sabato 29 aprile 2023

Il "Crepuscolo degli dei": l’ultima battaglia della 11a Panzergrenadier Nordland

  


Leonello Oliveri
Proprietà Letteraria Riservata
Riproduzione vietata

Fra i molti libri che trattano la II GM, mi hanno particolarmente interessato quelli che descrivono i suoi ultimi mesi, ed in particolare gli strenui combattimenti sui confini orientali

e la disperata resistenza delle truppe tedesche, ma non solo, fra le rovine di Berlino: la “battaglia di Berlino”, quindi
.
Ingenere, però, hanno però una caratteristica: sono stati scritti o da autori non tedeschi (spesso dai vincitori) o, se tedeschi, da ufficiali, testimoni importanti si, ma lontani dall'esperienza dei soldatini in trincea. Mancavano cioè proprio le testimonianze di quei soldati che hanno combattuto fino all’ultimo in quell’inferno che era Berlino nell’aprile del 1945.
Il libro di cui voglio parlare è invece una testimonianza di chi ha materialmente combattuto fino all’ultimo giorno, una testimonianza importante, sia per l’autore che per il protagonista. Si tratta, nella versione inglese (non ne ho trovato traduzioni in italiano). di Twilight of the Gods: A Swedish Waffen SS Volunteer's Experiences. (Il Crepuscolo degli dei: l’esperienza di un volontario svedese). L’autore è Erik Gosta Thorolf  Hillblad.
Precisazione di questi tempi opportuna: questo post non vuole essere un’esaltazione della guerra o una celebrazione di un’ideologia su cui la storia ha già espresso il suo giudizio, ma solo un invito a non dimenticare cos'è la guerra

Chi era Erik Gosta Thorolf  Hillblad?
Thorolf (https://sv.wikipedia.org/wiki/Thorolf_Hillblad) intanto è svedese. Ebbe esperienze nel Partito Comunista Svedese e poi nel Partito Nazionalsocialista svedese. Nel 1941 partì come volontario corrispondente di guerra (Kriegsberichterstalter) nella divisione Waffen SS Leibstandarte A. Hitler, partecipando all’operazione Barbarossa. Nel ’44 tornò in Svezia. Dopo la guerra  si trasferì in Argentina, morì nel 2012.

Thorolf è l’autore, ma non il protagonista del libro. Raccolse infatti i racconti (quasi un diario) di un altro soldato, anche lui svedese, Erich (Jerka) Stig Wallin (1) : anche Wallin si offrì volontario per le Waffen SS nella 11 SS Panzergrenadier Division Nordland (2) (composta quasi tutta da svedesi e norvegesi), nel reparto di ricognizione corazzata SS Panzer Abteilung Aufklirungs 11 col grado di Unterscharfuhrer (sergente)

Il libro racconta gli ultimi sei mesi della guerra visti attraverso gli occhi di questo volontario
______

 Dicembre ’44 -  Curlandia

Siamo nel dicembre del ’44, a Bunkas, in  Curlandia (ora Lettonia)

Insieme al Gruppo d'Armate Nord, che consisteva della 16° e 18a armata, il III Panzerkorps, agli ordini del  SS  Obergruppenführer Felix Steiner è stato tagliato fuori dalle altre forze tedesche in Curlandia. Il porto di Libau (oggi Liepāja in Lettonia) era di vitale importanza per le forze accerchiate. Dalla metà di ottobre 1944 il Panzercorps di Steiner (11° SS Panzergrenadier Divisione 'Nordland, e  23a divisione SS Panzergrenadier 'Nederland', tenne il fronte a Preekuln (ora Priekule)–Purmsati–Skuodas.. La linea principale di difesa correva lungo la ferrovia, attraverso le rovine di Purmsati e il villaggio di Bunkas. Da un lato della ferrovia i soldati delle SS, dall'altra, l'Armata Rossa. Qui combatteva Jerka Wallin.

 Fraternizzazione a Natale

Ci sedemmo intorno al tavolo del bunker giocando a carte e ascoltando i saluti e gli appelli radiofonici di Capodanno (’44-45). Potemmo anche sintonizzarci sulla musica di Natale.

Il bunker era stata addobbato, come potevamo, la vigilia di Natale. C'era un albero di Natale, ramoscelli di abete fresco e piccoli oggetti che avevamo ricevuto nei recenti pacchi postali
”: così, bruscamente, con una scena di pace, incomincia la narrazione dell’inferno di Jerka. Ma uno squillo del telefono lo strappa dal dolce tepore del bunker. Era l’ordine di uscire per riconoscere, nella notte, i bersagli da assegnare al mortaio l’indomani.

Jerka aveva alle spalle 3 anni di guerra e  2 di ritirata quasi continua," l'ultima energia fisica e mentale era quasi prosciugata ma la nostra fede nella vittoria finale del potere superiore delle nostre armi era ferma”.

 I russi erano lì davanti, a 50 metri; qualcuno suonava un’armonia a bocca. Dalla trincea russa una voce improvvisa: “Compagno, perché sei così malinconico? Le parole arrivarono lentamente, in un tedesco tremendamente stentato, ma in un tono colloquiale”. Dalla trincea tedesca il mitragliere risponde: “Se vieni qui e suoni l'armonica a bocca per noi, non spareremo”. Il soldato russo accetta, si avvicina suonando una musica cosacca. Un mitragliere tedesco si alza e cerca di ballare: in entrambi i casi era le conseguenza della vodka e della Kümmelschnapps distribuite in abbondanza da entrambe le parti per il Capodanno. Arriva il comandante della compagnia, scuote la testa incredulo: “queste cose non dovrebbero succedere fra bolscevichi e Waffen SS”, e si rituffa nel bunker. Sembra quasi ad assistere alla famosa scena di Natale del film Joyeux noël.

Nella terra di nessuno continua il dialogo tra il bolscevico e le Waffen SS, che mostrano il contenuto dei pacchi natalizi ricevuti. Stupore davanti a… un paio di pantofole ricevute da un mitragliere: “Cosa sono?”. Non c'è odio, e il nostro autore non può trattenersi da una considerazione ideologica: “Non avevano mai visto un paio di pantofole". Poveri diavoli! Loro non hanno né i soldi, né la possibilità, di mettere un paio di pantofole nel "paradiso" sovietico di lavoratori e agricoltori”. Il dialogo prosegue, e i russi diventano ironici:” Hanno chiesto gli indirizzi delle ragazze a Berlino, che hanno detto che le avrebbero fatto presto visita, e ci hanno promesso un'esistenza abbastanza accettabile in Siberia”. E come saluto finale: "Hitler presto kaput!""

 Il massacro di  Priekule e i Commissari russi

Per una decina di giorni la Compagnia  vive un periodo di tranquillità a Priekule, una 40ina

di km. da Libau (oggi Liepaja, in Lettonia). Agli 8 mortai in dotazione si uniscono 30  Stuka zu Fuß, una nuova arma a razzo, montata su un semplice telaio di legno appeso all’esterno del semicingolati SdKfz 250/7, con un peso del proiettile di 82 chili e un calibro di 28 cm, sparati  elettricamente, Poi incomincia l’inferno: la compagnia cade sotto il fuoco, gli “organi di Stalin”, le katiusce russe :

Per dieci giorni e dieci notti questo massacro a Priekule andò avanti, un mortaio fu colpito in pieno. Poi iniziò l’assalto della fanteria: “Ondate dopo ondate di assalitori si riversarono, ma furono tutti schiacciati. La nostra linea ha tenuto! Nei giorni scorsi avevamo osservato come i commissari politici  seguivano gli assalti della fanteria. Dopo diversi giorni di vani attacchi, e con pesanti perdite, i russi furono presi dal panico mentre arrivavano  nel terreno aperto. Non appena hanno mostrato segni di panico o fuga, i commissari spararono alle proprie truppe, senza pietà”.

Esfiltrazione a Stettino: inizia l’anabasi verso Berlino.

Verso il 20 gennaio la Divisione fu tirata fuori dall'inferno di Priekule. L’ex comandante della divisione "Wiking", SS-Obergruppenführer Steiner, a quel tempo comandante del III SS Panzerkorps , riuscì a ricevere l’ordine di abbandonare il "balcone sul Baltico”, che diverrà la tomba delle altre truppe inchiodate lì dagli ordini di Hitler, divisioni che resistettero fino a maggio: la Nordland fu così traghettata oltre il Baltico, a Stettino, in Pomerania. Gli uomini della Nordland tirano un sospiro di sollievo: finalmente erano ritornati in Germania.



Ma li aspettava la prova più dura, una spaventosa ritirata verso Berlino,  fino alla distruzione all’interno della capitale del Reich.

 Pomerania

Sono in Pomerania, nel cuore della bella, antica cultura contadina di questo angolo di Germania, ordinato e pulito. Lì possono godere di due meravigliose settimane serene, accolti con braccia aperte dagli abitanti locali: “Abbiamo rispettato il loro modo tranquillo e forte di percorrere il proprio cammino attraverso la vita. Il loro mondo di idee che ha le sue radici in un tempo immemorabile, che ha trovato espressione in ricami, tessuti, mobili e utensili per la casa in stile nordico e bellezza della forma”.

 Pochi giorni di pace e tranquillità. Il diario di Erik è quasi una poesia: “Il Sole splendeva forte da un cielo azzurro ogni giorno. L'erba verde lussureggiante stava già germogliando dal terreno fertile. Qua e là macchie colorate di anemoni e altri fiori primaverili, e le rondini volavano via con vertiginosi gorgheggi primaverili. Era meraviglioso sdraiarsi sulla schiena nell'erba fresca, con gli occhi chiusi nel  sole, e pensare a tutto tranne che alla guerra”.

Ma nella seconda settimana di Febbraio i Russi arrivano anche lì, con i nuovi carri armati Stalin.

Le truppe tedesche subiscono perdite spaventose, le divisioni sono diventate reggimenti, i reggimenti battaglioni, i battaglioni compagnie, le compagnie plotoni di una decina di uomini.

Erich con 7 uomini e 2 Mg: sono davanti a tutti, a difendere da soli   un tratto di linea :

Sotto la pioggia battente e la notte oscura come la pece nera ci siamo fatti strada a tentoni verso le nostre tre fosse, poveri  topini nascosti nei nostri buchi. Il terreno fangoso dentro e intorno alle nostre fosse si è dissolto in una melma che penetrava nei nostri stivali, imbrattando le nostre armi. Nel giro di un paio d'ore le nostre uniformi erano fradice, avevano assorbito tanta acqua che sembravano pesanti come il piombo. Il fango nei nostri stivali faceva un rumore risucchiante (..) Per tre giorni e tre notti abbiamo dovuto giacere in questi pozzi dimenticati da Dio , aspettando, aspettando, aspettando”. Poi arriva l’assalto della fanteria.


Il duello col cecchino russo

Un cecchino russo si stava avvicinando sul rovescio della posizione tedesca: “ Ha puntato contro di me una raffica del suo mitra. Il piombo fischiò intorno alle mie orecchie. Il duello era iniziato! La distanza era appena venti metri. Ho preso un fucile d'assalto e l'ho aspettato. Ci siamo alternati sparandoci a vicenda - testa su, testa giù, su, giù. Finalmente il russo ha fatto un errore. O perché era troppo pigro o per sparare di più in fretta, lasciò che la sua arma rimanesse allo scoperto visibile a me, mentre si abbassava giù per aspettare il mio prossimo scatto. Ho premuto il grilletto e poi sono rimasto col dito sul grilletto. Là! La sua testa era di nuovo alzata dietro la sua arma, e prima che potesse reagire aveva un buco in mezzo agli occhi”.

Ma anche i compagni di Erich cadono uno dopo l’altro: "Testa giù!" Ho urlato al mio compagno. Troppo tardi! Gebauer sobbalzò all'improvviso all'indietro e sprofondò di lato. L'ho girato verso di me. Lui è stato colpito sotto l'occhio sinistro, il proiettile gli è passato attraverso il collo.
 È stato ancora vivo, sangue che cola dalla guancia e dal collo. mi ha abbracciato, i suoi occhi sbiaditi mi guardano disperati. Pregò: "Scrivi a mia madre…” Il suo abbraccio si allentò, le braccia si abbassarono mentre sussurrava“Solo poche righe…”
E poi ero solo, così solo e miseramente piccolo nella mia tana.”

I russi si avvicinano, Erich balza fuori dal suo buco, una corsa disperata fra il fischiare dei proiettili fino al tuffo finale in una trincea tedesca. Dei sette, era l’unico sopravvissuto.

I Russi sul terreno, Russi e Americani in cielo: “venivano tuffandosi dal cielo, e con le loro mitragliatrici solcavano le strade. Questi attacchi non erano solo contro di noi soldati, ma anche contro i contadini nei campi, le loro mogli e figlie, e contro i bambini piccoli che vanno a scuola. Questo ci ha fatto infuriare.”

Mitragliamenti dal cielo: era l’inizio del dramma che accompagnerà le colonne dei profughi

in fuga  verso ovest per tutto il loro viaggio: ”Fuori sulla strada principale abbiamo incontrato i primi civili in fuga, che venivano con le loro masserizie su carretti a mano e trainati da cavalli carrelli. Ci guardavano con occhi tristi, rossi di stanchezza. Ma ancora ci salutavano, mentre noi passato nei nostri semicingolati. La marcia è proseguita lentamente, perché il numero di profughi è aumentato lungo la strada .(..) . Alcuni aerei da combattimento americani avevano creato questo massacro poco prima.

 Nel fosso, una giovane donna sedeva con un fagotto insanguinato tra le braccia. Il sangue scorreva lungo il lato sinistro del suo viso, da un lembo di lei che le pendeva dagli occhi. Ha scosso il bimbo senza vita dentro le sue braccia, con un gemito continuo e monotono, gridando: "Bambino mio, mio (..) Siamo diventati furiosi”.

Vossberg, 3 marzo, il Tiger

A Marzo la compagnia raggiunge Vossberg, (attualmente in Polonia). Il villaggio è già occupato dai Russi con una decina di T 34: I tedeschi hanno un tank Tiger (Panzer VI) , il duello è senza storia:

 “I proiettili dei T 34 rimbalzavano, come piselli, sulla sua potente armatura. Completamente indifferente, l'equipaggio del Tiger mirava tranquillo. L'entusiasmo dei nostri uomini per questa suprema invulnerabilità non aveva limiti. I lampi di volata sparati in un flusso costante dalla lunga canna. Già le fiamme lambivano lo scafo del più vicino T-34 e in men che non si dica quattro di loro furono messi fuori combattimento. Quattro T-34 in quattro minuti! I restanti carri armati hanno cercato di ritirarsi rapidamente, ma sono stati colpiti”. Ma poi arriva il fuoco dell’artiglieria russa: la compagnia di Erich subisce molte perdite, tra cui un suo caro amico.

Poi arrivano i carri russi, gli Stalin. Entrano in azione i mortai tedeschi, con il tiro guidato da osservatori avanzati. Ordini secchi per i mortaisti  "20 in meno per Erik, 30 in più per Manfred, 5 a destra per...” I russi sono a 200 metri, non resta che una ritirata precipitosa, sotto il fuoco, in mezzo alle rovine delle case distrutte: gli 8 mortai della compagnia erano rimasti sei.

Il 20 marzo la compagnia è schiacciata sulla riva dell’Oder, a controllo dell’ultimo ponte: di là i  russi, dietro ai tedeschi, la Germania: “Una pioggia spietata di fosforo e bombe ad alto potenziale avevano trasformato e distrutto le città. I bellissimi vecchi quartieri, con case a graticcio e timpano, alcune delle quali  vecchie di centinaia di anni, erano stati ridotti in macerie. Ogni notte, donne, bambini e anziani indifesi e in preda al panico sono stati uccisi nel calore incandescente della pioggia di fosforo, soffocati dalle tempeste di fuoco”.

In quest’inferno Erik riceve una lettera da casa, la prima da un anno. Una ragazza di Stoccolma, una lettera da un altro mondo, con le sue luci, le insegne al neon, la vita pulita e indisturbata: “Il mio sogno ad occhi aperti è andato avanti finché la stanchezza non mi ha sopraffatto, e mi sono addormentato proprio dove ero seduto, sognando ancora la lontana Stoccolma”.

Qualche ora di pausa, una “visita” al magazzino viveri: “Ci siamo “organizzati”, il  nostro veicolo era quindi così pieno di conserve di ogni genere, burro, marmellata, biancheria intima, eccetera, che si sarebbe abbassato se non fosse stato per l'armatura”. Ma poi arriva inflessibile l’ispezione e la confisca di tutto, con un sadico sorriso del controllore che, “per farci viaggiare più comodi”, svuota  il semicingolato di tutto: ”Lui si sfregò le mani con crudele voluttà e disse: "Non è vero? Troppo angusto per voi signori questo veicolo'? Credo che dobbiamo sollevare fuori alcuni bagagli, così potrete viaggiare più comodamente”. E tutto viene prelevato, compreso un paio di stivali nuovi, due set di biancheria e un paio di pantaloni corti nuovi che poi, l’ indomani, Erik vedrà indossati dal suo superiore: “ma lui era un Hauptscharführer e io...solo un Unterscharführer

20 marzo, ritirata sul ponte dell'Oder.

Sotto la pressione dell’Armata Rossa i tedeschi si ritirano sull’Oder, difendendo l’unico ponte ancora in piedi: è la “testa di ponte sull’Oder” così ricordata da Erich: “La testa di ponte a Stettino era un pezzo di terra tedesca inzuppato di sangue, dove alcune delle migliori divisioni delle forze combattenti tedesche si difesero disperatamente contro un assalto selvaggio da parte di interi eserciti […] Era questa lotta contro il crudele selvaggio gigante dell'est l'ultima battaglia, il 'Twilight of the Gods' di cui avevano parlato i popoli della nostra vecchia fede nordica?"  Ma la resistenza è inutile e la compagnia di Erich deve ritirarsi verso l’interno della Germania, sotto i continui attacchi anche dell’aviazione. E a questo punto Erich si lascia andare ad alcune considerazioni “politiche”: non capisce  perché  il mondo occidentale combattesse contro la Germania anziché contro la Russia: “Invece di affrontare con le forze unite per scongiurare la nuova invasione (ovvero la Russia), stavano sprecando le loro forze in devastanti guerre "civili". Eppure, dice Erich, “le forze armate tedesche erano, di fronte ai barbari, la più importante difesa contro minaccia del bolscevismo mondiale”. Questa sorta di “stupore” di fronte al comportamento del mondo occidentale (che, secondo Erich, non capisce che il vero pericolo per la sua civiltà non era la Germania ma il bolscevismo sovietico) lo si scopre in diverse testimonianze di ex militari tedeschi: del resto si può ricordare la famosa frase attribuita a Churchill (a guerra finita): “Forse abbiamo macellato il maiale sbagliato (3).,

19 aprile, marcia nella notte

Nella notte del 19 aprile le esauste truppe tedesche tentano un contrattacco per eliminare
una testa di ponte russa sulla riva “tedesca” dell’Oder. I malridotti SdKfz 250/7 di Erich vanno verso il nemico nel buio: “I comandanti dei veicoli, che avevano sempre il loro posto in piedi dietro l'autista, dovevano dirigerli mentre guidavano, poiché non avevano possibilità di vedere la strada, con colpetti su una spalla o sul altro, a seconda di come girava la strada. Ero tranquillo nel nostro semicingolato, il più silenzioso possibile in un veicolo blindato rumoroso e rumoroso. Nessuno ha detto nulla, tranne quando l'operatore radio, alla destra del autista, con gli auricolari attaccati, ha gridato un messaggio: nella radio poteva...sentire anche comandanti russi dare ordini dall'altra parte dell’ Oder”.
Arriva anche un gruppo di Volkssturm, uomini di mezza età, molti in abiti civili con un bracciale al braccio, armati di panzerfaust: era ciò che restava al regime.
Si aspetta un gruppo di 30 Tiger: col loro aiuto, la testa di ponte poteva essere spazzata via. Ma invece dei tank, arriva una pioggia di razzi katiuscia: l' attacco viene fatto a pezzi prima ancora di iniziare. Freneticamente il meccanico riesce a far partire il semicingolato mentre le esplosioni cadono intorno a loro, Erich resta a terra. Sotto il bombardamento, il battaglione viene semidistrutto: di 10 plotoni ne rimangono a stento quattro: “ In quel breve momento abbiamo avuto perso più uomini che durante i violenti combattimenti di diversi giorni a Stettino”.

I pochi sopravvissuti riprendono la loro ritirata verso il cuore della Germania: Sulle strade regnava il caos. Ogni incrocio, ogni piccola stazione ferroviaria  e ogni ponte fu inondato di bombe, e sulle colonne in marcia piovevano i proiettili dei caccia. Carri armati, cannoni, camion, ambulanze e trattori andavano in una confusione con cavalli morti e corpi contorti di soldati caduti e arti strappati. Sempre più spesso ingorghi stradali, e sulle masse compatte le bombe ebbero un effetto terribile”. Inutile tentare di salvarsi lasciando le strade: i caccia nemici piombavano su  soldati e civili in fuga a volo radente a pochi metri dal suolo“Nei campi i loro proiettili scavavano lunghi solchi nel terreno. Le raffiche di arma da fuoco infuriarono tra gli uomini in corsa finché non cadevano immobili”. Quando arrivava l’ordine di fermarsi e cercar di far fronte al nemico “non era insolito vedere un Untersturmführer mettersi  un mitra  sulla spalla e  andare al fuoco insieme a un Unterscharführer e un paio di uomini che portavano le scatole di munizioni. E quella era l’  intera compagnia!”.

Arrivano pochi rinforzi: “uomini tosti che portavano con sé  ricordi di Creta, Nord Africa e Monte Cassino. Conoscevano il loro lavoro. In altri luoghi vicino a noi Valloni e i volontari delle SS francesi hanno combattuto con grande  coraggio”.

Il semicingolato di Erich è danneggiato: funziona solo la retromarcia, ma la ritirata continua, giorno dopo giorno, bombardamento dopo bombardamento:  “il ricordo di quel sanguinoso aprile 1945, è la sensazione di un guerriero solitario in una lotta finale disperata. Quasi disarmato, e sanguinante da innumerevoli ferite, di fronte ad un nemico  con risorse illimitate”.

Berlin bleibt Deutsch!

Berlino rimane tedesca”: la scritta campeggiava su un tabellone di una pubblicità delle


birra: Berlino non era lontana.
Le truppe tedesche in ritirata non dovevano guardarsi solo dai russi: anche “bande armate erranti di civili polacchi e russi cominciano a presentarsi di notte, a derubare e depredare. Spesso attaccavano unità più piccole della nostra Divisione”. Forse erano operai stranieri utilizzati per lavorare nelle industrie tedesche. 

Da Stettino a Berlino, con i luoghi degli scontri  narrati da Erik
 (dall'op. cit.)

Una scintilla di speranza

Improvvisamente fra i soldati incominciarono a diffondersi voci di speranza: si diceva che Himmler avesse contattato Eisenhower, spiegandogli il “pericolo rosso”: i bolscevichi  “Sono un pericolo per tutto l'Occidente. Ora [tedeschi e alleati] avrebbero concordato sulla lotta comune contro il bolscevismo, prima che l'Armata Rossa raggiungesse Berlino. Anno dopo anno i più grandi popoli  erano stati in aspre, sanguinose faide l'uno con l'altro. Hanno sacrificato la loro migliore giovinezza nelle guerre tra fratelli, mentre il loro comune nemico aveva approfittato della situazione per farsi strada più a fondo in Europa”.

Le voci si diffondono: “Era troppo meraviglioso per essere vero! Ma abbiamo creduto, perché in cos'altro dovremmo credere e sperare, lì, a pochi chilometri dal cuore della capitale tedesca?” In effetti ci furono caute trattative: Churchill (che ci vedeva lontano e voleva "stringere la mano ai Russi più a est possibile"), non sarebbe stato contrario, ma si scontrò con la decisa opposizione di Eisenhower, che voleva la resa senza condizioni e fermò le sue truppe all'Elba. (Incidentalmente, sarà proprio il dictat di una resa senza condizioni a costringere i tedeschi a combattere fino alla fine).
Sorretti comunque da questa illisoria speranza “C'era una nuova primavera nel nostro passo, il nostro portamento era più retto e usavamo le nostre armi con 'rabbia esultante'. Ancora una volta abbiamo cantato durante la marcia”. Ma era solo un’illusione

21 aprile: ai limiti della Grande Berlino. Uomini contro carri  

I semicingolati di Erich sono ancora davanti a tutti, a contatto con le fanterie russe. Ma poi arrivano gli Stalin e devono ritirarsi. Tre uomini volontari restano con i panzerfaust per rallentarne l’avanzata, “tre piccoli esseri umani giacevano accovacciati, con le mani strette attorno al loro Panzerfäust, con cuori che battono ascoltando il tuono sempre più forte del motore del tank. Uomo contro macchina!

I carri sono sempre più vicini: 100 metri, 50 metri. “Per amor di Dio, alzati, prima che sia troppo tardi!”. E invece “Quando il primo carro era arrivato a una distanza di 10 metri, tre teste escono come un fulmine, tre colpi brevi, il fuoco è uscito dal Panzerfäust e tre carri armati furono colpiti”. E tre soldatini riescono a ritirarsi fra i loro compagni.

Scavare trincee

Ancora una ritirata, sempre indietro, verso Berlino. Ma ogni tanto, come un animale braccato, l’esausta colonna si ferma, si gira, mostra i denti e aspetta il nemico:  scesi dai cingolati, a terra come i fanti: “Avevamo tre mitragliatrici e un cannone anticarro da 7,5 cm e le nostre solite armi leggere. (..) abbiamo iniziato a scavare tra radici e sassi (..)

lavoravamo furiosamente, spostavamo pietre, tagliavamo radici degli alberi con velocità febbrile. Le nostre schiene erano piegate come archi tesi, tendini e muscoli erano tesi, sudore versato dalle nostre fronti scorreva a rivoli lungo le nostre schiene nude”. Neppure un attimo di sosta per una sigaretta: “I centimetri di scavo che perderesti con una sosta potrebbero costare più del gusto di una sigaretta. Il sole splendeva senza pietà, e le nostre gole dolevano da sete. I bolscevichi potrebbero presentarsi da un momento all'altro”: Ma invece dell’assalto nemico, arriva l’ordine di.. andare all’attacco: “Gridate come l'inferno, mentre ci precipitiamo”, urlava il capitano. E qualche decina di uomini si buttano fuori dall’improvvisate trincee urlando. Sorpresi dall’attacco improvviso, “i bolscevichi saltarono fuori dalle loro tane per scappare, ma le nostre le raffiche li hanno raggiunto in mezzo agli alberi.(..) Siamo avanzati e abbiamo ripreso alcune centinaia di metri “: qualche centinaio di metri, una volta le avanzate erano di centinaia di km.

Un bicchiere di birra

Sempre indietro, senza sapere se i Russi li avessero già superati.

Arrivano in un piccolo villaggio non lontano da Berlino. Trovano una drogheria aperta: “Eravamo affamati  e non avevamo avuto  altro che razioni tascabili per i giorni precedenti”. Ma il proprietario vuole essere pagato. Un compagno di Erich reagisce irritato: “Stiamo rischiando la nostra vita per te! Dovresti essere contento che non siamo bolscevichi. Spostati”. Si servono: una pagnotta con un po’ di burro e salsiccia Pane. Entra il Comandante, Erich gli passa una bottiglia: “È stato gentile da parte tua aiutare i miei ragazzi a mangiare", disse il comandante al negoziante con un sorriso amichevole sul volto polveroso, e consegnò un biglietto, con le parole "Tieni il resto”. Ma non c’è tempo per riposarsi, bisogna andare: Sulla porta, un compagno di Erich ha voglia di scherzare, dà al droghiere  un suo biglietto da visita logoro: “Quando i russi saranno di nuovo oltre le montagne, voi o i vostri eredi potete inviarmi la fattura. Arrivederci!"

Il russo in bicicletta

Ancora indietro, verso Berlino. Poche centinaia di metri, poi un incontro inatteso:  “Krauss (un compagno di Erich) sbatté le palpebre e guardò di nuovo:"Chi è quell’e idiota che sta venendo qui in bicicletta?" Era un Russo: “La bicicletta traballava da un lato all'altro della strada, l'uomo era era ubriaco,  sembrava ignorare il pericolo. Era troppo grottesco! Un ciclista domenicale in terra di nessuno! Deve essere sia ubriaco che pazzo! Era un Ivan!: “Era probabilmente la prima volta che si era seduto su una bicicletta”.

Biciclette e orologi (e non solo quello,..) erano prede ambite per i soldati Russi: c’è una foto famosa al riguardo.
 E’ un incontro strano: il russo  “barcollava al sole sulla bicicletta da donna, con il mitra in spalla e una valigetta al fianco. Si godeva con piacere la vista delle belle case e dei giardini ben curati, che non si vedevano a casa in Russia. Era un peccato distruggere l'idillio, ma quella valigetta ci interessava. Potrebbe contenere documenti importanti”Non c’è odio  nei pensieri di Erich: “Un povero russo, come la maggior parte dei suoi connazionali, innocuo e gentile quando non è incitato alla guerra dai despoti. Con il mite soprannome di Batjuschka – piccolo padre – fu brutalmente interrotto nel primo giro in bicicletta della sua vita, che lo aveva portato contromano tra i temuti Germanskij” Ma “So a life was finished, to save others”, una vita doveva finire per salvare quella di altri. E così, “crivellato di proiettili di un mitra, è caduto sulla bicicletta (..). Sangue fresco e giovane scorreva sull'asfalto”. La valigetta viene recuperata e consegnata per l’inoltro alla Divisione.

Attacco notturno

La guerra continua. Il gruppo di Erich riceve l’ordine di riconquistare il villaggio che avevano appena superato. Nell’oscurità, con l’aiuto di tre Tiger, l’attacco rabbioso: “Si erano sentiti al sicuro per la notte e quindi avevano lasciato scorrere la vodka. Caddero nella loro ubriachezza e più di un nemico abbracciò la sua bottiglia nella morte. Coloro che

Sui muri di Berlino: Schutzt unsere Frauen und Kinder
 vor den roten Bestien

sono riusciti a fuggire nell'oscurità sono stati facilmente eliminati quando si sono presentati brevemente come ombre nere contro la luce da una casa in fiamme”. Trovano i pochi abitanti rimasti, compreso il droghiere, uccisi. L’unico sopravvissuto era “ una donna di 40 anni ferita a morte da una dei nostri proiettili. Era stata in mezzo a una folla di soldati rossi, che avevano cominciato a scatenare su di lei i loro istinti animali (..) Ora giaceva lì morente - il meglio che le potesse capitare invece di trascinarsi in una vita rovinata dallo stupro di massa, lentamente consumata dalla sifilide siberiana ": migliaia di stupri, una realtà terribile nei giorni della conquista.

22 aprile: la battaglia di Berlino

Sempre indietro, verso ovest, verso Berlino: “ per la centesima volta, abbiamo combattuto per la nostra via d'uscita dall’ accerchiamento russo". Era il 22 aprile, due giorni dopo il compleanno di H. Era iniziata la Battaglia di Berlino,”La lotta finale contro i giganti in oriente e occidente, il "Crepuscolo degli dei” aveva raggiunto il suo apice ed è passato alla sua ultima fase. 

La città è un intrico di trincee e barricate in mezzo alle case: “. Ovunque si vedevano Volkssturm, “la maggior parte con solo un elmo e un distintivo come identificazione. Tra di loro c'erano molti ragazzi della Hitlerjugend, di età compresa tra i dodici o tredici anni”. Ragazzi, quasi bambini! Il duro Erich è scosso da quest’ultima follia di H. ”Abbiamo pensato che questi ragazzi dovrebbero essere a giocare  nel cortile di scuola”. 
Ma anche lui stava lottando  obbedendo agli ordini di quell'uomo.
Quando il nemico è diventato visibile, i volti di questi ragazzini assumevano lo stesso sguardo torvo, duro e risoluto di quelli dei veterani incalliti. (..) una frenesia rancorosa e uno sconfinato disprezzo della morte,”

Da questo momento quello di Erich è un’allucinante serie di combattimenti dentro la città: il Karlshorst, l’iIppodromo, il Tempelhof e Mariendorf. E poi Frankfurter Allee-Skalitzer Strasse, Gitschiner Strasse, Belle-Alliance-Strass (4): una terribile via crucis di fuoco, distruzione, morte.

Un’ultima bottiglia di Danziger Goldwasser offerta da Ragge Johansson che sarà l’ultimo caduto della Nordland ricordato in una foto famosa (5).

l semicingolato della Nordland arrivato fino nel centro di Berlino,
Il corpo a terra dovrebbe essere quello di Ragge Johansson, uno
degli ultimi caduti della Nordland

Ma ormai la tragedia stava avvicinando alla fine, sul crepuscolo degli dei stava scendendo la notte.

25 aprile: di strada in strada

 “Fu una lotta terribile, amara, senza pietà. Come nastri di coriandoli contro il cielo notturno rosso-viola i proiettili traccianti disegnarono le loro linee

lampeggianti in tutte le direzioni, spruzzando senza pietà contro ogni obiettivo. Dietro di noi un mare sconfinato di fuoco si è diffuso su Berlino in fiamme. Era incredibile che fosse rimasto qualcosa della città.(..) . All'alba, un pallido sole si levò sulle rovine fumanti della grande città morente e con alcuni deboli raggi penetrava il fumo, fino alle mura annerite dal fuoco con i  vuoti delle finestre distrutte. Cadaveri giacevano nelle strade e tra le macerie. I difensori esausti ma ancora in lotta continuarono la battaglia.(..) Di casa in casa, di cantina in cantina, e di strada in strada fummo costretti all'indietro”.

SS-Verräter–Kriegsverlängerer!  SS traditori!

A questo punto Erik testimonia un particolare che non avevo ancora trovato nei libri che raccontano la “battaglia di Berlino”: cenni di dissenso tra la popolazione: “Su un muro di casa abbiamo visto per la prima volta lettere dipinte in fretta: SS-Verräter–Kriegsverlängerer! ('SS traditori e estensori della guerra!')”. Da Erik gli autori sono sbrigativamente definiti “comunisti”: “ i comunisti tedeschi erano al lavoro?” E una preoccupazione per il futuro: “ Cominceranno ad emergere d'ora in poi?”. O forse non c’entra la politica ma solo la stanchezza: “forse il morale della popolazione civile, che fino a quel momento aveva resistito bene a tutto le dure prove della guerra dei bombardamenti, aveva cominciato a cedere?”

La “casa comunista”
Ma non ci sono solo scritte contro la guerra, a quanto scrive anche azioni di resistenza armata: “nel mezzo di Hermannplatz abbiamo avuto raffiche di proiettili dall’alto che hanno spazzato il semicingolato. Là, c’erano comunisti tedeschi con i bracciali rossi, che sparavano con le mitragliatrici che avevano rubato ai Volkssturm.
I soldati di un'altra unità delle SS accorsero, si precipitarono in un edificio dall'altra parte della piazza e misero a fuoco il tetto  con le loro mitragliatrici, mentre altri uomini corsero nella casa comunista
(into the Communist house) e incendiarono i piani superiori. Poi hanno aspettato giù davanti alla porta, per vedere se i comunisti lassù avrebbero preferito morire nel fuoco o tentare di uscire, solo per essere catturati e impiccati al lampione più vicino”.  Anche questo è un episodio che non ho trovato in nessuna delle opere che trattano della “battaglia di Berlino”: una testimonianza interessante su una tardiva resistenza alla prosecuzione della guerra. Se poi fossero davvero “comunisti” o semplicemente cittadini esasperati che ritenevano suicida un’ulteriore resistenza, o sabotatori russi infiltrati,  difficile a giudicarsi, .

Ma ormai anche nella Wermacht tutto sta crollando: “Abbiamo visto altri deprimenti segni di disorganizzazione. Abbiamo anche incontrato soldati della Wehrmacht che, ubriachi e impotenti, barcollavano  per le strade, senza curarsi dei proiettili (..)  Numerosi soldati della Wermacht erano in piedi, bighellonare, senza armi, negli androni . Quando videro il nostro semicingolato, tornarono rapidamente nell’oscurità”: i quattro semicingolati e i 20 uomini (così si erano ridotti i reggimenti della Nordland) incutevano  ancora rispetto, o forse timore

In questo scenario di disfacimento, solo qua e là appaiono i civili:

“ Sul lato opposto della strada un vecchio e alcune donne stavano solo strappando grossi pezzi da un cavallo morto gonfio. Il sibilo di un proiettile in arrivo. Si buttarono a terra dietro il cavallo per un momento, attesero l’esplosione, si rialzarono e continuarono con le mani insanguinate a strappare, graffiare e tagliare il cadavere”


La fine

Ma anche per Erik arriva la fine della battaglia: era il 28 aprile, nella Hermanstrasse un’enorme esplosione annienta l’ intero plotone.    Erik viene ferito ad una gamba (un buco che ci si poteva infilare il pollice): per lui la battaglia di Berlino è finita.
Ne inizia un’altra, quella per la sopravvivenza.
Curato sommariamente, si toglie i distintivi della Nordland, i documenti che lo indicano come svedese lo aiutano: catturato dai russi, fuggito, catturato nuovamente, fuggito una seconda volta, peregrinazioni fra russi, civili in fuga, posti di blocco, incontri con personaggi di ogni tipo (compresi due italiani e due SS volontarie statunitensi!): ma ci vorrebbero altre dieci pagine !
Finalmente, all'inizio di  giugno!, dopo un mese di vicessitudini, attraversata l’Elba a nuoto: “Abbiamo raggiunto l'altra riva e siamo stati salutati da soldati britannici ridenti, con le parole “Bentornato nella civiltà!"

Erik riuscirà a tornare in Svezia, dove fu brevemente imprigionato, poi “Erik Wallin ha continuato la sua vita movimentata in vari paesi alcuni piuttosto esotici, come Marocco e Afghanistan (..). La sua vita si è spenta una sera a una riunione della Divisione Veterani del Nordland in Germania. È successo in fretta, come ha fatto tante cose nella sua la vita” : era il 1997, a Berlino.
Leonello Oliveri
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 (1) https://sv.wikipedia.org/wiki/Erik_Wallin_(frivilligsoldat : era un componente del Panzer Aufklärungs Abteilung della Nordland, comandata dal SS-L'Obergruppenführer Felix Steiner. Il reparto  era composto da sei compagnie in totale: una compagnia di personale e cinque compagnie di ricognizione. Era nellla 3a compagnia, ("La compagnia svedese")3 plotoni leggeri ciascuno di 3 sezioni, equipaggiati principalmente con semicingolati SdKfz 250/1. Il 4 ° plotone (pesante) conteneva semicingolati SdKfz 250/7 armati di mortai da 8 cm.  Fu comandato per gran parte della sua esistenza da SS Untersturmführer Hans-Gösta Pehrsson (indicato come "GP" da Wallin). In totale l'Abteilung completamente equipaggiato contava circa 800 uomini, divisi in 120 uomini in ciascuna compagnia di ricognizione e 200 uomini nella compagnia del personale. Tuttavia, come per tutte le formazioni tedesche della fine della guerra, le perdite furono molto elevate e l'unità era raramente, se non mai, al completo.

(2)  https://it.wikipedia.org/wiki/11._SS_Freiwilligen-Panzergrenadier-Division_%22Nordland%22)  Nel 1940   il Colonnello Berger propose ad Himmler un piano di reclutamento per volontari di stirpe germanica provenienti dai paesi occupati. Furono così stanziati i fondi per addestrare, dotare ed acquartierare reggimenti "stranieri", il primo dei quali fu il Nordland, composto da volontari Danesi e Norvegesi. Seguì il reggimento Westland, composto da Olandesi e Fiamminghi. Le due nuove unità andarono a costituire, assieme al reggimento Germania, il nucleo della nascente divisione SS Wiking Division..  Nel febbraio 43 Il reggimento Nordland della Wiking, formato da volontari scandinavi, fu tolto dai reparti di linea per essere usato come base per la nuova divisione. La la nuova divisione  adottò il nome del reggimento preesistente: Nordland, per l'appunto.

Fu una delle più ostinate e coriacee divisioni tedesche. Per tutto il ’43 combattè durissime battglie in Curlandia, sul fronte di Leningrado. Durante la controffensiva sovietica dell'inverno 1944/45, mentre le armate centrali e meridionali erano sul punto di crollare, quelle settentrionali (Gruppo di Armate Nord)) avevano mantenuto saldamente le posizioni in Estonia, Lettonia e Lituania. Nonostante ciò, il 24 novembre 1944 le truppe sovietiche aggirarono le armate tedesche in Curlandia, raggiungendo la città di Memel (allora al confine estremo della Prussia Orientale). Questo comportò l'isolamento di tre intere armate.

Da febbraio  a dicembre '44 fu bloccata nella sacca di Curlandia. A dicembre erano rimasti in  9000.

A Gennaio 45, la divisione ricevette l'ordine di spingersi al porto di baltico di Libau, da cui esfiltrò via mare in Pomerania, sbarcando poi a Stettino, 120 km. a nord est di Berlino

Tra il 22 ed il 28 febbraio 45 il III Panzerkorps si ritirò lentamente fino all'area circostante Stargard e Stettino a nord dell'Oder.

L'offensiva sovietica del 1º marzo ricacciò la Nordland assieme agli sfibrati resti del III Panzerkorps. In una disperata azione di ritirata/combattimento, i reparti tedeschi inflissero gravi perdite ai sovietici. 4 marzo 45 scontri sull’Oder. Nelle due settimane successive, la Nordland mantenne  la città, provocando copiosi spargimenti di sangue per ambo le parti. Il 19, i martoriati difensori ripiegarono dietro l'Oder, con reggimenti Danmark e Norge praticamente annientati. La divisione ricevette l'ordine di ritirarsi sull'area ad ovest di Schwedt per tentarne una riorganizzazione. 
Il 16 aprile 45 la Nordland ebbe l'ordine di ripiegare sulla linea orientale di Berlino. (da Wiki)

La battaglia finale:  Il 22 aprile la Nordland si era dovuta attestare al Tiergarten, in pieno centro di Berlino. Nei giorni successivi, la divisione cessò di esistere come reparto organicamente coerente. L'SS-Obersturmbannführer Kausch guidò i pochi carri e i blindati in un contrattacco che riuscì ad arrestare l'avanzata russa sacrificando alcuni dei suoi ultimi mezzi. L'ultimo Sd Kfz 250 della Nordland fu distrutto da un soldato russo di preda bellica e una foto dell'evento è rimasta come icona simbolica di tutta la battaglia.

La 3a compagnia, quella del ns. sergente, era su  3 plotoni leggeri ciascuno di 3 sezioni, equipaggiati principalmente con semicingolati SdKfz 250/1. Il 4 ° plotone (pesante) conteneva semicingolati SdKfz 250/7 armati di mortai da 8 cm. Conosciuta dagli uomini come "The Swedish Company", poiché era in questa unità in cui prestava servizio la maggior parte degli svedesi,  fu comandata per gran parte della sua esistenza da SSUntersturmführer Hans-Gösta Pehrsson (indicato come "GP" da Wallin).

In totale l'Abteilung completamente equipaggiato contava circa 800 uomini, divisi in 120 uomini in ciascuna compagnia di ricognizione e 200 uomini nella compagnia del personale. Tuttavia, come per tutte le formazioni tedesche della fine della guerra, le perdite furono molto elevate e l'unità era raramente, se non mai, al completo. (da Wiki)

(4)  Belle-Alliance-Strasse: dice niente a qualcuno questo nome?

(5) Dopo che fu ferito, Erik venne a conoscenza, tramite il racconto del Comandante la Compagnia, di come  il semicingolato era stato colpito con la morte di Ragge: "In Friedrichstrasse il suo semicingolato fu messo fuori combattimento, ha iniziato a bruciare, vicino al viadotto ferroviario dalla stazione della metropolitana. L''equipaggio è saltato fuori dal veicolo, ma tutti sono stati uccisi tranne  Ragnar Johansson  che corse verso il viadotto". L'amico racconta che  aveva visto Ragge cadere, mentre correva: "Si alzò di nuovo, cadde ancora una volta e rimase immobile".

Leonello Oliveri

Tutto è finito: la disperazione negli occhi
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