayas, ed. Routledge , London 1977.
(Nemesi a Potsdam. Gli angloamericani e l'espulsione dei tedeschi: Contesto, esecuzione, conseguenze)

 Il libro racconta, con slancio  partecipato, un periodo non molto noto della storia tedesca, quella che l'autore definisce la Nemesis "which followed upon Adolf Hider's genocidal imperialism" , cioè la "punizione" che colpì il popolo tedesco chiamato a scontare, dopo la guerra, tutte le colpe del nazismo, i campi di concentramento e di sterminio, il lavoro coatto, le deportazioni e le esecuzioni di massa, i  crimini di guerra. 

E la "punizione" fu anche l’espulsione dai territori che occupavano da secoli e che furono sottratti alla Germania dopo la I G M: forse 15 milioni di persone dovettero abbandonare Prussia Orientale, Pomerania, Brandeburgo, Slesia Danzica, Memel (Lituania) e decine di altri piccoli insediamenti in tutta l’Europa orientale. Impossibile stabilire quanti morirono di freddo, fame, stenti, mitragliamenti e deportazioni durante o in seguito alle caotiche fasi di quella che potremmo definire una "pulizia etnica" protrattasi fino al 1949.

Erano tutti colpevoli? Alcuni di questi "Volksdeutschewere ", tedeschi dell'est, (scrive C. M. Barber nell'introduzione ad un altro libro di Zayas sullo stesso argomento) "hell-bent to become junior partners in the Aryan master race and did all they could to deliver their communities as a fifth column for the Nazis" (erano determinati a diventare partner minori della razza superiore ariana e fecero tutto il possibile per consegnare le loro comunità come quinta colonna per i nazisti). Molti, però, "were indifferent to politics-farmers in East Prussia and the Romanian Banat, coal miners in Silesia. They were like ordinary people anywhere", "erano indifferenti alla politica: contadini nella Prussia orientale e nel Banato rumeno, minatori di carbone in Slesia. Erano come le persone comuni ovunque".


L’autore si chiede “cosa ha portato le potenze occidentali ad autorizzare una politica che non avrebbe potuto recar loro alcun vantaggio diretto? Gli unici beneficiari della politica di espulsione furono infatti gli Stati espulsori, (Russia ma anche Polonia e Cecoslovacchia) che confiscarono proprietà tedesche per miliardi di dollari e annessero oltre un quarto del territorio del vecchio Reich”.


A questa domanda, che non ha risposta, a questo dramma della storia, è dedicato il libro di cui intendo parlare.

Un dramma che ha radici lontane, esattamente come la II G. M., che non fu certo causata dall’invasione tedesca della Polonia: già Polibio faceva distinzione tra cause (aitiai) e pretesti (profasis) (1). 

Il libro ripercorre le tappe di quelle che furono fra le radici (o i pretesti) della II GM: “Prima della prima guerra mondiale non esistevano minoranze tedesche problematiche in Europa, poiché la maggior parte dei tedeschi viveva all’interno del Reich di Bismarck o dell’Impero austro-ungarico”.

Ampie e scontente minoranze tedesche furono infatti il risultato dei trattati di Versailles e St Germain, “che troppo spesso non riuscirono ad applicare il principio di nazionalità  nel ridisegnare le frontiere europee del dopoguerra”.

Nel ’19 col Trattato di St. Germain venne decisa la ripartizione del dissolto Impero Austro Ungarico con la creazione della Repubblica Austriaca: l' Impero fu smantellato e furono istituiti nuovi stati slavi e magiari. E così, scrive l’autore, “cinque milioni di austro-tedeschi rimasero irredenti all'interno della Cecoslovacchia, della Polonia, Italia, Jugoslavia e Ungheria”-

 

Territori tolti all'Impero Austroungarico
dopo la Ia Guerra Mondiale

Poi il Trattato di Versailles ridusse il territorio del Reich tedesco, sottraendogli “27.000 miglia quadrate e assegnando questi territori a Francia, Belgio, Danimarca e Polonia”.

Ulteriore problema creato allora dagli imprevidenti legislatori fu  la “separazione senza plebiscito delle province di Posen e della Prussia occidentale e l'assegnazione alla Polonia di parti dell'Alta Slesia per decisione della Società elle Nazioni” Ciò avrebbe lasciato una minoranza tedesca di circa 2 milioni di persone all’interno del neonato stato polacco: una mina a tempo!

Non sempre, nei decenni tra le due guerre, ricorda l'autore, queste minoranze furono trattate con rispetto e equanimità: e, scrive, “con radici che a volte risalgono al Medioevo, le minoranze tedesche di Polonia e Cecoslovacchia  mal sopportavano di essere trattate come intrusi o come stranieri indesiderabili”. In particolare dopo il Trattato di  Alleanza del marzo '39 tra Regno Unito e Polonia in questo paese la situazione della minoranza tedesca peggiorò tragicamente.

Quando in Germania si affermò il nazismo, fu in qualche modo ovvio il desiderio di unire i territori ex tedeschi e queste minoranze al Terzo Reich, ricostituendo l’integrità territoriale tedesca. Il metodo fu l'annessione e la conquista militare. Questa "riunificazione" alla Germania nel '38 ( e durante la guerra) comportò a sua volta l'espulsione, la deportazione, talvolta anche  l'eliminazione di quei gruppi (ebrei, polacchi, cechi) che nella nuova Germania risultavano minoranze: prodromi per future sofferenze. 
Poi ci fu la guerra, le invasioni (lo Stato polacco fu in pratica dissolto), i crimini, infine la sconfitta e l' inevitabile resa dei conti, che a volte assunse la fisionomia della punizione generalizzata: trasferimento forzato della popolazione come mezzo per eliminare permanentemente “l’odiato problema delle minoranze” sradicando le minoranze stesse, espulsione che si allargò anche “alla popolazione indigena dei territori prettamente tedeschi come la Prussia orientale, la Pomerania, il Brandeburgo e la Slesia "(2). 

 Il  libro ripercorre tutte le complesse manovre e trattative diplomatiche svolte durante la guerra per la definizione e soluzione “quantitativa” del problema scaturito da quella che fu probabilmente la più cocente (e non pienamente avvertita) sconfitta degli alleati  nella modulazione del post- guerra: la loro incapacità di fronteggiare le pretese di Stalin: inglobare metà della Polonia fino alla linea Curzon con la conseguente  “necessità” di risarcire la Polonia stessa allargando il suo territorio  a spese della Germania fino alla linea Oder-Neisse.

Territori tolti alla Germania dopo la Ia Guerra Mondiale


Alla Polonia furono quindi dati a spese della Germania accessi territoriali nel nord (Prussia orientale e Danzica) e nell'ovest (Alta Slesia). Per evitare di creare una grande minoranza tedesca lasciandola all’interno delle nuove frontiere della Polonia, gli alleati occidentali concordarono in linea di principio che “ i tedeschi nativi avrebbero dovuto essere trasferiti all’esterno”.

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IL  DRAMMA  DELLE  ESPULSIONI

L’espulsione/esodo delle popolazioni tedesche dai territori dell’est, e poi dalla Polonia e Cecoslovacchia, ebbe due fasi: una nel corso della guerra, da gennaio a maggio ‘45 (prevalentemente dai territori germanici dell’est: ma i tedeschi del Volga erano già stati deportati in Siberia e Kazakistan nel ’41) e una dopo la guerra, fino al 1949, anche dai territori polacchi e cecoslovacchi. 

Prima fase: la fuga

Nell’ottobre del 1944 l’Armata Rossa nel corso della sua avanzata verso Berlino, conquistò la cittadina di Nemmersdorf nella Prussia dell’Est. Con una controffensiva locale le truppe tedesche riuscirono a riprendere il villaggio

, trovandosi però di fronte ad uno spettacolo terribile: abitanti massacrati, donne violentate e uccise, perfino un gruppo di ex prigionieri francesi uccisi dalle truppe sovietiche. I tedeschi inviarono sul posto osservatori neutrali per documentare la strage.
Le notizie si diffusero, spandendo il panico tra la popolazione ( e spingendo le truppe ad una resistenza disperata (3).

Quando nel gennaio del 1945 le truppe sovietiche ruppero le difese tedesche nella zona e iniziarono a dilagare, si sparse il terrore tra i civili terrorizzati dalle violenze  di quelle truppe, provenienti dagli estremi confini orientali dell’ URSS.

Migliaia di rifugiati tedeschi si ammassarono sulla costa baltica nella speranza di sfuggire ai massacri e alle violenze, in particolare sulle donne, documentati con immagini terrificanti nei cinegiornali tedeschi nel desiderio di mostrare al mondo la brutalità dei "bolscevichi". Il Reich stava collassando nei territori dell’Est, l’unica speranza di salvezza restava la fuga via mare dal porto di Danzica e da quelli vicini, verso occidente.

 Iniziò l’esodo: “Nonostante le strade dissestate e il tempo inclemente, decine di migliaia di civili tedeschi iniziarono a spostarsi verso ovest verso la fine dell’autunno del 1944, soprattutto dopo che furono conosciuti gli eventi dell’occupazione russa a Nemmersdorf. Le evacuazioni furono effettuate in gruppi di veicoli, per lo più trainati da cavalli, che presero il nome di “trekking” dai boeri sudafricani (..) Il percorso attraverso strade ghiacciate e bufere di neve accecanti non era facile. I cavalli scivolavano costantemente e i carri spesso si rompevano. Il cibo per gli sfollati e il latte per i bambini erano insufficienti. Mentre le prime evacuazioni avevano ancora offerto ai profughi la possibilità di pernottare nei villaggi lungo la strada verso ovest, le evacuazioni successive mostrarono sempre più un carattere di “sauve qui se peut”. Gli attacchi di aerei a bassa quota contro le colonne di profughi divennero un pericolo sempre presente, anche se per la maggior parte del tempo non c'erano obiettivi militari intorno ai profughi”.


“Uno dei capitoli peggiori della fuga fu la pericolosa traversata della baia coperta di ghiaccio che separa la costa interna dalla stretta penisola di Pillau sul Baltico. I rifugiati arrivarono in numero sempre maggiore, soprattutto da Konigsberg e Gumbinnen a est e da Heiligenbeil e Allenstein più a sud. Faceva un freddo pungente lungo tutta la costa,: il ghiaccio era spesso, ma non abbastanza da sostenere i pesanti carri che lo attraversavano. Circa quindici miglia separavano la costa interna di Kalholy e Balga dalla stretta lingua del Baltico, e poiché l'Haff era ghiacciato, le navi di soccorso non potevano entrare per evacuare i profughi dalla costa interna. Divenne necessario continuare il trekking, in parte sul ghiaccio, in parte nell'acqua gelata, fino alla penisola e al mare esterno.

A volte erano necessarie sei o otto ore per attraversare il ghiaccio. L'esaurimento e l'esposizione hanno avuto un prezzo elevato, soprattutto tra i più giovani e gli anziani. I bambini congelavano e venivano lasciati dalle madri sul ghiaccio, le donne anziane cadevano dai carri - morte. Ma il tocco macabro fu aggiunto anche dagli aerei russi che volavano a bassa quota, che mitragliarono senza pietà i rifugiati e bombardarono il ghiaccio, tanto che molti carri affondarono nel ghiaccio rotto e scomparvero nelle acque(..) .. Successivamente, nel febbraio 1945, il ghiaccio divenne più sottile a causa delle temperature più calde e gli spazi vuoti nel ghiaccio causati dai raid aerei non si chiudevano abbastanza da resistere ai pesi che si muovevano su di essi. Attraversare l'Haff era diventato ancora più pericoloso, ma la sacca dietro ai profughi si chiudeva e l'arrivo dell'Armata Rossa era imminente.
L'arrivo sulla costa, tuttavia, non equivaleva affatto a raggiungere la salvezza, poiché i raid aerei continuavano a causare pesanti perdite tra i profughi. Naturalmente nel porto di Pillau c'erano obiettivi militari, come ce ne sono in ogni porto.
D’altro canto, è difficile intravedere una sufficiente necessità militare che possa avere giustificato il costante bombardamento aereo di un porto da cui venivano evacuate decine di migliaia di profughi. Il principio di proporzionalità sembrerebbe indicare che la perdita di vite umane era troppo elevata rispetto al vantaggio militare ottenibile. Tecnicamente, ovviamente, i raid aerei su Pillau non costituirono crimini di guerra, ma non si può fare a meno di osservare che qui furono commessi gravi atti disumani che avrebbero potuto essere facilmente evitati senza alterare la conclusione della guerra”.
 

Arrivati finalmente sulla costa, si poneva il problema di completare l’evacuazione via mare verso la  Germania e la Danimarca.

Così nel  gennaio del 1945, mentre  le unità sovietiche penetravano all’interno della Prussia Orientale, avanzavano verso il mare in Pomerania e più a sud, nel Brandeburgo, raggiungevano la zona di Kustrin a soli 80 km da Berlino, grazie all’intervento dell’ammiraglio Karl Dönitz   scattò  l’operazione “Hannibal”, il trasbordo via nave  di circa due milioni di persone.  Sebbene sia impossibile determinare con precisione il numero effettivo degli sfollati, è noto il numero delle navi perdute ed è stata fatta una stima plausibile del numero delle vittime. Circa 2  milioni di civili e soldati (soprattutto feriti) furono evacuati fino al maggio 1945. Tra le 20.000 e le 25.000 persone, circa l'1% degli sfollati, morirono quando le loro navi furono silurate dai sottomarini sovietici o affondate dal cielo. L’operazione fu probabilmente tra i maggiori successi di evacuazione di massa in tempo di guerra della storia, facendo impallidire la memorabile evacuazione di Dunkerque da parte della Marina britannica nel maggio 1940: ma i carri russi non rimasero immobili come quelli tedeschi  nel ’40: “ Tale operazione consisteva nell’evacuazione via mare di truppe e civili dalla Curlandia, dalla Prussia Orientale e dal Corridoio polacco durante l’avanzata dell’Armata Rossa. Mentre i soldati del Reich cercavano di mantenere il controllo delle vie di fuga da Konigsberg, la Marina provava a salvare il maggior numero possibile di vite da Pillau, Danzica e Gdynia. L’operazione fu nel complesso un successo, nonostante le numerose perdite: vennero infatti tratte in salvo quasi due milioni di persone, a quelle latitudini e con condizioni meteorologiche estreme, con vento e neve che sferzavano i mari in cui galleggiavano blocchi di ghiaccio. La più grande evacuazione navale della storia fu un successo della macchina di soccorso tedesca”.

L'affondamento del Wilhelm Gustloff , il "Titanic di Hitler"
in un quadro di V. Kosoff)

 Alcune di queste navi, cariche di profughi in fuga, furono affondate da sottomarini russi. Tra loro i transatlantici Wilhelm Gustloff e  General von Steuben. Furono i più gravi disastri della marineria mondiale, ben peggiori dell’affondamento del Titanic: la Gustloff era stipata con un numero enorme di profughi, fra le 6 e le 9000 persone: si salvarono in 900, mentre della Steuben su più di 4000 persone i sopravvissuti furono poco più di 600.

A queste navi affondate da un sottomarino russo si devono
L' Arcona in fiamme dopo l'attacco inglese

aggiungere la Cap. Arcona, la Thielbek, la Deutscland: tutte navi civili, affondate da aerei inglesi (4): Persero la vita tra le 7.000 e le 8.000 persone, tra cui molti prigionieri dei campi di concentramento che erano stati stipati a bordo .
Tutti ricordano il Titanic, ma pochi ricordano queste tragedie.

Seconda fase: pulizia etnica

Terminata la guerra, ebbe inizio la seconda fase delle espulsioni: una “pulizia etnica” che coinvolse milioni di persone che da secoli risiedevano nelle regioni storiche della vecchia Prussia, dalla Pomerania ( con Danzica, patria del filosofo tedesco Schopenauer) ai Sudeti (tolti ai tedeschi nel ’18 e ridati con l' accordo di Monaco del 1938) (5), Brandeburgo, Prussia orientale, Slesia fino all’estremo nord tedesco di Konisberg (oggi enclave russa di Kalinograd), la patria del filosofo Kant e dello scrittore Hoffmann.
All’inizio della guerra non si pensava a disgregare una Germania sconfitta: il 9 febbraio 1940 Churchill aveva dichiarato: “Siamo contrari a qualsiasi tentativo esterno di disgregare la Germania. Non cerchiamo l’umiliazione o lo smembramento del vostro Paese. Desideriamo con tutto il cuore darvi il benvenuto senza indugio nella collaborazione pacifica delle nazioni civili” (6). Poi però l’incrudelirsi dello scontro aveva cambiato la situazione, “la lotta contro l'Asse assunse il carattere di una crociata con gli inconfondibili simboli delle spedizioni punitive”, scrive il nostro autore.
Il 15 marzo 1943, il ministro degli Esteri britannico Eden discusse apertamente il problema delle frontiere polacche del dopoguerra. In un memorandum Harry Hopkins (consigliere politico del Presidente Roosevelt) riguardo il destino futuro (o meglio, le frontiere future) della Polonia disse:

 




La Polonia vuole la Prussia orientale e sia il presidente che Eden (Anthony Eden, ministro degli Esteri inglese durante la guerra) concordano sul fatto che la Polonia dovrebbe averla. Eden ha detto che i russi in privato sono d'accordo con questo, ma non sono disposti a dirlo ai polacchi perché vogliono usarlo come strumento contrattuale nella Conferenza di pace”.

E così in seguito all’applicazione del Trattato di Potsdam del luglio ’45, quando fu definita la “gestione” della vittoria sulla Germania, fu deciso che tutta la popolazione tedesca presente nei territori divenuti polacchi, in Cecoslovacchia e Ungheria, dovesse essere espulsa e assorbita in Germania.

 Per quanto concerne  la Russia già alla conferenza di Teheran (dal 28 novembre al 1° dicembre 1943), Stalin aveva chiarito che l’Unione Sovietica avrebbe mantenuto quella metà della Polonia ( 70000 miglia quadrate) che aveva inghiottito in seguito al patto Ribbentrop-Molotov nel settembre 1939, ovvero fino alla cosiddetta “linea Curson”. Né Churchill né Roosevelt opposero molta resistenza al proposto scambio di terre: “Personalmente”, ricordò Churchill, “pensavo che la Polonia potesse spostarsi verso ovest, (..). Se la Polonia pestasse i piedi ad alcuni tedeschi, ciò non potrebbe essere evitato".

La Gran Bretagna era entrata in guerra ( si disse) per garantire l’integrità territoriale della Polonia contro gli attacchi tedeschi: “ Fu più che imbarazzante per la Gran Bretagna in seguito sostenere un accordo di pace che sancisse l’annessione di metà del territorio polacco prebellico a est ” ma di fronte alle richieste di Stalin bisognava da un lato cedere e dall’altro salvare la faccia davanti alla Polonia: gli alleati occidentali preferirono risarcire la Polonia a spese del nemico comune, la Germania. I princìpi furono così sacrificati all’opportunità politica e da questa conferenza emerse una soluzione che colpirà direttamente milioni di persone.

 

In compensazione, alla Polonia furono quindi dati a spese della Germania aumenti territoriali nel nord (Prussia orientale e Danzica) e nell'ovest (Alta Slesia) fino alla linea Oder Neisse. Altri territori finirono alla Cecoslovacchia, Ungheria, Iugoslavia. In tutto circa 16 milioni (7) di persone, soprattutto donne, vecchi, bambini , costretti a fuggire da un giorno all’altro, privati di tutto, dalle fattorie agli animali, ai beni personali. (8)  La Polonia fu “messa su ruote” e spostata di 150 km. a ovest ( con corrispettivo spostamento della popolazione dei territori passati alla Russia).

Lo “spirito” che aveva animato dopo la I G.M. il presidente Wilson
era stato distrutto: nel suo memorabile discorso del febbraio 1918, davanti alle Camere riunite del Congresso, aveva enunciato i principi morali che avrebbero dovuto governare un’Europa uscita dalla guerra: «i popoli e le province non devono essere barattati di sovranità in sovranità come se fossero semplici beni mobili e pedine di un gioco, anche il grande gioco, ora scartato per sempre, dall'equilibrio del potere”: nel luglio del ’43 il suo successore Roosevelt] era invece “d’accordo con il trasferimento delle popolazioni minoritarie dalla Prussia orientale dalla Transilvania e dalla Cecoslovacchia”.

In teoria le espulsioni avrebbero dovuto essere effettuate “in modo ordinato e umano”, in pratica si trattò di una sbrigativa e caotica  “pulizia etnica” su donne, vecchi, bambini.

Abbiamo iniziato questa guerra con grandi motivazioni e alti ideali. Abbiamo pubblicato la Carta Atlantica e poi vi abbiamo sputato sopra, l'abbiamo calpestata, l'abbiamo bruciata per così dire sul rogo, e ora di essa non è rimasto più nulla" (9). 
E se "l'indifferente disprezzo di Stalin per i diritti dei singoli tedeschi colpiti dai trasferimenti di popolazione" può forse essere comprensibile "nel contesto dell’odio sovietico verso la macchina da guerra nazista" che tante sofferenze,  devastazioni, uccisioni indiscriminate    aveva causato nei territori sovietici,  "ciò che non è comprensibile, come scrisse Henry Lane, The Ukrainian Quarterly, XXXVII, 2, 181, "è il motivo per cui la Gran Bretagna e gli Stati Uniti non si sono resi conto dell’ingiustizia inflitta ( con le espulsioni dopo la guerra) a milioni di persone".

TERZA  FASE:  UN NUOVO  DURO   INIZIO

Finalmente i sopravvissuti raggiunsero il territorio tedesco, diviso fra le quattro potenze vincitrici.
Ma non fu la fine delle loro sofferenze, anzi. La Germania era distrutta. Le poche industrie rimaste o venivano smantellate e consegnate come "riparazione" ai 18 (!) stati che pretendevano i danni di guerra dalla Germania, o venivano fatte saltare: le fabbriche di fertilizzanti, perché teoricamente avrebbero potuto produrre esplosivi, quelle di cemento perché avrebbe potuto essere usato per fortificazioni, perfino i pescherecci perché.. avrebbero potuto teoricamente essere convertiti in.. dragamine. Perfino  la  Diana, famosissima  fabbrica che produceva i fucilini ad aria compressa (i "flobert") che molti di noi hanno usato da ragazzi) fu smontata e trasferita in Francia perché... produceva armamenti: la Germania doveva essere disarmata. "Gli americani, scriveva nel 1949 Freda Utley in The High cost of Vengeange, furono portati a credere che la
Lo smantellamento delle fabbriche
demolizione delle fabbriche non significasse altro che il disarmo della Germania; Fino a poco tempo fa i loro giornali li lasciavano all’oscuro del fatto che lo smantellamento e le restrizioni imposte alla produzione tedesca privavano milioni di tedeschi di ogni ragionevole opportunità di vita". La stessa fonte ci ricorda che (p.56) " (..) 
 Secondo i dati forniti dal Governo Militare Inglese ( 6 febbraio, 1949)su un totale di 598.000 tonnellate di macchinari e altri materiali prelevati dalle fabbriche tedesche, erano state consegnate 163.896 tonnellate alla Russia, 18.618 tonnellate alla Cecoslovacchia, 1.789 all'Albania e  55.135 alla Jugoslavia". 

La situazione era ulteriormente complicata dalla "denazificazione" che aveva allontanato dal lavoro, specie amministrativo quanti in qualche modo coinvolti col partito Nazionalsocialista, sostituendoli spesso con incapaci: "la denazificazione stava causando disagi paralizzando i servizi essenziali, scrisse nel suo diario il gen. Patton (cui fu affidato il controllo militare della Baviera a guerra finita).(..) Troppi amministratori qualificati, venivano rimossi e venivano messi in carica troppi funzionari inesperti e inefficienti" (..). Denazificazione  vorrà anche dire che decine di migliaia di funzionari e veterani delle forze armate,  considerati in qualche modo coinvolti col partito Nazionalsocialista, verranno privati a lungo di ogni aiuto statale, compreso il  diritto alla previdenza sociale, che verrà ripristinato per loro solo nel 1951 (Alfred-Maurice de Zayas,, A Terrible Revenge: The Ethnic Cleansing of the East European Germans, 1944-1950  NY 1994, p. 130) 

Le abitazioni, poi, nelle città bombardate dagli Alleati, erano distrutte al 90%. Le rimaste, le migliori, erano occupate -sfrattando i tedeschi-  dalle autorità di occupazione o dai numerosissimi liberati dai campi di concentramento, spesso animati da spirito di rivalsa e di vendetta. Dove sistemare i milioni di profughi? E come nutrirli?
Pochi storici si sono occupati di questa altra pagina nera. Un libro di un autore inglese è al riguardo illuminante: si tratta di The Record of Visit in Darkest Germany di Victor Gollancz, stampato a Londra nel '47 .
Victor era un giornalista che nell' autunno del '46 aveva visitato il settore inglese della Germania occupata, lasciandoci una testimonianza (anche fotografica) impressionante: fame (la razione concessa talvolta non superava le 1000 calorie giornaliere, le abitazione (quando c'erano) erano buchi in cui intere famiglie "vivevano " in pochi metri quadrati, senza alcun tipo di servizi. Come conseguenza malnutrizione, edema da fame (Hunger Oedema) polmoniti , tubercolosi, mentre penicillina e perfino aspirine erano introvabili per la gente comune. 


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L’Europa è emersa dalla guerra più terribile (finora) della storia "con la pace più terrificante della storia" (10).
E a Berlino subito dopo la guerra circolava questa battuta: "if you thought war was hell wait until you try peace" se pensavi che la guerra fosse l'inferno aspetta di provare la pace !



E termini come "pulizia etnica, espulsione di popolazioni" e concetti come "punizione collettiva di un popolo" che si speravano definitivamente cancellati, sembra stiano tornando oggi di attualità...
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Nemesi, leggiamo in Wiki, era una divinità del pantheon greco: " Significa distribuzione del Fato, intesa come Giustizia Compensatrice o Riparatrice, o è interpretata come Giustizia Divina". Ci si potrebbe domandare se i milioni di persone che, da una parte e dall'altra, allora soffrirono, fossero tutti veramente colpevoli e, soprattutto, se si trattò di una "giustizia divina" o di qualcosa di diverso.

"Questa "pulizia etnica" del Volksdeutsche ha costituito un crimine contro l'umanità, ma le vittime sono rimaste senza pietà e sconosciute. Raramente c'è compassione per i vinti. Raramente c'è giustizia nella punizione" ( Alfred-Maurice de Zayas, A Terrible Revenge. The Ethnic Cleansing of the East European Germans, 1944-1950, St. Martin Press, New York, 1993, p. 146).


Nemesis in un quadro di A. Rethel 1874




NOTE

(1)  "Il delitto imperdonabile della Germania prima della Seconda Guerra Mondiale fu il suo tentativo di sganciare la sua economia dal sistema di commercio mondiale, e di costruire un sistema di cambi indipendente di cui la finanza mondiale non poteva più trarre profitto": e a dirlo, anzi, a scriverlo, fu Churchill nel '60. E se al politico vogliamo affiancare un militare, ecco quanto scrisse lo storico e generale inglese John Frederick Charles Fuller :"Quel che ci spinse in guerra contro Hitler non fu la sua dottrina politica; la causa stavolta fu il suo tentativo coronato da successo di dare vita a una nuova economia. La prosperità della finanza internazionale dipende dall’emissione di prestiti a interesse a nazioni in difficoltà economica. L’economia di Hitler significava la sua rovina. Se gli fosse stato permesso di completarla con successo, altre nazioni avrebbero certo seguito il suo esempio, e sarebbe venuto il momento in cui tutti gli stati senza riserve auree si sarebbero scambiati beni contro beni" (citato in M. Barozzi, 10 Giugno 1940. Genesi e cause della guerra italiana, Roma 2022).
E in effetti in Germania il nazionalsocialismo tentò di stabilire un sistema monetario svincolato dall' ”onnipotenza del denaro come merce” e dal “dominio dell’oro”,  coperto invece dal valore del lavoro della nazione e dal volume della produzione nazionale: cosa che non a tutti fuori dall'Europa piaceva...

2) Interessante notare che le espulsioni/deportazioni di popolazione effettuate dai tedeschi durante la guerra, per es. in Polonia, nel processo di Norimberga saranno considerate sia un crimine di guerra che un crimine contro l'umanità, ma ciò non impedirà le espulsioni post- guerra.

3) L’episodio di Nemmersdorf è diffusamente ricordato in Thomas Goodrich, Hellestorm the death of nazi Germany 1944–1947, Aaberdeen books Sheridan, Colorado 2010. 

(4) L 'attacco fu condotto da aerei del tipo Typhoon del 263º squadrone da Ahlhorn, del 197º da Celle e del 198º da Plantlünne. La Cap Arcona fu colpita da 64 razzi incendiari che la ridussero completamente in fiamme. I documenti relativi all'attacco aereo sono stati secretati dalla RAF fino al 2045.

(https://it.wikipedia.org/wiki/Cap_Arcona#:~:text=Cap%20Arcona%20%C3%A8%20stato%20un,compagnia%20di%20navigazione%20Hamburg%20S%C3%BCd.&text=La%20Cap%20Arcona%2C%20lunga%20196,pi%C3%B9%20belle%20della%20sua%20epoca.) ; B. Jacobs, E. Pool,The 100-Year Secret: Britain's Hidden WWII Massacre .

(5) I Sudeti sono una striscia di terra stretta e irregolare, lunga circa 180 miglia, contigua alla Germania, passati, dopo la fine della I G.M. coi trattati di Versailles e Saint Germain a quello che divenne lo stato multinazionale della Cecoslovacchia. Comprendevano un'area di poco meno di 11.000 miglia quadrate, paragonabile per dimensioni al Belgio. Aveva una popolazione di lingua tedesca di circa 3 milioni. La neonata Cecoslovacchia del 1918 aveva una superficie di 87.299 miglia quadrate e una popolazione di 6.500.000 cechi, 3.100.000 tedeschi, 2 milioni di slovacchi, 700.000 ungheresi e 600.000 ucraini (ruteni). 
Nel 1938, di fronte alla determinazione di Hitler di arrivare alla riunificazione dei tedeschi dei Sudeti con la Germania – con la forza se necessario –Londra e Parigi informarono Praga che non sarebbero intervenuti per aiutarla a mantenere le aree dei Sudeti nel caso di un’azione militare tedesca. Date le circostanze, il governo ceco acconsentì. Di conseguenza, il 29 e 30 settembre 1938 Chamberlain, Daladier, Mussolini e Hitler firmarono il Patto di Monaco. In base all'accordo il Reich occupava una superficie di 28.996 kmq, su cui vivevano 2.822.899 tedeschi e 738.502 cechi e slovacchi. ((rielaborato da 

Poi “in seguito alla sconfitta tedesca nel secondo conflitto mondiale il Sudetenland venne restituito alla Cecoslovacchia e la popolazione di lingua tedesca dei Sudeti venne espulsa in massa. In questo modo quasi tre milioni di profughi si riversarono nella Germania postbellica e furono rimpiazzati da cechi e slovacchi. (..) 
Oggi gli ex territori di lingua tedesca dei Sudeti fanno parte della Repubblica Ceca. Secondo i dati del 2001, 39.106 cittadini cechi e 5.405 cittadini slovacchi si dichiarano di etnia tedesca. Sono inoltre 14.157 i cittadini tedeschi che vivono in Repubblica Ceca.

 (6) In una lettera al Segretario di Stato americano, Cordell Hull, datata 14 settembre 1938, l’ambasciatore in Francia, William Bullit, riportava: “(...) nei giorni scorsi i giornali francesi hanno pubblicato numerose cartine che mostrano le divisioni razziali in Cecoslovacchia. L’opinione pubblica ha cominciato a sviluppare l’atteggiamento: “Perché dovremmo annientare tutta la gioventù francese e distruggere il continente europeo per mantenere il dominio di 7.000.000 di cechi su 3.200.000 di tedeschi?

(7) "Durante il periodo tra il 1944/1945 - 1950 forse più di 14 milioni di tedeschi fuggirono, furono evacuati o espulsi a seguito della sconfitta della Germania. R. J. Rummel riassunse diverse stime in un intervallo compreso fra gli 11,6 e i 18 milioni e concluse che molto probabilmente 15 milioni di persone furono colpite" (Espulsione dei tedeschi dopo la seconda guerra mondiale - Wikipedia)

(8) Ecco come un soldato tedesco ricorda, nel suo diario, l'arrivo di questi profughi in Austria nel gennaio '45: "Breslavia ha dovuto essere evacuata in un’ora; (..), centinaia di persone sono morte per strada – congelati fino a morirne – e la maggior parte di loro non ha potuto portarsi via più di una borsa, un bambino per ogni braccio, senza meta senza speranza di trovare un rifugio caldo… Ciò che è accaduto a Dresda, a Praga, e lungo tutta la strada verso Vienna, è la più grande tragedia tedesca… Inoltre, all’arrivo a Vienna, puoi soltanto meravigliarti che il così decantato cuor d’oro di Vienna, si è cambiato in una cosa malvagia, egoista e interessata. Il modo in cui la popolazione si comporta con questa gente più povera dei poveri è semplicemente scandaloso. Hanno tirato giù da un tram una donna dei Sudeti con queste parole: “Prima i viennesi, poi i boemi!” (da Wilhelm Prüller Soldat. il diario di un soldato tedesco nella seconda guerra mondiale, Italia Storica, 2012, a cura di A. Lombardi.

(9 ) We started this war with great motives and high ideals. We published the Atlantic Charter and then spat on it, stamped on it and burnt it, as it were, at the stake, and now nothing is left of it (Rhys-Davis, membro della Camera dei Comuni, 1 marzo 1945)

(10) Europe had emerged from history’s most terrible war into history’s most terrifying  (The Time, 15 ottobre ’45).
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Due tabelle da A terribile revenge The ethnic cleansing of the east european Germans, 1944- 1950 di Alfred Maurice de Zayas, Marin Press New York, 1986, p. 152 che permettono di quantificare le espulsioni e le perdite

Censimento della popolazione prima della fuga e dell'espulsione della popolazione tedesca nel 1939


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Le foto e le cartine utilizzate sono prese dalle opere citate o da Wikipedia, le parti in corsivo ( salvo diversa indicazione) dall'opera di De Zayas.






Leonello Oliveri
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