mercoledì 30 settembre 2020

La grande battaglia dell’ U 615

 


Un vecchio U boot, un capitano coraggioso e un giovanissimo equipaggio tennero testa per otto giorni a sette aerei americani. 

Leonello Oliveri

Proprietà letteraria riservata

Riproduzione vietata


Il  12 giugno 1943 tre u boot (l’U 257, l’U 600, l’U 615) lasciano il porto francese di La Palice diretti nel lontanissimo Mare dei Caraibi, luogo dove gli alleati convogliavano le petroliere che, via New York op Halifax, si dirigevano verso l’Inghilterra.

Dalla torretta semisommersa dell'U 615 
si combatte ancora (da
https://tmp133418770wordpresscom.wordpress.com/tag/u-615/

 Erano tre dei 52 U boot  inviati nella zona nella speranza di rallentare il traffico mercantile alleato. Di questi ben  33 (il 64%) non faranno più ritorno, vittime dello strapotere numerico e tecnologico dell’aviazione alleata.

Per cercare di contrastarla agli U boot era stato ordinato di rimanere in superficie, se attaccati da un aereo, e cercare di abbatterlo contando su una contraerea potenziata con sei mitragliatrici e due cannoni da 20 mm ([1]). Ciò poteva andar bene se l’attaccante fosse stato uno solo, ma  se avesse chiamato rinforzi e iniziato un attacco coordinato, le speranze erano nulle.

 

Il 29 luglio 60 miglia a nord di Curacao l’U 615 ([2]) del capitano Kapitzky ([3]) affonda una petroliera (la Rosalia): è’ l’inizio della sua fine: il messaggio Enigma che mandò al Q.G. degli U boot (affondata petroliera) fu intercettato dagli Alleati. Ne seguì, nelle parole dello storico degli U-Boot ( o meglio, della guerra subacquea statunitense) Clay Blair, “ la più implacabile caccia agli U-boot della guerra " ([4]).

Il giorno dopo l’ U 615 viene  attaccato da un Liberator che sgancia (senza successo) alcune bombe.

E’  l'inizio di una delle cacce più ostinate di qualsiasi sommergibile durante la guerra, e di una delle pagine più gloriose (ovviamente opinione personale) della lotta degli U boot.


Lo scenario della battaglia
(da KTB615-4.kmz da http://www.uboatarchive.net/U-615/KTB615-4.htm




Il 1 agosto l’U 615 subisce un 2° attacco con bombe profondità a est dell’isola mentre stava puntando un convoglio alleato,  il GAT 77), ma riesce a sfuggire.

Il 5 agosto  3° attacco bombe profondità da parte del cacciatorpediniere  Biddle: anche questa volta e la cava.


Nella nottre fra 5 e il 6 agosto, mentre naviga in superficie, 4° attacco dell’idrovolante Mariner P6 del VP 204 (ten. Erzkine) con razzi illuminanti e bombe profondità ([5]). Nessun danno ma gli americani ora conoscevano esattamente la posizione dell’U boot.

Dalla stazione aerea navale di Chaguaramas (sull’isola di Trinidad, la più grande base navale antisommergibile USA) decolla un altro Mariner P 6 che alle 2 del mattino col radar individua e attacca un bersaglio: in realtà si tratta di un’innocente goletta.

Dalla base  Edinburgh Field a Trinidad arriva un terzo aereo, un bombardiere anti-sommergibile Harpoon di VB-130 che si unisce ai due Mariner nel loro inseguimento.

6 agosto: gli americani per proteggere un convoglio ritirano gli aerei lasciando solo un Mariner P-4 di VP-205 (tenente AR Matuski, con altri due ufficiali e otto uomini  a bordo). Kapitzky vede l’aereo lontano: deve  riemergere  per ricambio dell’aria e ricaricare batterie. Calcola il tempo necessario all’aereo per tornare indietro ma sbaglia di 10 secondi;

1330 5° attacco: Makuski vede l’ U 615 mentre si immerge e attacca con 4 bombe. Gravi danni, i motori diesel sono fuori uso per rottura tubature olio, 1 motore elettrico inutilizzabile: L’U 615 precipita a oltre 800 piedi. Riesce a riemergere ma a causa dei danni non potrà più immergersi. Makuski vede, esulta e chiama aiuti  ma impaziente attacca, L’U 615 fa fuoco prima coi due cannoni da 20 mm. poi, quando l’aereo si avvicina, con il complesso quadrinato delle mg. .34 ([6]e abbatte l’aereo. E’ la prima vittima ([7]).

 1530 un sesto  attacco: arriva il Lt. LD Crockett del VP-204 con il Mariner  P 11 preso in prestito dal VP 205. Prudentemente  gira intorno al U 615 da 3 miglia a 3000 piedi. Malgrado ciò alcuni proiettili da 20 mm. passano dannatamente vicini e lo convincono ad allontanarsi. Poi attacca da 1500 piedi con le mitragliatrici da .50 ([8]). l’U 615 aspetta che l’aereo arrivi  a 300 metri poi apre il fuoco colpendo il Mariner, bucandogli un’ala e provocando un incendio a bordo, mentre le bombe del Mariner non causano danni. Sull’aereo un membro dell’equipaggio, Creider cerca di spegnere l’incendio mentre il Mariner si dirige verso l’U 615 lasciandosi dietro una scia di fumo. Sgancia 4 bombe di profondità che danneggiano ulteriormente l’U 615 che ormai a causa dei guasti e del timone bloccato naviga a soli due nodi,  girando in  cerchio e semisommerso, ma con la torretta ancora fuori e l’armamento antiaereo che vomita fuoco ([9]): il  Mariner viene nuovamente colpito: secondo centro.


1635  7° attacco. A dar man forte a Crockett arriva l’ Harpoon B5 dello squadrone anti-sommergibile USN VB-130.  I due aerei fanno un attacco combinato a bassissima quota (50 piedi) e alta velocità (280 nodi). Il coriaceo ed esperto comandante dell’U 615, Kapitzky (un uomo che rappresenta bene l’onore della Marina da guerra tedesca)  fa concentrare il fuoco sul nuovo aereo, pensando che l’altro avesse esaurito  le sue bombe. Primi a sparare sono i cannoni da 20 millimetri dell’U 615,  mentre i mitraglieri, con grande sangue freddo e incuranti della grandine di proiettili delle mitragliatrici da .50 dell’aereo, aspettano che l’ attaccante arrivi nel loro raggio d’azione. L’Harpoon sgancia 4 bombe di profondità: l’U non viene direttamente colpito, ma le esplosioni  trascinano  momentaneamente il sommergibile sott’acqua scaraventando i cannonieri in mare. Ancora una volta, però, l’U 615 torna a galla, i cannonieri riescono a risalire a bordo e tornano ai loro posti di combattimento (e di morte). Crockett tornò all’attacco ( del resto con un nome così…) con l’unica bomba che gli era rimasta, ma i cannonieri lo accolgono con una tale valanga di fuoco da convincerlo ad allontanarsi nuovamente.


L’U era ormai ridotto ad un cumolo di rottami, ma carico di uomini ( in realtà poco più di ragazzi: metà dell’equipaggio aveva meno di 21 anni) decisi. Mentre sotto l’equipaggio cerca disperatamente di tenere a galla il sottomrino, in coperta Kapitzky, il primo ufficiale Schlipper e sei artiglieri ammucchiavano gli ultimi caricatori delle armi. A bordo tutti sapevano che l’U stava affondando, ma finché le acque dell’oceano non si fossero chiuse su di lui, le sue armi lo avrebbero difeso. In cielo, sul suo malconcio aereo, Crockett guardava stupito l’U “che rifiutava di morire”.

Intanto nelle vicine  tre più grandi basi aeree di Trinidad (Chaguaramas, Edinburgh Field e Wailer Field)  i piloti  di altri aerei aspettavano che le loro macchine fossero rifornite, impazienti di andare a finire il nemico ormai morente.

8° attacco. Finalmente arriva sulla scena un terzo aereo, il Mariner P-8 del VP-204, pilotato dal tenente jg. JW Dresbach.

Crocket dispone un attacco simultaneo dei 3 aerei da 3 lati, dopo alcune circonvoluzioni  per confondere i suoi cannonieri su quale aereo disponesse ancora di cariche di profondità. Tre Aerei che attaccano contemporaneamente da tre direzioni un  sommergibile emerso!
 Mentre un diluvio di proiettili si abbatteva sul U ([10]), Kapitsky ordinò di concentrare il fuoco sull’ultimo arrivato, il P8, colpendolo sul muso ( terzo centro)   e uccidendo  il pilota, il tenente J.W. Dresbach. L’aereo sarà così costretto  a rientrare alla base, fortemente danneggiato, con un morto e quattro membri dell'equipaggio gravemente feriti. Dal  rapporto che farà una volta ritornato faticosamente alla base appaiono evidenti i danni subiti: oltre al pilota morto, il mitragliere Baites colpito alla gamba con grave perdita di sangue,    l’addetto allo sgancio bombe Kerr 3 costole rotte, ferite nella gamba, nell'anca, il  Tenente Hurley, colpito in faccia con schegge da cruscotto e proiettile, l’aviere Lanigan,  colpito al polso da un  cal. .30. Quanto all’aereo, torna alla base con 14 fori di proiettile, tutti causati da un fuoco calibro .30 (11).

Nella sala operativa di Chaguaramas, dove il combattimento veniva seguito via radio, “c'era uno sgomento incredulo seguito da una rabbia intensa. Tutti pensavano che questo attacco coordinato di tre aerei avrebbe messo fine al testardo U-Boot. Nessuno poteva capire come fosse sopravvissuto. L'intruso sottomarino stava effettivamente prendendo per il naso la potente Matrina degli Stati Uniti, una marina che aveva appena sconfitto un'importante offensiva di sottomarini nel teatro caraibico. I convogli furono privati ​​della copertura aerea e ad ogni macchina disponibile è stato ordinato di procedere alla scena della battaglia. Inoltre, tre navi di superficie furono staccate vicino a Grenada e al nuovo cacciatorpediniere USS Walker fu ordinato di lasciare il Golfo di Paria a piena velocità”( [12]). E’ questo uno dei tanti combattimenti della II G.M. che gli alleati avrebbero vinto solo grazie all’enorme superiorità numerica.

Il giovane comandante Kapitzky (27 anni)
Intanto sull’ U 615 era sceso un velo di sgomento: il comandante, Kapitzky, era stato gravemente ferito alla coscia da un proiettile di grosso calibro di uno degli aerei. Anche uno dei cannonieri da 20 mm, Helmut Langner, giaceva sul ponte: un proiettile da .50 gli aveva devastato il ginocchio. Il comando dell’ U passò all’ufficiale di guardia, il giovanissimo (22 anni) Herbert Schlipper, mentre i due feriti, entrambi coscienti, rifiutano di farsi trasportare di sotto: volevano morire in faccia al nemico.

Nel frattempo sulla scena arriva un quarto aereo, il Mariner P2 del VP 205 del tenente Hull.

Fu lanciato un nuovo attacco (il nono!) coordinato con i tre aerei (il

L'U 615 sotto attacco
(da http://www.uboatarchive.net/U-615A/
U-615AttackPhotos.htm)
P8 colpito si era ritirato). Ancora una volta le bombe (quelle del P2, gli altri le avevano esaurite), non provocano gravi danni (evidentemente i piloti erano ben poco precisi). Ancora una volta l’U 615 mostrò i denti, il Mariner P 2 fu colpito, alcuni uomini furono gravemente feriti e anche questo aereo fu costretto a rientrare malconcio alla base, dove ormai le ambulanze aspettavano ogni rientro.

Intanto anche il pilota dell’Harpoon si era accorto di essere a corto di carburante ed si era ritirato per tornare alla base: sul teatro di battaglia rimase così il solo ostinato Crockett e il suo malconcio Mariner P-11 ( quanto carburante aveva?)  con l’U che “si rifiutava di morire”.


Arrivò un nuovo rinforzo, addirittura un  dirigibile: il Dirigibile K68 della US Navy di Wallace Wydean, dallo squadrone ZP-51. Saggiamente Crockett gli ordinò di tenersi alla larga.

Intanto era arrivata la sera. L'oscurità stava calando, il mare era diventato agitato e, con sgomento di Crockett, il tempo peggiorava di minuto in minuto e diventava sempre più difficile scorgere la sottile sagoma dell’U 615 se ci si voleva tenere lontani dai suoi terribili cannoni.

Arrivò un quinto (!) aereo, un bombardiere B-18 del decimo squadrone di bombardieri, che operava da Edinburgh Field.

Sempre sotto attacco 

Praticamente contro un solo  U boot fu messo un campo tutto ciò che c’era nell’area. Con l’aiuto di questo aereo Crockett impostò il suo ultimo attacco, ma proprio in quel momento l’U 615 sparì dalla vista, nascondendosi fra tuoni e fulmini nell’oscurità e nell’uragano, in un’atmosfera veramente wagneriana.

Arrivarono altri idrovolanti, "tutti ansiosi di essere coinvolti nell'uccisione" (!) ma alle 20.00 l’U 615 non era stato ancora localizzato, mentre gli aerei impegnati nella ricerca rischiavano addirittura di scontrarsi tra di loro.

Finalmente anche il P 11 di Crockett, con  feriti a bordo, danneggiato e a corto di carburante, dovette ritirarsi ([13]).

2115 10° attacco. Alle 2115 il dirigibile trovò finalmente l'U-615, visibile fra i piovaschi: Wydean guidò il bombardiere B-18 in un nuovo attacco. Il B18 attaccò, ma le sue bombe caddero in mare.

Un bombardiere B 18

Quando tornò indietro, il sommergibile era nuovamente sparito nel temporale tropicale.

Nel frattempo sul dirigibile Wydean era stato così preso dall'azione che non aveva controllato la situazione del carburante; quando fece rotta verso casa, era troppo lontano, il tentativo  di ritornare alla base non riuscì e dovette tentare un atterraggio di emergenza sull'isola di Blanquilla, dove il giorno successivo verrà schiantato dalla tempesta.

Intanto sulla torretta devastata del U 615 Kapitsky  stava morendo, circondato dai suoi cannonieri, mentre nel cielo tempestoso ronzavano i motori degli idrovolanti che gli davano la caccia: non c'erano meno di dodici idrovolanti Mariner in alto, tutti a caccia dell'U-615. “La ricerca si era evoluta nella più grande operazione antisommergibile della guerra condotta contro un solo sommergibile. A intervalli regolari l'ufficiale superiore ordinava a tutti gli aerei di lanciare simultaneamente razzi, illuminando cento miglia quadrate di mare, ma il tempo li ostacolava ancora e l'U-615 rimaneva nell'ombra”.

 

L'U 615 sotto attacco
(da http://www.uboatarchive.net/U-615A/U-615AttackPhotos.htm)









Sull’U 615 orami tutti  erano consapevoli di ciò che li attendeva. Kapitsky, Langner e un altro ferito furono messi in una zattera di salvataggio legata sul ponte. Un’onda più forte la trascinò in mare, insieme a due marinai. Neppure in questa circostanza gli uomini vollero abbandonare il loro comandante e per un’ora Schlipper cercò di manovrare l’U boot per ritrovare la zattera, che alla fine, dopo un’ora di ricerche,  fu trovata e recuperata (perdendo purtroppo un marinaio, Richard Suhra, che si era tuffato per agganciarla) grazie.. alla luce dei razzi sganciati dagli aerei per rintracciare l’U boot.


All’una di notte dell’8 agosto ‘43 Ralph Kapitsky morì, dopo aver combattuto la più grande battaglia sostenuta da un sottomarino contro gli aerei. In un’atmosfera vagamente nibelungica e wagneriana il suo corpo fu chiuso in un’amaca e seppellito “al canto del tradizionale inno navale” in quel mare che non lo vide vinto. (Così almeno ricorda Gaylord TM Kelshall ([14]).

 

L'Equipaggio

 

L'equipaggio dell'U 615




I cannonieri tornarono alle loro armi. Ma l’ostinata battaglia era ormai finita.

 Le falle erano ormai troppe: alle 5,25, mentre l'alba si avvicinava con l'U-615 morto sull'acqua e le onde che lo lambivano, all’orizzonte apparve la sagoma di un cacciatorpediniere, l’USS Walker mandato anche lui a dare  la caccia al sommergibile.  Schlipper capì che era finita. Lanciò un razzo rosso, nella speranza che il caccia raccogliesse l’equipaggio, e ” mandò l'ingegnere Oberleutnant Herbert Skora, il sottufficiale Claus von Egan e il marinaio Abel  nella  sala di controllo per prepararsi ad allagare la l'imbarcazione” : così l’U 615 scivolò lentamente sott’acqua, privando quelli che  gli davano da giorni  la caccia della soddisfazione di vederlo cadere sotto i loro colpi. Aveva tenuto testa ad un totale di 14 attacchi da parte di sette aerei.

 

Notte fra il 7 e l'8 agosto: l' U 615 è ancora a galla

Il Walker avvistò i marinai tedeschi che nuotavano fra i flutti: dopo alcune evoluzioni e una prudente attesa (si erano sentite esplosioni in lontananza, forse i siluri dell’U 615 che detonavano per la pressione dell’acqua) recuperò i 43 superstiti e il corpo di Langner. L’equipaggio contò quattro morti, tre feriti da proiettili, uno da schegge, 14 per contusioni, lacerazioni e abrasioni, ([15])

Per loro la guerra era finita. Incominciava la prigionia.

Ma gli  Americani, che definirono questo scontro (introduzione alla relazione di Crockett) come “una delle più grandi battaglie combattute in questa guerra tra aerei e sottomarini nemici (..) e dimostra che il nemico è ancora pieno di determinazione e combatterà fino all'ultimo”, stentarono a credere che un solo sottomarino avesse tenuto testa a così tanti aerei e per così tanto tempo, e per tre giorni ancora continuarono a cercare nella zona U boot che non c’erano.

 Ma cosi’ facendo distolsero le loro forze, permettendo a  diversi u boot tedeschi (U-190, U-309, U-415, U-510, U-634, U-648 e U-653) di fuggire dalla trappola mortale di Trinidad: l’eroica resistenza dell’ U 615, del suo comandante e del suo equipaggio, li  avrebbe salvati.

Onore a questi uomini: non erano fanatici nazisti, né vecchi lupi di mare ma poco più che ragazzi.

 

L'ultimo viaggio dell'U 615
(da https://tmp133418770wordpresscom.wordpress.com/tag/u-615/)

Infine un ultimo particolare: come è stata possibile una ricostruzione così precisa della battaglia non solo dal punto di vista americano (lì ci sono i rapporti dei piloti) ma anche di quanto successe  nel sommergibile tedesco?

Qui si apre un nuovo capitolo, quello della sorte dell’equipaggio dopo la cattura: la prigionia.


Può sembrare la fotro di liceali in gita scolastica.
Invece è la foto del giovanissimo equipaggio dell'U 615
sbarcati dll'USS Antaeus diretti a Notfolk come prigionieri
di guerra. ( da  http://www.uboatarchive.net/ U-615A/U-615.htm)



 

LA PRIGIONIA


In http://www.uboatarchive.net/U-615A/U-615INT.htm troviamo un documento estremamente interessante (e illuminante?).

 

E’ molto lungo, ne riportiamo l’intestazione:

“Dipartimento della Marina-Ufficio del Capo delle operazioni navali- Washington- ONI 250 - G / numero di serie 21- Relazione sull’interrogatorio dei sopravvissuti dell’U 615 affondato il 7 agosto 1943

 

Il rapporto sull'interrogatorio dei prigiomnieri
(da http://www.uboatarchive.ne/U-615A/U-615INT.htm)



Ecco  l’inizio:

 The Commanding Officer a warrant officer and two ratings died as a result of the action.  Forty-three survivors were rescued by U.S.S. Walker and brought to Trinidad.  There prisoners were given a preliminary interrogation.  Nine of them were brought to an interrogation center in the United States for detailed questioning. The prisoners gave evidence of having        been thoroughly indoctrinated in security, and their morale was high.  Interrogation was aided by the capture of a note book and several interesting documents belonging to the Engineer Officer, and eventually the prisoners yielded to questioning” 

che possiamo tradurre più o meno così’: “ Il comandante, un altro ufficiale e due marinai sono morti in seguito all’azione. 43 sopravviuti furono salvati dalla USS Walker e portati a Trinitad. Lì i prigionieri furono sottoposti ad un interrogatorio preliminare.

Nove di loro sono stati portati in un centro intererogatori negli Stati Uniti per un interrogatorio dettagliato” ( confesso che veder citato un “centro di interrogatori “ e un “interrogatorio dettagliato” mi ha  fatto venire in mente episodi legati a guerre più recenti..)  “ I prigionieri  hanno dato prova di essere stati completamente indottrinati e il loro morale era alto. L’interrogatorio fu aiutato dalla cattura di un taccuino e di diversi documenti interessanti appartenuti all’ufficiale ingegnere, e alla fine i prigionieri cedettero all’interrogatorio” : C.V.D.!

Ricordiamo che molti dell’equipaggio erano poco più di ragazzi: su 43 , quasi la metà avevano 19-20 anni. Il comandante 27

Non vogliamo però dilungarci sull’interrogatorio dei prigionieri (che potete trovare qui http://www.uboatarchive.net/U-615A/U-615INT.htm).



Mi limito ad un solo particolare: un prigioniero particolarmente ostinato nel non voler spiegare il funzionamento di un apparato di bordo parla solo dopo essere stato “When questioned more closely”, interrogato "più strettamente" (p. 29 dell’interrogatorio). Questo “questioned more closely” (che spiega forse la gran mole di informazioni sulla nave, le sue missioni, l’addestramento, le basi, le attrezzature di bordo, il loro funzionamento, che fu possibile ottenere -o estorcere?- da un equipaggio che si era battuto combattuto così ostinatamente e valorosamente, ha, almeno per me, un suono sinistro.
E tragici avvenimenti successivi ne daranno conferma...
E se volete sapere come va a finire, in  assurda tragedia, andate qui





Qui puoi vedere l'ultimo viaggio dell'U 615
 (cliccare sull'icona di google earth)

Leonello Oliveri
Proprietà letteraria riservata
riproduzione vietata

Torretta i un type VIIC " versione atlantica": visibile
il notevole  armamento antiaereo: ci voleva comunque un grande coraggio 
per sfidare allo scoperto le mitragliatrici frontali di un B 17.
Se poi gli attaccanti erano tre... 


 

[1] ) L’ U 615 era armato (così ho letto) con due cannoni antiaerei  da 20 mm. ( uno a per piattaforma),  due mitragliatrici a canna singola e due a doppia canna. C’erano poi  cinque tubi lanciasiluri, quattro a prua e uno a poppa. Nel corso della guerra apparvero però anche altre versioni  del type VII, tra cui una armata con  due coppie da 20 mm, mentre sulla plancia poteva trovare posto una quadrinata da 20 o un 3,7 FlaK M42U.

[2] ) Qui  la storia dell’ U615, type VII C https://uboat.net/boats/u615.htm

[3]) Qui la carriera del giovane (28 anni) comandante https://uboat.net/men/commanders/581.html

[4] ) D. Bercuson, H. Herwig, Long Night of the Tankers. Hitler's War Against Caribbean Oil, University of Calgary Press.

[5]) “con 2 cariche di profondità MK 17 (TNT) che vengono trasformate in bombe demolitrici mediante l'installazione di una miccia istantanea. Questo tipo di arma è diventato un armamento standard in quest'area a causa di così tanti recenti impegni con sottomarini nemici che hanno scelto di rimanere in superficie per ingaggiare l'aereo. Uno degli scopi di quelle bombe a miccia istantanea è cercare di allontanare gli equipaggi dei cannoni dal sottomarino dalle loro armi, quindi un attacco con carica di profondità, sempre a bassa quota che offre al sottomarino un bersaglio perfetto, può essere effettuato senza incontrare fuoco AA dal sub”. (dalla relazione di Crockett  leggibile qui  http://www.uboatarchive.net/U-615A/U-615ASW-6Crockett.htm )

[6] ) le mitragliatrici antiaeree degli U boot erano forse di un calibro un po’ troppo piccolo, cui supplivano con un enorme volume di fuoco, che a sua volta aveva due handicap: obbligava i mitraglieri ad attendere impassibili che l’aereo attaccante ( che da parte sua aveva mitragliatrici più potenti) si avvicinasse e necessitavano di una grande quantità di munizioni.

[7] ) “otto minuti dopo il primo messaggio radio, ( la base di ) Chaguaramas ne ricevette un secondo confuso che diceva "P-4 danneggiato — danneggiato — Incendio", seguito da un sinistro silenzio. Niente di più è stato mai sentito da Mariner P-4. Giorni dopo un altro Mariner di pattuglia riferì di un galleggiante all'estremità dell'ala rotto, un gommone non gonfiato e una scatola di cartone che galleggiava bene a ovest. I detriti erano tutto ciò che era rimasto”. (da Gaylord TM Kelshall, Ralph Kapitsky: Battle in the Caribbean and the Death of U-615, in https://erenow.net/ww/silent-hunters-german-u-boat-commanders-wwii/4.php: molte notizie qui riportate sono prese da quest’opera).

[8] )Durante questo attacco il cannoniere di prua dell'aereo stava colpendo la sezione della torre del sottomarino con 200 colpi di fuoco calibro .50”. (dalla relazione di Crockett)

[9] ) “A 1000 piedi di distanza, il cannoniere di prua dell'aereo ha aperto il fuoco con 2 mitragliatrici calibro .50. Il pilota e il mitragliere di prua videro i traccianti riversarsi nella torre di comando del sottomarino. Il sottomarino ha risposto al fuoco dell'aereo”(dalla relazione di Crockett)

[10] ) Le drammatiche fasi del mitragliamento aereo del U 615 sono così descritte dai membri dell’equipaggio dell’aereo USA: “Il PV è arrivato con un feroce attacco e si è ritirato. Il tenente Crockett si precipitò dentro, mitragliando con i 2 calibri .50. La torre di comando ( dell’U 615) sembrava essere inzuppata di traccianti del PV e dell'aereo del tenente Crockett. Il cannoniere  crede di aver mandato colpi tra il personale del sottomarino. Tuttavia, il sottomarino ha mantenuto un fuoco continuo al 204P-8” (dalla relazione di Crockett). Da parte sua il mitragliere dell’aereo  dichiarò: ” Ho tirato in tutto circa 700 colpi di calibro 50 dalle due armi. Ho mirato al personale della torre di comando. La torre era così affollata di uomini che non credo si possa dire chi è stato colpito e chi no. Ho visto dei traccianti entrare negli uomini sulla torre di comando”. Il mitragliere di destra, che aveva tirato 400 colpi,  invece ricorda: “Ogni volta che passavamo sul sottomarino vedevo tutti gli uomini nella torre di comando accovacciati e cercavano di spingersi contro i lati della torre di comando. La torre doveva essere blindata (!) e stavano cercando protezione avvicinandosi ai suoi lati”. L’addetto allo sgancio delle bombe invece: “In parecchi giri i colpi di arma da fuoco della nostra prua colpivano proprio all'interno della torre di comando. Dal modo in cui gli uomini erano stipati e bloccati nella torre di comando non si poteva dire quando uno fosse stato colpito, e dubito che un uomo ferito possa essere caduto sul ponte”.

[11]2 fori sopra la finestra del cannoniere di prua. 
2 fori sopra la finestra del bombardiere. 
2 fori nella paratia di sinistra dal vano di prua. 
1 foro nel vetro sopra il secondo sedile del pilota. 
2 fori nell'alloggiamento del radar. 
2 fori nella navicella port. 
2 fori nella navicella di dritta. 
1 foro attraverso la pala dell'elica di tribordo. 
Danneggiati indicatore della velocità dell'aria del primo pilota, indicatore della velocità di salita, radar, altimetro assoluto, entrambi gli orizzonti artificiali, bussola fluxgate, pilota automatico

[12] ) “In both the attacking aircraft and the operations room in Chaguaramas, there was incredulous dismay followed by intense anger. Everyone thought that this coordinated attack by three aircraft would finish off the stubborn U-boat. No one could understand how it had survived. The offending undersea intruder was effectively thumbing its nose at the mighty U.S. Navy—a navy that had just defeated a major U-boat offensive against theCaribbean Theater. Convoys were stripped of their air cover and every available machine was directed to proceed to the scene of the battle. In addition, three surface ships were detached from near Grenada, and the new destroyer U.S.S. Walker was ordered out of the Gulf of Paria at full speed”. ( Gaylord T. M. Kelshall,  cit.   Ralph Kapitsky: Battle in the Caribbean and the Death of U-615),

[13] Danni a 205P-11

"Un foro calibro .30 nella punta dell'ala di sinistra.
Una scheggia ha colpito la punta dell'ala sinistra.Un foro calibro .30 nel galleggiante.
Un foro calibro .30 nella carenatura del motore di babordo, sotto il cilindro n. 8. Ha causato una leggera perdita di olio in questo cilindro - circa 4 galloni all'ora. 
Un calibro .30 nell'ala di dritta. Questo proiettile ha causato il fuoco all'interno dell'ala di tribordo. 
Un foro calibro .30 nella paratia di tribordo appena davanti al portello in vita di dritta. Questo proiettile ha tagliato il cavo della bussola Fluxgate". (dalla relazione di Crockett)

      [14] ) Su questo particolare v. D. J. Bercuson e  H.. Herving,  Long Night of the Tankers. Hitler's War Against Caribbean, Oil, University of Calgary Press, p. 268, in https://www.jstor.org/stable/j.ctv5rdzf3.20.