“ Quando viene dichiarata la guerra, la verità è la prima vittima"
Le guerre non si fanno solo con le armi, contro i soldati o i civili nelle città, ma anche con le bugie: non è facile, infatti, convincere persone normali a odiare, a uccidere e a farsi uccidere.
Ecco allora le “bugie di guerra”. Ora si chiamano Fake.
Nel 1926 un politico inglese, lord Arthur Augustus William Harry Ponsonby, primo barone di Shulbrede (16 febbraio 1871 - 23 marzo 1946), figlio di Sir Henry Ponsonby, segretario privato della regina Vittoria, scrisse un libro coraggioso, Falsehood in war-time: propaganda lies of the first world war (Falsità in tempo di guerra: bugie propagandistiche della prima guerra mondiale). Libro coraggioso, perché le “bugie” smascherate erano quelle diffuse dai vincitori per fomentare l’odio contro gli “unni”, i tedeschi.
Lui le raccoglie, le commenta, spesso le smaschera, le spiega: “le autorità di ogni paese fanno, e anzi devono, ricorrere a questa pratica per, in primo luogo, giustificarsi dipingendo il nemico come un criminale puro; e in secondo luogo, per infiammare la passione popolare abbastanza da assicurarsi reclute per la continuazione della lotta”.
Al di là del “mito" dell'unica responsabilità della Germania nello scoppio della I G.M. “ (“mito” ripetuto anche per la II, e magari per la III) ecco alcune delle fake discusse da Harry Ponsonby:
Partiamo da una tipica: la
crudeltà degli “unni”, ovvero “L’Infermiera mutilata”:
Ecco come la ricostruisce il nostro autore.
Tutto iniziò,racconta P. da un articolo pubblicato su "The Star", il 16 settembre 1914, proprio agli inizi della guerra, giusto per preparare l’atmosfera d’odio: “"È giunta a Dumfries la notizia della morte scioccante di una giovane donna di *** Dumfries , l'infermiera *** ***, che si recò in Belgio allo scoppio del guerra. L'infermiera *** era impegnata nell'ospedale del campo di Vilvorde, e fu vittima di un'orribile crudeltà per mano dei soldati tedeschi. Le furono tagliati i seni e morì in una grande agonia”. Sono presenti tutti gli ingredienti: giovane donna, dedicata agli altri (infermiera), mutilata nel seno (un po’ di pruderie a sfondo sessuale non manca mai) dai barbari tedeschi. La vicenda approda su altri giornali arricchendosi sempre più di particolari. Ma proprio i troppi particolari potevano essere controllati, e così si scoprì che la storia era falsa: “Il caso è stato sottoposto all'Alta Corte di Dumfries ed è stato dimostrato che [la sorella dell’infermiera] aveva inventato l'intera storia e falsificato sia la lettera di sua sorella che quella di un’altra infermiera e li aveva comunicati alla stampa". (The Times 29, 30 dicembre 1914). La sorella dell’infermiera fu incriminata per aver scritto una lettera falsa. Ma ovviamente non tutti leggevano il Times, che comunque dimostrò, assieme all’Alta Corte, di essere un giornale serio.
Il caso del "bambino senza mani"
Altra fake, sempre nell’ambito delle “crudeltà degli unni”: il caso del “bambino senza mani”.
Il “caso” scoppiò da un articolo, forse imprudente, del Times, dell’agosto del ’14: “ Un uomo che non ho visto ha detto a un funzionario della Società Cattolica che aveva visto con i suoi occhi i soldati tedeschi mozzare le braccia di un bambino che si aggrappava alle gonne di sua madre." ("The Times" Corrispondente a Parigi, 27 agosto 1914) (1): un’informazione quindi di terza mano.
Grande scalpore e indignazione. Ma la faccenda arrivò in Parlamento dove “ Il signor A. K. Lloydd ha chiesto al Primo Lord del Tesoro se sono disponibili materiali per identificare e rintracciare i sopravvissuti fra quei bambini le cui mani furono tagliate dai tedeschi”. E questo è un esempio di correttezza: verificare le fonti.
Non
fu possibile appurare nulla, ma nel frattempo il “fenomeno” si era allargato e
il bambino era diventato un’infermiera: “Un signor ** (..) a Glasgow il 17
aprile 1915 disse che aveva un amico ad Harrogate che aveva visto un'infermiera
con entrambe le mani mozzate dai tedeschi. Ha dato l'indirizzo del suo informatore. Una lettera fu subito
indirizzata all'amico di Harrogate, chiedendo se la dichiarazione fosse corretta, ma non è mai stata ricevuta
alcuna risposta”.
Fu anche aperta un’inchiesta in Belgio
(dove sarebbe accaduto il fatto) ad opera del Card. Mercier ma non fu possibile
trovare riscontri.
Se
ne occupò in Italia (all’epoca ancora neutrale) anche il Presidente del
Consiglio Nitti che nelle sue memorie scrisse (così leggiamo nell’opera di
Ponsonby): “Il signor Lloyd George (ed anche io, quando ero a capo del Governo italiano), ha svolto approfondite
indagini in merito alla verità di
queste orribili accuse, alcune delle quali erano specifiche su nomi e luoghi. Ogni caso
indagato si è rivelato un mito”(2).
Il fatto si rivelò un mito, ma i tedeschi che
tagliano le mani ai bambini (arrivati nel frattempo a un centinaio di casi) continuarono a vivere nell’immaginario
collettivo, a tal punto che ancora nel 1924 “L'ex ministro delle finanze
francese, Klotz, a cui all'inizio della guerra fu affidata la censura della
stampa, dice, nel suo memorie (De la Guerre à la Paix, Parigi, Payot,
1924): "Una sera mi è stata mostrata
una bozza di un articolo del Figaro,
in cui due scienziati di fama lo hanno
affermato e approvato con le loro firme
avevano visto con i propri occhi un centinaio di bambini di
cui le mani erano state mozzate dai
tedeschi(..): Ho nutrito dei dubbi in merito l'esattezza del rapporto e ne ha
vietato la pubblicazione (..) Ho richiesto, tuttavia, che dovrebbe
essere indicato il luogo in cui queste indagini dei due scienziati si sarebbero
svolte. Ho insistito per avere subito questi dettagli. Sono ancora senza la
loro risposta”. Nessun poté dimostrare che era davvero successo, ma bastò
diffonderne la voce e il risultato fu ottenuto: indignazione e odio.
Il
bambino nella casa in fiamme
Un
altro caso riguarda il “bambino di Courbek Loo”, villaggio del Belgio.
E’ un caso, risalente al 1914, che turbò e commosse i cuori inglesi finché, nel 1922, scrive Ponsonby, il capitano F. W. Wilson, già corrispondente del Sunday Times, ne pubblicò la genesi sul New York Times (riprodotto nel Crusader, 24 febbraio 1922): ecco l’intera storia, che sarebbe divertente se non fosse un po’ cinica.
“Un corrispondente del London Daily Mail, il capitano ****, si trovava a Bruxelles quando scoppiò la guerra. Hanno telegrafato che volevano storie di atrocità. Bene,non c'erano storie di atrocità in quel momento. Quindi hanno telegrafato che volevano storie di rifugiati. Allora mi sono detto: "Va bene, non dovrò muovermi". C'era una piccola città fuori Bruxelles dove si andava a cenare, anche bene. Ho sentito che gli Unni [i tedeschi] erano stati lì. Suppongo che ci dovessero essere stati anche dei bambini lì. Così ho scritto una storia straziante sul bambino di Courbeck Loo salvato dalle fattorie incendiate dagli Unni “(3).
Ma
Wilson aveva sottovalutato la potenza della stampa, e, quando l’articolo fu
pubblicato, il caso gli scoppiò fra le mani: “
“Il
giorno dopo mi hanno telegrafato per mandare il bambino, poiché avevano circa
cinquemila lettere in cui si offrivano di adottarlo. Poi vestiti per il bambino
hanno cominciato a riversarsi nell'ufficio. Anche la regina [madre] Alexandra
ha telegrafato la sua solidarietà e ha inviato alcuni vestiti”.
A
questo punto grande imbarazzo per il nostro giornalista. E allora ecco la
soluzione:” Beh, non potevo telegrafare loro che non c'era un bambino,
quindi alla fine ho concordato con il medico che si è preso cura dei rifugiati
che il bambino benedetto fosse morto per una malattia molto contagiosa, quindi
non poteva nemmeno esserci sepoltura pubblica (4).
Bambino
sparito, morto e sepolto, quindi. Ma i cattivi Unni restavano
Il
Canadese Crocifisso
Un’altra
famosa storia di una (poi risultata presunta) atrocità dei Tedeschi riguarda la
vicenda del “Canadese Crocifisso”.
Ecco
come la presenta Ponsonby, da una
corrispondenza del Times del 10 maggio1915: “La scorsa settimana un
gran numero di soldati canadesi, feriti nei combattimenti intorno a Ypres, sono
arrivati all'ospedale della base di Versculles. Tutti hanno raccontato la
storia di come uno dei loro ufficiali era stato crocifisso dai tedeschi. Era
stato inchiodato a un muro da baionette conficcate nelle sue mani e nei suoi
piedi, un'altra baionetta gli era stata poi conficcata nella gola e, infine,
era stato crivellato di proiettili. I canadesi feriti dissero che i fucilieri
di Dublino l'avevano visto fare con i propri occhi e avevano sentito parlare
gli ufficiali dei fucilieri di Dublino al riguardo”(5).
La
vicenda, seppure di seconda mano (i Canadesi l’avevano sentita dai
Dublinesi) come ovvio suscitò clamore e
determinò interrogazioni alla Camera dei Comuni e al Sottosegretario di Stato
per la Guerra per appurarne la veridicità. Però, scrive Ponsonby,“ nessuna
informazione di una tale atrocità perpetrata è ancora giunta al Ministero della
Guerra" (12 maggio) e “Nessuna informazione ufficiale è
pervenuta” (Camera dei Comuni, 19 maggio). “La storia ha fatto il giro
della stampa qui e in Canada, scrive Ponsonby, “la sua autenticità,
tuttavia, fu infine negata dal generale March a Washington”. La storia
emerse di nuovo nel 1919, quando dalla Nation
del 12 aprile fu pubblicata una lettera del soldato **** del 2nd Royal West
Kent Regiment, che dichiarava di aver visto il canadese crocifisso. Il
giornale fu però informato in una lettera successiva che non esisteva tale
soldato nei ruoli dei Royal West Kents e che il 2 ° battaglione era in
India durante l'intera guerra..
|
Un fotogramma dal film Passchendaele |
La
vicenda del “canadese crocifisso” riapparve anche recentemente in alcuni
fotogrammi del film del 2008 Passchendaele,
.
La "Fabbrica dei cadaveri"Una
delle “più rivoltanti bugie” inventate durante la guerra fu quella dei “cadaveri
dei soldati usati per produrre grassi”:
incominciò a diffondersi nel ’17 e fu definitivamente chiarita come erronea
solo nel 1925.
|
L'articolo del NYT che definisce la "fabbrica dei cadaveri" uno april fool joke, pesce d'aprile |
Il Times del 16 aprile era uscito con una notizia scioccante: “Uno dei consoli degli Stati Uniti, lasciando la Germania a febbraio 1917, dichiarò in Svizzera che i tedeschi stavano distillando glicerina dai corpi dei loro morti". La notizia, in un certo senso esatta, derivava però dal fraintendimento (o meglio, errata traduzione) di un articolo di un giornale tedesco in cui si riportava che in una Kadaververwertungsanstalt (impianto di lavorazione delle carcasse) venivano trattate delle carcasse (animali) e “Il grasso che si guadagna qui viene trasformato in oli lubrificanti, e tutto il resto viene macinato nel mulino per ossa in una polvere che è usata per mescolarsi con il cibo dei maiali e come letame”: l’equivoco derivava dal fatto che il termine tedesco Kadaver, usato nel senso di “carcassa animale”, era stato inteso come “cadavere”, ossia corpo umano.
Il
Times rafforzò la notizia pochi
giorni dopo con la “storia raccontata dal sergente B-----, dei Kent, che
un prigioniero gli aveva detto che i tedeschi bollono i loro morti per munizioni e cibo per maiali e pollame”. Quasi subito però lo stesso giornale precisò di aver ricevuto diverse lettere con dubbi sulla traduzione della parola tedesca Kadaver, suggerendo che il termine non fosse utilizzato per corpi umani. Il 23 aprile del 1917 sempre il Times citò una dichiarazione tedesca che definiva "ripugnante e ridicola" la notizia e ribadiva che il termine Kadaver non era usato per corpi di esseri umani. Ancora il Times del 3 maggio 1917 notava che la "stampa
|
Non dimenticare che il tuo Kaiser troverà un impiego per te, vivo o morto” |
francese sta ora trattando la storia di Kadaver come un malinteso". Malgrado questo la storia continuò ad essere alimentata, anche da volantini propagandistici in cui si vedeva il Kaiser rincuorare una giovane recluta: ”Non dimenticare che il tuo Kaiser troverà un impiego per te, vivo o morto”. Solo nel 1925, come ricordato, Sir Austen Chamberlain, Segretario per gli Affari Esteri del Governo inglese riconobbe ufficialmente che “non c'è mai stato qualsiasi fondamento” per questa storia.
Già il New York Times del 20 aprile aveva definito la storia "un pesce d'aprile" (macabro, direi io)
Interessante
la conclusione di P. “Alcuni anni fa
la storia di come il Kaiser riduceva in grasso i cadaveri umani suscitò nei
cittadini di questa e di altre nazioni illuminate una furia d'odio. Uomini
normalmente sani di mente si infuriarono e si precipitarono dal sergente
reclutatore più vicino. Ora hanno scoperto di essere stati creduloni e
sciocchi, che i loro stessi ufficiali li avevano deliberatamente spinti al
punto di ebollizione desiderato, usando una menzogna infame per eccitarli”(6).
Un
comandante di U boot criminale
Durante
la I (e anche nella II) G. M. l’arma
sottomarina tedesca rappresentò probabilmente per l’UK il pericolo maggiore.
Ovvio quindi che si cercasse, oltre che
di combatterla sul mare, anche di diffamarla sulla stampa.
Ed ecco quindi la
prima accusa: gli u boot affondano le
navi inglesi concedendo solo 10 minuti di
tempo agli equipaggi per abbandonarle (e
questo mentre il blocco inglese stava affamando la Germania, bambini e vecchi
compresi): Ma questa accusa sembrò troppo debole, e allora si ricorse ad altro.
Ecco cosa scrive Ponsonby. “Nel luglio 1918 una storia mostruosa di
diabolica crudeltà da parte del comandante di un sottomarino tedesco è stata
diffusa sulla a stampa” .
Cos’era
“successo”?
Una
motovedetta inglese aveva sorpreso in Atlantico un U boot tedesco in avaria e
in procinto di affondare. La nave
inglese raccolse tutto l’equipaggio
tedesco e si preparava a far saltare il sommergibile. Prima però gli ufficiali
inglesi chiesero al comandante tedesco se sull’U boot ci fosse ancora qualcuno:
“Assolutamente no, non c’è nessuno. Potete procedere”. Mentre le cariche
stavano per essere innescate, dall’interno dello scafo si udì un disperato martellio. Gli inglesi ispezionarono il
battello e scoprirono, chiusi in un locale, quattro inglesi presi prigionieri in precedenza e
destinati, dal comandante tedesco, ad essere affondati con la nave. La notizia
dell’inaudita crudeltà del comandante tedesco fu pubblicata sul Daily Mail_
del 12 luglio 1918. La vicenda fece scalpore e arrivò all’Ammiragliato inglese.
Scrupolosamente (occorre darne atto) fu chiesto al Primo Lord se la vicenda
trovasse riscontro: La risposta: “In our opinion the story is without
foundation” “a nostro avviso la storia è priva di fondamento”. E la
sconsolata ammissione di lord Ponsonby: “Ma, naturalmente, in questo, come
in altri casi, per una persona che si è accorta della smentita ce n'erano mille
che hanno sentito solo la bugia”..
L’affondamento
del Lusitania
L’affondamento del transatlantico Lusitania |
L'avviso con il quale le autorità tedesche invitavano i cittadini USA a non usare navi inglesi |
il 7 maggio 1915, con la perdita di 1201 persone tra cui 123 cittadini statunitensi, ebbe un valore un valore propagandistico speciale infiammando l'indignazione popolare, soprattutto in America, e volgendone l’opinione pubblica contro la Germania. La stampa inglese presentò il fatto come una barbarie. In realtà l’obiettivo era legittimo (7) , in quanto la nave (classificata come incrociatore ausiliario inglese) trasportava munizioni dirette in Inghilterra. Il particolare fu tenuto nascosto a lungo, un senatore statunitense che aveva dichiarato che la nave trasportava munizioni corse il rischio, leggiamo nel libro di Ponsonby, di essere espulso dal Senato e solo nel 1920 emerse che la nave trasportava 5400 casse di munizioni. Ma nel frattempo l’opinione pubblica statunitense si era volta contro la Germania ed era passata dalla neutralità alla dichiarazione di guerra. Nel 1928. infine, Ponsomby col suo libro rese noto il particolare al grande pubblico.
Il
libro prosegue poi con altri esempi di (presunti) atti di crudeltà, uso di
fotografie false, modifiche (doctoring) di documenti ufficiali etc. etc.
In
conclusione un libro coraggioso, che dimostra come, se c’era chi -per interesse o superficialità –diffondeva
notizie non vere, c’era poi anche chi (compresa la stessa stampa inglese) cercava
di ristabilire la verità.
E la
raccomandazione finale con cui P.
termina il libro, ci pare assolutamente attuale in questo tempo di nuove guerre:
“La gente comune dovrebbe stare più in guardia quando la nuvola di guerra apparirà all'orizzonte, e meno disposta ad accettare come verità le voci, le spiegazioni e i pronunciamenti emessi per il loro consumo. Dovrebbe rendersi conto che un governo che ha deciso di imbarcarsi nella rischiosa e terribile impresa della guerra deve fin dall'inizio presentare un caso unilaterale a giustificazione della sua azione, e non può permettersi di ammettere il minimo grado di diritto o ragione al popolo che ha deciso di combattere. I fatti devono essere distorti, le circostanze rilevanti nascoste e presentata con un'immagine che con la sua rozza colorazione persuaderà le persone ignoranti che il loro governo è irreprensibile, la loro causa è giusta e che l'indiscutibile malvagità del nemico è stata dimostrata oltre ogni dubbio.
Un momento di riflessione direbbe a qualsiasi persona ragionevole che un pregiudizio così evidente non può assolutamente rappresentare la verità. Ma il momento e la riflessione non sono consentite; le bugie vengono diffuse con grande rapidità. La massa irriflessiva le accetta e con la sua eccitazione influenza gli altri. La quantità di sciocchezze che passano sotto il nome di patriottismo in tempo di guerra in tutti i paesi è sufficiente a far arrossire le persone oneste quando successivamente vengono deluse”(op. cit. p.3).
APPENDICE
La ricerca in internet è molto bella, ma in un certo senso anche frustrante perché.. non finisce mai.
Avevo appena terminato il libro di Ponsonby sulle “Bugie di guerra” oggetto del presente post, ma dato che la ricerca non si ferma mai, scavando un pochino ne ho trovato uno del 1914 che è una raccolta delle (presunte?/vere?) atrocità compiute dagli “unni” (alcune delle quali ricordate nel libro di Ponsonby. Si intitola Report of Committee on Alleged German Outrages (Rapporto del Comitato sui presunti crimini tedeschi). Letto tutto.
A sua volta quest’ultimo testo provocò delle risposte, e di conseguenza altre ricerche e scoperte: per es. tra i libri del periodo tra le due guerre che criticano il Report ci sono H. Lasswell, Propaganda Techniques in the World War (1927), e H. E. Barnews, In Quest of Truth and Justice, (1928) : questi me li sono procurati ma non li ho ancora letti.
E poi ci sarebbero i Secrets of Crewe House: the story of a famous campaign (attualmente in lettura)
E’ un libro veramente interessante. Narra la lucida attività di un Comitato consultivo creato nel Regno Unito per organizzare la propaganda contro l’Austria Ungheria e la Germania, con un occhio rivolto anche al post guerra e alle ipotizzate ristrutturazioni territoriali: lo si potrebbe considerare il corrispettivo per la I G.M. di quello che sarà il British Security Coordination nella II GM (ne abbiamo parlato qui http://uomini-in-guerra.blogspot.com/2022/09/covert-operations-come-lintelligence.html). Molto interessante anche per quanto riguarda il problema della “ricostruzione” della Polonia e le difficoltà nel conciliare ( eliminato l’Impero Austro-Ungarico) il progetto di sistemazione dell’area slava con le richieste italiane sull’altra sponda dell’Adriatico. Ma l’Italia era considerata una potenza di secondo piano… A questi testi si accompagneranno i vari “libri bianchi” ( o di altri colori) dei diversi paesi sulle atrocità di guerra: quello tedesco, Das Deutsche Weißbuch, quello inglese: The Blue Book of Britain , quello russo, The Orange Book of Russia, e quello francese, Yellow Book of France: ma questi me/ve li risparmierò.
Molti libri, che potrebbero costituire il materiale per un’interessante tesi di laurea.
Morale della favola (che poi, visto l’argomento, tanto favola non è): internet mette a disposizione dei ricercatori una materia enorme; quindi ogni acquisizione e nuova conoscenza, in questo caso storica, deve considerarsi provvisoria, fino a quando non se ne trova un’altra che la “verifica” (= dimostra vera) o la “falsifica” (dimostra errata): proprio come le leggi della fisica e della scienza.
Tanti libri, tante possibilità di conoscenza. Purtroppo però troppo spesso nella spiegazione dell’oggi troppi (pubblicisti, commentatori, esperti tuttologi degli schermi televisivi) si appiattiscono sull’ultimo fermo immagine, dimenticando che l’oggi trova la sua origine e spiegazione nell’ieri (o altro ieri).
APPENDICE SECONDA
A dimostrazione del fatto che l'Inghilterra considerasse la guerra contro la Germania ineluttabile non per motivi "ideologici" ma semplicemente perché, secondo le teorie della "sopravvivenza del più forte", "non ci possono essere due galli in un pollaio", presentiamo un frammento di un articolo di un diffuso giornale inglese, il The
Saturday Review del febbraio 1896, dall'illuminante titolo " A biological view of our foreign policyi by a biologist ("una visione biologica della
nostra politica estera vista da un biologo):
"(..) I tedeschi, per la loro somiglianza con gli inglesi, sono destinati a essere i nostri rivali naturali. In tutte le parti della terra, nel commercio, nella produzione, nello sfruttamento di altre razze, inglesi e tedeschi si accalcano. La nazione tedesca è in crescita espandendosi ben oltre il suo limite territoriale, è destinata a trovare nuovo punto d'appoggio o perire nel tentativo. [...] Se tutti i tedeschi fossero spazzati via domani non c'è commercio inglese, che non si espanderebbe immediatamente. Se ogni inglese dovesse essere spazzato via domani, i tedeschi guadagnerebbero in proporzione. Ecco la prima grande lotta razziale del futuro: ecco due nazioni in crescita che premono gli uni contro gli altri, da uomo a uomo in tutto il mondo. L'uno o l'altro dovrà sopravvivere ; l'uno o l'altro perirà. (One or the other has to go; one or the other will go. (...) La visione biologica della politica estera è chiara.".(Steffen Werner, Hundred Years of War against Germany, 2013)
Oggi come ieri!
Leonello Oliveri
Proprietà
letteraria riservata
Riproduzione
vietata
1) One man whom I did not see told an official of the
Catholic Society that he had seen with his own eyes German soldiery chop off
the arms of a baby which clung to its mother's skirts. ("The Times" Correspondent in Paris, August
27, 1914.)
2) "Mr. Lloyd George and myself, when at the head of the Italian Government, carried on extensive investigations as to the truth of these horrible accusations, some of which, at least, were told specifically as to names and places. Every case investigated proved to be a myth”. All’epoca Lord George era Minister of Munitions, Ministro delle Munizioni.
3) A correspondent of the London Daily Mail,
Captain Wilson, found himself in Brussels at the time the
war broke out. They telegraphed
out that they wanted stories of atrocities. Well, there weren't any
atrocities at that time. So then they telegraphed out that they wanted stories
of refugees. So I said to myself, "That's fine, I won't have to
move." There was a little town outside Brussels where one went to
get dinner a very good dinner, too. I
heard the Hun had been there. I supposed there must have been a baby there. So 1 wrote a
heartrending story about the baby of Courbeck Loo being rescued from the Hun in
the light of the burning homesteads.
4) "The next day they
telegraphed out to me to send the baby along, as they had about five thousand
letters offering to adopt it. The day after that baby clothes began to pour
into the office. Even Queen
Alexandra wired her sympathy and sent some clothes. Well, I couldn't
wire back to them that there wasn't a baby. So I finally arranged with the
doctor that took care of the refugees that the blessed baby died of some very
contagious disease, so it couldn't even have a public burial". Sul caso del “bambino di Courbeck Loo” v. (https://vredesonderwijsnederland.nl/het-babytje-van-courbeck-loo/
5) Last week a large number of
Canadian soldiers, wounded in the fighting round Ypres, arrived at the base
hospital at Versculles. They all told a story of how one of their officers had
been crucified by the Germans. He had been pinned to a wall by bayonets thrust
through his hands and feet, another bayonet had then been driven through his
throat, and, finally, he was riddled with bullets. The wounded Canadians said
that the Dublin Fusiliers had seen
this done with their own eyes, and they had heard the Officers of the Dublin Fusiliers talking about
it