Un vecchio U boot, un capitano coraggioso e un giovanissimo equipaggio tennero testa per otto giorni a sette aerei americani.
Leonello Oliveri
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Il 12 giugno 1943 tre u boot (l’U 257, l’U 600, l’U 615) lasciano il porto francese di La Palice diretti nel lontanissimo Mare dei Caraibi, luogo dove gli alleati convogliavano le petroliere che, via New York op Halifax, si dirigevano verso l’Inghilterra.
Dalla torretta semisommersa dell'U 615 si combatte ancora (da https://tmp133418770wordpresscom.wordpress.com/tag/u-615/ |
Erano tre dei 52 U
boot inviati nella zona nella speranza
di rallentare il traffico mercantile alleato. Di questi ben 33 (il 64%) non faranno più ritorno, vittime
dello strapotere numerico e tecnologico dell’aviazione alleata.
Per cercare di contrastarla agli U boot era stato ordinato di
rimanere in superficie, se attaccati da un aereo, e cercare di abbatterlo contando
su una contraerea potenziata con sei mitragliatrici e due cannoni da 20 mm ([1]). Ciò
poteva andar bene se l’attaccante fosse stato uno solo, ma se avesse chiamato rinforzi e iniziato un
attacco coordinato, le speranze erano nulle.
Il giorno dopo l’ U 615 viene attaccato da un Liberator che sgancia
(senza successo) alcune bombe.
E’ l'inizio di una delle cacce più ostinate di
qualsiasi sommergibile durante la guerra, e di una delle pagine più
gloriose (ovviamente opinione personale) della lotta degli U boot.
Lo scenario della battaglia (da KTB615-4.kmz da http://www.uboatarchive.net/U-615/KTB615-4.htm |
Il 1
agosto l’U 615 subisce un 2° attacco con bombe profondità a est dell’isola mentre
stava puntando un convoglio alleato, il
GAT 77), ma riesce a sfuggire.
Il 5 agosto 3° attacco
bombe profondità da parte del cacciatorpediniere Biddle: anche questa volta e la cava.
Dalla stazione aerea navale di Chaguaramas (sull’isola di Trinidad, la più grande base navale antisommergibile
USA) decolla un altro Mariner P 6 che alle 2 del mattino col
radar individua e attacca un bersaglio: in realtà si tratta di un’innocente
goletta.
Dalla base Edinburgh
Field a Trinidad arriva un terzo aereo, un bombardiere anti-sommergibile Harpoon
di VB-130 che si unisce ai due Mariner nel loro inseguimento.
6 agosto: gli americani per proteggere un convoglio ritirano gli
aerei lasciando solo un Mariner P-4 di VP-205 (tenente AR Matuski, con altri
due ufficiali e otto uomini a bordo).
Kapitzky vede l’aereo lontano: deve
riemergere per ricambio dell’aria
e ricaricare batterie. Calcola il tempo necessario all’aereo per tornare
indietro ma sbaglia di 10 secondi;
1330 5° attacco: Makuski vede l’ U 615 mentre si immerge e attacca con 4 bombe. Gravi danni, i motori diesel sono fuori uso per rottura tubature olio, 1 motore elettrico inutilizzabile: L’U 615 precipita a oltre 800 piedi. Riesce a riemergere ma a causa dei danni non potrà più immergersi. Makuski vede, esulta e chiama aiuti ma impaziente attacca, L’U 615 fa fuoco prima coi due cannoni da 20 mm. poi, quando l’aereo si avvicina, con il complesso quadrinato delle mg. .34 ([6]) e abbatte l’aereo. E’ la prima vittima ([7]).
1530 un sesto attacco: arriva il Lt. LD Crockett del VP-204
con il Mariner P 11 preso in
prestito dal VP 205. Prudentemente gira
intorno al U 615 da 3 miglia a 3000 piedi. Malgrado ciò alcuni proiettili da 20
mm. passano dannatamente vicini e lo convincono ad allontanarsi. Poi attacca da
1500 piedi con le mitragliatrici da .50 ([8]). l’U
615 aspetta che l’aereo arrivi a 300 metri
poi apre il fuoco colpendo il Mariner, bucandogli un’ala e provocando un
incendio a bordo, mentre le bombe del Mariner non causano danni. Sull’aereo un membro dell’equipaggio, Creider cerca di spegnere l’incendio
mentre il Mariner si dirige verso l’U 615 lasciandosi dietro una scia di
fumo. Sgancia 4 bombe di profondità che danneggiano ulteriormente l’U 615 che
ormai a causa dei guasti e del timone bloccato naviga a soli due nodi, girando in
cerchio e semisommerso, ma con la torretta ancora fuori e l’armamento
antiaereo che vomita fuoco ([9]):
il Mariner viene nuovamente
colpito: secondo centro.
Intanto nelle vicine
tre più grandi basi aeree di Trinidad (Chaguaramas, Edinburgh Field e
Wailer Field) i piloti di altri aerei aspettavano che le loro
macchine fossero rifornite, impazienti di andare a finire il nemico ormai
morente.
8° attacco. Finalmente arriva sulla scena un terzo aereo, il Mariner
P-8 del VP-204, pilotato dal tenente jg. JW Dresbach.
Crocket dispone un attacco simultaneo dei 3 aerei da 3 lati,
dopo alcune circonvoluzioni per confondere i suoi cannonieri su quale
aereo disponesse ancora di cariche di profondità. Tre Aerei che attaccano
contemporaneamente da tre direzioni un sommergibile emerso! Nella sala operativa di Chaguaramas, dove il combattimento veniva seguito via radio, “c'era uno sgomento incredulo seguito da una rabbia intensa. Tutti pensavano che questo attacco coordinato di tre aerei avrebbe messo fine al testardo U-Boot. Nessuno poteva capire come fosse sopravvissuto. L'intruso sottomarino stava effettivamente prendendo per il naso la potente Matrina degli Stati Uniti, una marina che aveva appena sconfitto un'importante offensiva di sottomarini nel teatro caraibico. I convogli furono privati della copertura aerea e ad ogni macchina disponibile è stato ordinato di procedere alla scena della battaglia. Inoltre, tre navi di superficie furono staccate vicino a Grenada e al nuovo cacciatorpediniere USS Walker fu ordinato di lasciare il Golfo di Paria a piena velocità”( [12]). E’ questo uno dei tanti combattimenti della II G.M. che gli alleati avrebbero vinto solo grazie all’enorme superiorità numerica. |
Il giovane comandante Kapitzky (27 anni) |
Nel frattempo sulla scena arriva un quarto aereo, il Mariner
P2 del VP 205 del tenente Hull.
Fu lanciato un nuovo attacco (il nono!) coordinato con i tre aerei (il
L'U 615 sotto attacco (da http://www.uboatarchive.net/U-615A/ U-615AttackPhotos.htm) |
Intanto anche il pilota dell’Harpoon si era accorto di
essere a corto di carburante ed si era ritirato per tornare alla base: sul
teatro di battaglia rimase così il solo ostinato Crockett e il suo malconcio Mariner
P-11 ( quanto carburante aveva?) con
l’U che “si rifiutava di morire”.
Intanto era arrivata la sera. L'oscurità stava calando,
il mare era diventato agitato e, con sgomento di Crockett, il tempo peggiorava
di minuto in minuto e diventava sempre più difficile scorgere la sottile sagoma
dell’U 615 se ci si voleva tenere lontani dai suoi terribili cannoni.
Arrivò un quinto (!) aereo, un bombardiere B-18 del decimo squadrone di bombardieri, che operava da Edinburgh Field.
Sempre sotto attacco |
Arrivarono altri idrovolanti, "tutti ansiosi di essere
coinvolti nell'uccisione" (!) ma alle 20.00 l’U 615 non era stato ancora
localizzato, mentre gli aerei impegnati nella ricerca rischiavano addirittura
di scontrarsi tra di loro.
Finalmente anche il P 11 di Crockett, con feriti a bordo, danneggiato e a corto di
carburante, dovette ritirarsi ([13]).
2115 10° attacco. Alle 2115 il dirigibile trovò finalmente l'U-615, visibile fra i piovaschi: Wydean guidò il bombardiere B-18 in un nuovo attacco. Il B18 attaccò, ma le sue bombe caddero in mare.
Un bombardiere B 18 |
Quando tornò indietro, il sommergibile era nuovamente sparito nel temporale tropicale.
Nel frattempo sul dirigibile Wydean era stato così preso dall'azione che non aveva
controllato la situazione del carburante; quando fece rotta verso casa,
era troppo lontano, il tentativo di ritornare alla base non riuscì e dovette
tentare un atterraggio di emergenza sull'isola di Blanquilla, dove il giorno
successivo verrà schiantato dalla tempesta.
Intanto sulla torretta devastata del U 615 Kapitsky stava morendo, circondato dai suoi cannonieri,
mentre nel cielo tempestoso ronzavano i motori degli idrovolanti che gli davano
la caccia: non c'erano meno di dodici idrovolanti Mariner in alto, tutti
a caccia dell'U-615. “La ricerca si era evoluta nella più grande
operazione antisommergibile della guerra condotta contro un solo
sommergibile. A intervalli regolari l'ufficiale superiore ordinava a tutti
gli aerei di lanciare simultaneamente razzi, illuminando cento miglia quadrate
di mare, ma il tempo li ostacolava ancora e l'U-615 rimaneva nell'ombra”.
L'U 615 sotto attacco (da http://www.uboatarchive.net/U-615A/U-615AttackPhotos.htm) |
Sull’U 615 orami tutti erano consapevoli di ciò che li attendeva. Kapitsky, Langner e un altro ferito furono messi in una zattera di salvataggio legata sul ponte. Un’onda più forte la trascinò in mare, insieme a due marinai. Neppure in questa circostanza gli uomini vollero abbandonare il loro comandante e per un’ora Schlipper cercò di manovrare l’U boot per ritrovare la zattera, che alla fine, dopo un’ora di ricerche, fu trovata e recuperata (perdendo purtroppo un marinaio, Richard Suhra, che si era tuffato per agganciarla) grazie.. alla luce dei razzi sganciati dagli aerei per rintracciare l’U boot.
All’una di notte dell’8 agosto ‘43 Ralph Kapitsky morì, dopo
aver combattuto la più grande battaglia sostenuta da un sottomarino contro gli
aerei. In un’atmosfera vagamente nibelungica e wagneriana il suo corpo fu
chiuso in un’amaca e seppellito “al canto del tradizionale inno navale”
in quel mare che non lo vide vinto. (Così almeno ricorda Gaylord TM Kelshall ([14]).
L'Equipaggio
L'equipaggio dell'U 615 |
I cannonieri tornarono alle loro armi. Ma l’ostinata battaglia
era ormai finita.
Le falle erano ormai
troppe: alle 5,25, mentre l'alba si avvicinava con l'U-615 morto sull'acqua e
le onde che lo lambivano, all’orizzonte apparve la sagoma di un
cacciatorpediniere, l’USS Walker mandato anche lui a dare la caccia al sommergibile. Schlipper capì che era finita. Lanciò un
razzo rosso, nella speranza che il caccia raccogliesse l’equipaggio, e ” mandò
l'ingegnere Oberleutnant Herbert Skora, il sottufficiale Claus von Egan e il marinaio Abel nella sala di controllo per prepararsi ad allagare
la l'imbarcazione” : così l’U 615 scivolò lentamente sott’acqua, privando quelli che gli davano da giorni la caccia della soddisfazione di vederlo cadere sotto i loro colpi. Aveva
tenuto testa ad un totale di 14 attacchi da parte di sette aerei.
Notte fra il 7 e l'8 agosto: l' U 615 è ancora a galla |
Il Walker avvistò i marinai tedeschi che nuotavano fra
i flutti: dopo alcune evoluzioni e una prudente attesa (si erano sentite
esplosioni in lontananza, forse i siluri dell’U 615 che detonavano per la
pressione dell’acqua) recuperò i 43 superstiti e il corpo di Langner. L’equipaggio
contò quattro morti, tre feriti da proiettili, uno da schegge, 14 per
contusioni, lacerazioni e abrasioni, ([15])
Per loro la guerra era finita. Incominciava la prigionia.
Ma gli Americani, che
definirono questo scontro (introduzione alla relazione di Crockett) come “una
delle più grandi battaglie combattute in questa guerra tra aerei e sottomarini
nemici (..) e dimostra che il nemico è ancora pieno di determinazione e
combatterà fino all'ultimo”, stentarono a credere che un solo sottomarino
avesse tenuto testa a così tanti aerei e per così tanto tempo, e per tre giorni
ancora continuarono a cercare nella zona U boot che non c’erano.
Ma cosi’ facendo distolsero
le loro forze, permettendo a diversi u boot
tedeschi (U-190, U-309, U-415, U-510, U-634, U-648 e U-653) di fuggire dalla
trappola mortale di Trinidad: l’eroica resistenza dell’ U 615, del suo comandante
e del suo equipaggio, li avrebbe
salvati.
Onore a questi uomini: non erano fanatici nazisti, né vecchi
lupi di mare ma poco più che ragazzi.
L'ultimo viaggio dell'U 615 (da https://tmp133418770wordpresscom.wordpress.com/tag/u-615/) |
Infine un ultimo particolare: come è stata possibile una
ricostruzione così precisa della battaglia non solo dal punto di vista
americano (lì ci sono i rapporti dei piloti) ma anche di quanto successe nel sommergibile tedesco?
Qui si apre un nuovo capitolo, quello della sorte dell’equipaggio
dopo la cattura: la prigionia.
LA PRIGIONIA
In http://www.uboatarchive.net/U-615A/U-615INT.htm
troviamo un documento estremamente interessante (e illuminante?).
E’ molto lungo, ne riportiamo l’intestazione:
“Dipartimento della Marina-Ufficio del Capo delle
operazioni navali- Washington- ONI 250 - G / numero di serie 21- Relazione
sull’interrogatorio dei sopravvissuti dell’U 615 affondato il 7 agosto 1943”
Il rapporto sull'interrogatorio dei prigiomnieri (da http://www.uboatarchive.ne/U-615A/U-615INT.htm) |
Ecco l’inizio:
“The Commanding Officer a warrant officer
and two ratings died as a result of the action. Forty-three survivors
were rescued by U.S.S. Walker and brought to
che possiamo tradurre più o meno
così’: “ Il comandante, un altro ufficiale e due marinai sono morti in
seguito all’azione. 43 sopravviuti furono salvati dalla USS Walker
e portati a Trinitad. Lì i prigionieri furono sottoposti ad un interrogatorio
preliminare.
Nove di loro sono stati portati in un centro intererogatori
negli Stati Uniti per un interrogatorio dettagliato” ( confesso che veder
citato un “centro di interrogatori “ e un “interrogatorio
dettagliato” mi ha fatto venire in
mente episodi legati a guerre più recenti..)
“ I prigionieri hanno dato
prova di essere stati completamente indottrinati e il loro morale era alto. L’interrogatorio
fu aiutato dalla cattura di un taccuino e di diversi documenti interessanti
appartenuti all’ufficiale ingegnere, e alla fine i prigionieri cedettero
all’interrogatorio” : C.V.D.!
Ricordiamo che molti dell’equipaggio erano poco più di
ragazzi: su 43 , quasi la metà avevano 19-20 anni. Il comandante 27
Non vogliamo però dilungarci sull’interrogatorio dei
prigionieri (che potete trovare qui http://www.uboatarchive.net/U-615A/U-615INT.htm).
[1] ) L’ U 615 era armato (così ho letto) con due cannoni antiaerei da 20 mm. ( uno a per piattaforma), due mitragliatrici a canna singola e due a doppia canna. C’erano poi cinque tubi lanciasiluri, quattro a prua e uno a poppa. Nel corso della guerra apparvero però anche altre versioni del type VII, tra cui una armata con due coppie da 20 mm, mentre sulla plancia poteva trovare posto una quadrinata da 20 o un 3,7 FlaK M42U.
[2] ) Qui la storia dell’ U615, type VII C https://uboat.net/boats/u615.htm
[3]) Qui la
carriera del giovane (28 anni) comandante https://uboat.net/men/commanders/581.html
[4] ) D.
Bercuson, H. Herwig, Long Night of the Tankers. Hitler's War
Against
[5])
“con 2 cariche di profondità MK 17 (TNT) che vengono trasformate in bombe
demolitrici mediante l'installazione di una miccia istantanea. Questo tipo
di arma è diventato un armamento standard in quest'area a causa di così tanti
recenti impegni con sottomarini nemici che hanno scelto di rimanere in
superficie per ingaggiare l'aereo. Uno degli scopi di quelle bombe a
miccia istantanea è cercare di allontanare gli equipaggi dei cannoni dal
sottomarino dalle loro armi, quindi un attacco con carica di profondità, sempre
a bassa quota che offre al sottomarino un bersaglio perfetto, può essere
effettuato senza incontrare fuoco AA dal sub”. (dalla relazione di
Crockett leggibile qui http://www.uboatarchive.net/U-615A/U-615ASW-6Crockett.htm
)
[6] ) le
mitragliatrici antiaeree degli U boot erano forse di un calibro un po’ troppo piccolo,
cui supplivano con un enorme volume di fuoco, che a sua volta aveva due
handicap: obbligava i mitraglieri ad attendere impassibili che l’aereo
attaccante ( che da parte sua aveva mitragliatrici più potenti) si avvicinasse
e necessitavano di una grande quantità di munizioni.
[7] ) “otto minuti dopo il primo messaggio radio, (
la base di ) Chaguaramas ne ricevette un secondo confuso che diceva
"P-4 danneggiato — danneggiato — Incendio", seguito da un sinistro
silenzio. Niente di più è stato mai sentito da Mariner P-4. Giorni
dopo un altro Mariner di pattuglia riferì di un galleggiante all'estremità
dell'ala rotto, un gommone non gonfiato e una scatola di cartone che galleggiava bene a ovest. I detriti erano tutto
ciò che era rimasto”. (da Gaylord TM Kelshall, Ralph Kapitsky: Battle in
the Caribbean and the Death of U-615, in https://erenow.net/ww/silent-hunters-german-u-boat-commanders-wwii/4.php:
molte notizie qui riportate sono prese da quest’opera).
[8] ) “Durante questo
attacco il cannoniere di prua dell'aereo stava colpendo la sezione della torre
del sottomarino con 200 colpi di fuoco calibro .50”. (dalla relazione
di Crockett)
[9] ) “A
1000 piedi di distanza, il cannoniere di prua dell'aereo ha aperto il fuoco con
2 mitragliatrici calibro .50. Il pilota e il mitragliere di prua videro i
traccianti riversarsi nella torre di comando del sottomarino. Il
sottomarino ha risposto al fuoco dell'aereo”(dalla relazione di Crockett)
[10] ) Le
drammatiche fasi del mitragliamento aereo del U 615 sono così descritte dai
membri dell’equipaggio dell’aereo USA: “Il PV è arrivato con un
feroce attacco e si è ritirato. Il tenente Crockett si precipitò dentro,
mitragliando con i 2 calibri .50. La torre di comando ( dell’U 615) sembrava
essere inzuppata di traccianti del PV e dell'aereo del tenente
Crockett. Il cannoniere crede di
aver mandato colpi tra il personale del sottomarino. Tuttavia, il
sottomarino ha mantenuto un fuoco continuo al 204P-8” (dalla relazione di
Crockett). Da parte sua il mitragliere dell’aereo dichiarò: ” Ho tirato in tutto circa 700
colpi di calibro 50 dalle due armi. Ho mirato al personale della torre di
comando. La torre era così affollata di uomini che non credo si possa dire
chi è stato colpito e chi no. Ho visto dei traccianti entrare negli uomini
sulla torre di comando”. Il mitragliere di destra, che aveva tirato
400 colpi, invece ricorda: “Ogni
volta che passavamo sul sottomarino vedevo tutti gli uomini nella torre di
comando accovacciati e cercavano di spingersi contro i lati della torre di
comando. La torre doveva essere blindata (!) e stavano cercando
protezione avvicinandosi ai suoi lati”. L’addetto allo sgancio delle bombe
invece: “In parecchi giri i colpi di arma da fuoco della nostra prua
colpivano proprio all'interno della torre di comando. Dal modo in cui gli
uomini erano stipati e bloccati nella torre di comando non si poteva dire
quando uno fosse stato colpito, e dubito che un uomo ferito possa essere caduto
sul ponte”.
[12] ) “In both the
attacking aircraft and the operations room in Chaguaramas, there was
incredulous dismay followed by intense anger. Everyone thought that this
coordinated attack by three aircraft would finish off the stubborn U-boat. No
one could understand how it had survived. The offending undersea intruder was
effectively thumbing its nose at the mighty
[13] Danni a 205P-11:
[14] ) Su questo particolare v. D. J. Bercuson e H.. Herving, Long Night of the Tankers. Hitler's War Against