mercoledì 26 aprile 2017

L’affondamento del Transylvania (4 maggio 1917) e la grande crociera dell' U-63


La più grande tragedia del Mar Ligure:  a 200 metri di profondità al largo di  Spotorno giace  ancor oggi inviolato un transatlantico da 14000 tonnellate, il Transylvania,  affondato nel maggio del 1917 da un sommergibile tedesco. Oltre 400 i morti. 

Leonello Oliveri

            E’ l’alba  del 4 maggio 1917: lo scenario è quello di un sereno mattino in Liguria, sul mare fra Savona e Spotorno, L’Italia è in guerra ormai da due anni, ma la guerra è lontana, non è ancora la spietata II Guerra Mondiale, con i selvaggi bombardamenti delle città: nelle case vive sicura, a parte l'angoscia di chi – la maggioranza- ha mariti, figli, fratelli al  fronte.


Manifesto di propaganda della kaiserliche-marine

            Il mare intorno all’isolotto di Berteggi è deserto: spira una forte tramontana e le barche dei pescatori non sono uscite. All’orizzonte, a circa due miglia a sud est al largo della punta Predani, si leva un filo di fumo. E’ il trasporto truppe inglese Transylvania, col suo carico di 3500 soldati diretti in Palestina.

La preda
La nave è un lussuoso transatlantico della Canard Line. Con le sue 14315 tonn. solca sicura le onde.  Era stava varata da pochi anni, il 23 maggio del ’14, e da allora aveva trasportato, in competizione con le “sorelle” della stessa classe, Lusitania, Mauritania e Aquitania, ricchi inglesi e poveri emigranti sulla linea Liverpool-New York.
  Sulla nave, nei mesi in cui gli Stati  Uniti non erano ancora entrati in guerra, era stata imbarcata anche una spia tedesca, Curt Thummel: assunto come cameriere di bordo aveva raccolto per tre mesi informazioni  di ogni genere, trasmesse poi in madre patria al suo arrivo a New York. Tra le altre aveva comunicato che  sul Transylvania  era stato collocato un cannone da ’75 mascherato da una torretta, e un altro era previsto a prua.   Nel ‘15 infatti  le esigenze militari avevano trasformato la nave in trasporto truppe. Armata di cannone a poppa, inquadrata come incrociatore ausiliario, era diventata il più importante trasporto truppe  alleate operante nel Mediterraneo. Ciò aveva fatto del transatlantico un appetibile bersaglio.

La sera del 3 maggio 1917 era partita da Marsiglia, al comando di Samuell Breuell, diretta al fronte turco della Palestina. A bordo circa 3000 fanti inglesi di diversi reggimenti: ussari, Royal Engineers, Royal West Surrey, Suffolk, Royal Irish, Royal Welsh, Cheshire, Essex, fanteria leggera del Duk of Cornwalls, Royal North  Lancashire ed altre famose formazioni. Inoltre 64 crocerossine della British Red Cross Society e un numeroso equipaggio. In tutto 3500 uomini. La meta è Alessandria d’Egitto, la velocità di 16 miglia.
  La nave punta su Genova scortata a 1500 metri di prua  da due caccia giapponesi, il Matsu e il Sakaki (nella I G. M. il Giappone era alleato dell’Italia: in quanti lo ricordavano?)  mantenendosi sotto costa per evitare i sommergibili tedeschi, che dalle loro basi in Adriatico insidiavano le comunicazioni alleate. Proprio il giorno prima, a levante di Genova, il piroscafo inglese Washington di 5080 tonn. era stato silurato.
 La navigazione procede quindi a zig-zag e molti passeggeri indossano il giubbotto salvagente.
Il mare deserto cela appunto l’insidia, l’U-boot tedesco  U- 63.

Il Cacciatore
Nato a Oldenburg nel 1884, il Kapitanleutnant Otto Scultze  era entrato nella Kaiserliche-marine nel 1900. Dopo aver frequentato la Scuola Navale, era stato ufficiale nel I Torpedo Batalion, poi sull'incrociatore leggero Condor,
Il Comandante dell'U63
  sul Wuttemberg e sul Peussen, sull'incrociatore pesante Hertha, sul Konig per arrivare infine ai sommergibili: prima l'U-4 e poi l'U-63.

Questo sommergibile apparteneva alla  I Flotilla Mittelmeer tedesca formata da 12 imbarcazioni operanti dalla base austriaca di Pola, nell’alto Adriatico.
Impostato nel maggio del '15 nei cantieri Germaniawerft di Kiel era stato varato l'11 marzo del 1916. Largo 6,30 metri (ma solo 4,15 lo scafo resistente) e lungo  68, dislocava 810 tonn. in emersione e 1160 in immersione a pieno carico. Disponeva di motori eroganti 2200 hp in superficie e 1200 in immersione, con i quali poteva raggiungere  una velocità di 16,5 nodi in emersione e 9 in immersione. Dotato di 4 tubi lanciasiluri e un cannone da 88 mm. con 276 colpi aveva un equipaggio di 36 uomini ed un'autonomia  di 9170 miglia a 8 nodi in superficie e 60 miglia a 5 nodi immerso. Poteva raggiungere una profondità massima di 50 m.
 Comandato dal tenente di vascello Otto Schulze dal varo al 27 agosto del '17, quando passò al comando di Heinrich Metzer, ritornò sotto la giuda di Schultze dal 15 ottobre alla vigilia di Natale del '17, giorno in cui arrivò a bordo il suo ultimo comandante, Kurt Hartwig mentre Otto fu promosso 1° Ammiraglio nel Comando Sottomarini del Mediterraneo, incarico che mantenne fino all'armisitzio.

Era in missione già da diverse settimane, prima nelle acque del Mediterraneo orientale, poi, attraversato lo stretto di Messina, in quelle del golfo di Genova. Si era trattato di una crociera pericolosa, audace e fruttuosa: il 25 Marzo, davanti ad Alessandria, aveva affondato con siluri e cannone il vapore armato inglese Bollore, proveniente da Glascow e diretto ad Alessandria con 7000 tonn.  di carbone: il capitano e il capo macchinista erano stati presi prigionieri. Il 26 tra Alessandria e Porto Said aveva fermato e fatto saltare il veliero egiziano Rahmanich di 79 ton. Dopo una digressione e una sosta di poche ore a Beirut per rifornirsi di armi e carburante, il 1 aprile è di nuovo davanti ad Alessandria, dove affonda il vapore armato inglese Zambeli di 3759 ton., il 4 aprile è la volta del vapore armato Margit di 2490 ton., affondato malgrado la scorta di due pescherecci armati, il 5 tocca al vapore norvegese Goldstad, in rotta verso l’Italia  con 6400 ton. di grano australiano, affondato con siluri e cannonate. Nei giorni successivi il sommergibile tedesco si sposta verso  lo stretto di Messina e l’Italia: il 28, nello stretto, affonda con siluro il vapore armato  inglese Karonga di 4665 ton., il 28 i velieri italiani Carmelo padre (74 ton.) , I due fratelli (100 ton.), Giuseppina G. (100 ton.), Natale B. (55 ton.), S. Francesco da Paola (41 ton.), Giuseppe  Padre (102 ton.): una vera strage senza sprecare un siluro, solo col fuoco di artiglieria o fatti saltare. Il 3 maggio, infine (e siamo al giorno precedente il colpo grosso), l’ultima preda, il già ricordato vapore inglese Washington, solo e senza scorta.  Dopo il Transylvania toccherà ancora al Talawa (3834 ton.), al Crownof (3391 ton.) e, ormai sulla strada del ritorno, al Volga (4404 ton.), tutti vapori armati colpiti e fatti arenare sulla costa.

Come si vede una crociera micidiale. 
L'intensa attività degli u-boats tedeschi nel Mediterraneo obbligò gli alleati a contromisure costose e pesanti: fino a metà del '17 la principale linea di comunicazione fra Inghilterra, Francia, Italia e le truppe alleate (=inglesi) impegnate sul fronte turco fra Salonicco (o Tessalonica) e la Palestina era via mare: da Marsiglia la rotta si dirigeva verso l'Italia, passava tra la Corsica e la Liguria, scendeva lungo le coste italiane fino al canale di Sicilia oltre il quale puntava su Alessandria (per le truppe dirette in medio oriente) o sul Pelopponeso, fino oltre Corinto da dove le truppe proseguivano via ferrovia in direzione di Salonicco. Lungo la rotta erano attese dai sommergibili in agguato  (in gran parte partenti dalla principale base tedesca di Cattaro, nel Montenegro) principalmente in tre zone: fra Marsiglia e Genova, lungo tutto il tratto costiero italiano fra le isole maggiori e la costa, fra la Calabria e la Grecia. A metà del '17 le perdite fra le navi alleate erano diventate così alte che fu deciso l'abbandono della " longer sea route", la rotta marittima" lunga a favore della short, la corta: le truppe arrivavano in ferrovia (via Milano-Faenza-Rimini- Bari) fino a Taranto da dove erano imbarcate per la Grecia, con un viaggio più lento e costoso, specie in per quanto riguarda i volumi trasportati, ma più sicuro. Ma per il Transylvania era ormai troppo tardi.

Guerra sotto i mari
Facciamo ora un piccolo passo indietro accennando alla “guerra sottomarina” di cui la Germania fece, nella I G.M., ampio uso.
Fu una guerra micidiale alla quale le forze dell'Intesa non erano preparate: 540.000 ton. di naviglio affondate nel febbraio del 1917, 585.000 in marzo, 880.000  in aprile. Di fronte a questi successi, l’Intesa reagì anche definendo “corsari” e “pirati” i tedeschi, anche se la guerra sottomarina era   la reazione al blocco navale ed economico  imposto alla Germania. Anche in quell’occasione, come in altre più vicine a noi, può essere interessante osservare i metodi di propaganda, informazione o controinformazione utilizzati: c'è per esempio un' interessante copertina della Domenica del Corriere del 1915.
 In essa si vede un “sommergibile tedesco che nel mar d’Irlanda affonda parecchi piroscafi inglesi accordando 10 minuti di tempo per salvarsi”. Il commento del giornale è: “Questo è un gesto da corsari. E poiché l’intento dell’Inghilterra di affamare la Germania pare cominci a produrre effetti tangibili (le famiglie tedesche hanno ormai il pane a razione) la Germania ha dichiarato campo di guerra tutti i mari che bagnano l’Inghilterra”.  Come dire che affondare navi concedendo 10 minuti agli equipaggi per salvarsi è un atto da corsari, mentre affamare famiglie di civili è un nobile modo di condurre la guerra. Basta esserne convinti. Notiamo che alla data del giornale (Febbraio’15) l’Italia era ancora, almeno formalmente, alleata della triplice Alleanza  e ancora neutrale. Da qui il tono tutto sommato soft del commento.




La situazione cambia radicalmente  nel numero del 16 maggio 1915: “la strage degli innocenti: i tedeschi affondano il Lusitania che trasportava quasi 2000 persone”. E così commenta il giornalista: 

!”si tratta di un atto di inaudita iniquità guerresca che ha suscitato nel mondo un grido unanime di indignazione.(..) L’episodio ha suscitato negli Stati Uniti un’esplosione violenta di sdegno( ( e sarà [1]): Il giornale prosegue: “inconcepibile è la giustificazione che avanzano i tedeschi col dire che avevano preavvisato mediante inserzioni sui giornali americani del pericolo a cui si esponevano i viaggiatori del Lusitania.  Siamo 8 giorni prima della dichiarazione di guerra dell’Italia all’Austria,  e i giornali sono già “allineati e coperti” (ovviamente questa è una mia opinione personale.
questo il motivo –pretesto?- che rese possibile far digerire agli a
mericani isolazionisti l’ingresso in guerra)
Ritorniamo ora all’argomento del post, l’affondamento del Transilvania

La tragedia
Torniamo al nostro Transylvania che naviga veloce a tre miglia dalla costa, Il cielo è sereno, spira in forte vento di tramontana, il mare è forza 5. Sono le 1045 quando appare il periscopio dell’U-63. Ma lasciamo la descrizione di quanto avvenne al rapporto del comandante tedesco, pubblicato  da R. Aiolfi, L’affondamento del Transylvania, Sabatelli Editore, Savona 1977, testo che offre una  precisa ricostruzione della vicenda e del coinvolgimento in essa della popolazione savonese. A questa pubblicazione siamo debitori di molte delle informazioni utilizzate nel presente articolo.
Così dunque il tenente di Vascello Otto Schultze ricostruì l’azione, nella traduzione del rapporto pubblicata nel sopracitato libro a p.32:
Il punto dell'affondamento del Transilvania
4 maggio 1917 ore10,45.  Sud- appare all’orizzonte annebbiato un grande piroscafo passeggeri a 2 fumaioli, scortato da due cacciatorpediniere. Il nemico procede a forte zig-zag verso Savona. La scorta lo protegge circa 1500 m. davanti ad esso.
Ore 11,17. Nord-Nord-Ovest 5, mare forza 5, risacca, sereno
Attacco di prua al suo lato sinistro, 2° cannone via ! ( così è scritto nella traduzione che riteniamo in questo punto imprecisa: come apparirà più avanti si tratta del 2° tubo lanciasiluri di prua) Velocità stimata 18 miglia. Colpo centrato dietro 20, a 1000 metri di distanza di tiro. Il nemico, un vapore da 12000 tonn. (secondo successiva notizia di agente segreto: Transylvania,14315 ton) della Linea d’Oriente britannica, ha un notevole sbandamento, vira verso terra e resta fermo. Alcune scialuppe vengono già calate in acqua. Un cacciatorpediniere, moderna nave a 4 fumaioli con grande lettera latina a prua e bandiera giapponese sull’albero, lo accosta mentre l’altro cacciatorpediniere lo protegge verso il mare. A bordo del vapore una grande quantità di truppa, di cui una parte viene presa dal cacciatorpediniere. Per assicurare in ogni caso l’affondamento della nave da trasporto ed accelerarlo, colpo da poppa dal 4° cannone  (evidentemente si tratta del tubo lanciasiluri di poppa).
Ore 11,39. A 350 metri di distanza colpo a segno, davanti 20 lato sinistro. Il cacciatorpediniere procede a dritto di poppa, scopre il mio periscopio, apre il fuoco e si dirige verso di me.
Ore 11,45. Sceso velocemente a 45 metri, salpato verso est.
Ore 12,20. A 11 metri presa vista panoramica. Il vapore sta per affondare, i due caccia sono nelle sue vicinanze.
Ore 12,30 Latitudine  44°14’ N., longitudine 8°30’ O. Il vapore affonda sul dritto di poppa. Per il mare mosso lo scarico della truppa fu difficile. Esso fu notevolmente disturbato dal secondo siluramento che non permise più al caccia di procedere accostato. Una gran parte della truppa è pertanto sicuramente annegata.
Ore 13,05 Riemerso, niente in vista.
Affondata la preda, compiuto i suo dovere militare, l’U-63 si allontana senza infierire sui caccia impegnati nella raccolta dei naufraghi: un atto di umanità –non frequente e non sempre ricambiato- nella disumanità della guerra.
Così la scena della tragedia, vista attraverso le lenti del periscopio.
A bordo, dopo lo scoppio del primo siluro, lo scenario è di confusione: soldati e marinai cercano di raggiungere la coperta, vengono calate in mare le zattere di emergenza e alcune scialuppe, dove prendono posto per prime  le crocerossine. Il caccia giapponese Matsu si affianca alla nave per cercare di trasbordare parte dei soldati: operazione non facile visto il mare grosso e le diverse dimensioni delle navi: le scialuppe del Matsu appese alle fiancate vengono schiacciate negli urti, il Sakaki, invece, evolve a dritta pensando che il pericolo provenisse dal largo, mentre il sommergibile tedesco era tra la nave e la costa. Ventidue minuti dopo il primo siluro, arriva il secondo. Il Matsu, individuata la scia, strappa gli ormeggi che lo assicurano al Transylvania ferito e retrocede a tutta forza, il Sakaki scopre il periscopio nemico, spara  e cerca di speronare l’U-63 che si sottrae scendendo di quota. Alle 12 35  la nave affonda “sul dritto di prora”: l’ultima a sparire è la poppa, come testimoniato da una rara fotografia scattata da una scialuppa di salvataggio, e la nave si adagia su un fondale di 200 metri, 2 miglia al largo di Bergeggi.
Tutta la tragedia si svolge sotto gli occhi attoniti di centinaia di persone, attratte dal fragore della prima esplosione, assiepate sul lungomare da Savona a Spotorno e oltre.
Si avvia subito una grande operazione di soccorso. Dei 3500 uomini a bordo, solo 270 trovano posto sulle scialuppe e sulle zattere. Una gran parte dei rimanenti, imbarcata dal Matsu prima dell’affondamento o ripescata dopo, è trasbordata sui due caccia giapponesi, altri sono raccolti da due caccia italiani, il Corazziere e il Garibaldino, dai rimorchiatori Savona e America II, tutti partiti dal porto di Savona. Ma anche privati partecipano alle operazioni di salvataggio: quattro barche di pescatori, con 24 uomini, sfidano il mare forza 5 e le raffiche di tramontana . Dalla spiaggia di Noli a forza di remi arrivano sul posto, riuscendo a salvare 22 naufraghi. Il rientro  a terra di questi gusci di noce sarà assai difficoltoso: solo una barca riuscì a tornare a Noli, le altre approdarono a Varigotti e a Finalmarina. I coraggiosi pescatori nel 1919 riceveranno dal Governo Britannico una medaglia d’argento “in segno di gratitudine”.
A operazione terminata, si tirano le somme. Le vittime sono 407, perite tra i flutti o imprigionate nella nave affondata. 
ALe tombe dei caduti inglesi nel cimitero di Zinola (SV)
Fra i caduti anche il comandante della nave, Breuell Samuel. Le salme recuperate sono solo 89, due delle quali  spiaggiate a Bordighera: tutte verranno tumulate con solenni cerimonie in un’area apposita del cimitero savonese di  Zinola, dove riposano tutt’ora. Altre 34 salme furono trasportate dalle correnti marine sulle coste del Principato di Monaco, della Francia, perfino della Spagna ed ebbero sepoltura in loco.
I superstiti trovarono per diversi giorni amichevole accoglienza e ospitalità fra le famiglie della zona prima di essere nuovamente inviati verso il loro destino oltremare: alcuni fra di loro sono tornati sui luoghi della tragedia, personalmente o tramite messaggi, nel maggio del '77, quando a Savona venne solennemente ricordato il 60° anniversario dell’affondamento.
E  l'U-63?
 Arrivato incolume alla fine della guerra, seguì il triste destino dei sopravvissuti, consegnandosi agli inglesi –in obbedienza alle clausole armistiziali- il 16 gennaio del 1919. Nella sua lunga vita operativa aveva affondato (escluso il naviglio militare) 74 navi  per un totale di 210.865 tonnellate: duecento volte la sua stazza. Il suo comandante, che nel marzo del '18 in qualità di "Kapitänleutnant und Kommandant Unterseeboot U 63" era stato decorato "pour le mérite", restò per tutta la vita nella Marina, andando in pensione  con la Deutsches Kreuz in Silber e il grado di Generaladmiral nel settembre del '42. Morì ad Amburgo nel 1966.



Sulla costa savonese, su uno sperone roccioso in faccia all’isola di Bergeggi, fra l’Aurelia e il mare, una grande croce in pietra di Finale ricorda quella tragedia di quasi 90 anni or sono, la più grande tragedia del Mar Ligure. In mare, a 200 metri di profondità, giace ancora inviolato "il relitto n. 5 - Transylvania, stazza sconosciuta, ex inglese, proprietà dello Stato Italiano (..) Ricupero mai richiesto  e mai tentato", come recita burocraticamente il Registro dei relitti e dei ricuperi del Compartimento Marittimo di Savona.


Leonello Oliveri

Propr. Lett. riserv.
Riproduz. vietata






Dati    tecnici    e    storici    dell'  U-63 ( da www.uboat.net/wwi elaborato dall'autore)
Tipo e nome
U-63
Cantiere di costruì.
Germaniawerft, Kiel
Impostazione
30 aprile 1915
Varo
8 febbraio 1916
Dislocamento
Emersione 810 tnn
Pieno carico 1160
Velocità
(nodi)
In emersione 16,5
In immersione 9
Lunghezza
Fuori tutto 68,36m.
Scafo resist. 55,55 m
Autonomia in miglia  e velocità (in nodi)
Emers. 9179 a 8 nodi
Immers. 60 a 5 nodi
Larghezza
Massima 6,3 m
Scafo resist. 4,15 m.
Armamento
4 lanciasiluri; 6 siluri
1 cannone da 88 con 276 colpi
Potenza
2200 hp emerso
1200 immerso
Prof. Massima: 50 m.
Equipaggio: 36
Comandante
Otto Schultze (11/3/1916-27/8/'17);  Heinrich. Metzger (-14/10/'17); O. Schultze (-24/12/17); Kurt Hartwig  (-11-11-1918)
Naviglio affondato
74 navi (escluso naviglio militare) per un totale di 210.865 tons
Destino finale
16 genn. 1919: si consegna agli inglesi in seguito all'armistizio e viene smantellato



















[1] ) A quanto pare il Lusitania trasportava anche munizioni dirette in Inghilterra (v. http://informare.over-blog.it/2014/08/i-sommozzatori-svelano-il-segreto-del-lusitania.html   V. anche EriK Larson, Scia di morte. L’ultimo viaggio del Lusitania, Neri Pozza ed., Vicenza 2015