CIELI DEL
PIEMONTE 29 MARZO ’44:
UNA
STORIA DI CORAGGIO
Leonello Oliveri
La II Guerra Mondiale presentò, rispetto alla precedente un
elemento nuovo e profondamente inumano: le popolazioni civili, donne, vecchi,
bambini, furono scaraventate in prima linea, esposte alla morte non meno
rispetto ai soldati al fronte.
Fu infatti la guerra che inaugurò la pratica
terroristica dei bombardamenti indiscriminati sulle città. E non si trattava di
due o tre aerei che sganciavano qualche bomba a casaccio, colpendo per errore
il bersaglio sbagliato. Si trattava invece di centinaia di bombardieri carichi
di tonnellate di bombe che bombardavano a tappeto con lo scopo preciso di
causare il maggior numero di morti fra i civili. I soli Stati Uniti sganciarono oltre 1.400.000
tonnellate di bombe!
E a
programmare, pianificare e rendere per così dire scientifica questa distruzione
voluta delle città e dei loro abitanti furono, bisogna dirlo, principalmente gli
“alleati”, Stati Uniti e Inghilterra. Soprattutto quest’ultima si distinse con
spietati bombardamenti notturni, spesso incendiari, sulle città italiane ed
europee
Bombe
sulle città
Le nuove regole per i bombardamenti aerei
furono approvate nel febbraio del ’42 dal
capo di stato maggiore della RAF: essi
non dovevano più essere diretti esclusivamente su obiettivi militari, ma
coinvolgere anche agglomerati urbani.
La direttiva fu portata ad effetto da
Arthur Harris, comandante del Bomber Command e propugnatore dell’area-bombing, del
bombardamento a tappeto, che rese organici e pianificati questi
bombardamenti sulle città: “
sfiliamoci i guanti, disse, e rinunciamo al principio della ricerca
dell’obiettivo ma effettuiamo bombardamenti indiscriminati coinvolgendo le
popolazioni e le opere civili, il terrore farà accelerare la fine della guerra”
([1]):
secondo una pittoresca metafora in uso negli ambienti dell’USAF, i
bombardamenti “tattici” (quelli che miravano ad un singolo obiettivo preciso e ben delimitato) potevano servire “a
rovesciare il secchio del latte”, invece quelli strategici dovevano “uccidere
la mucca”. Peccato che la “mucca” spesso fosse una città. Ovviamente con i
suoi abitanti.
"Hostium rabies diruit":Un francobollo della RSI per ricordare il bombardamento USA dell'Abbazia di Montecassino |
In realtà questi bombardamenti "terroristici" (come altro si possono definire, visto che avevano lo scopo di generare
terrore?) che non colpivano obiettivi militari o strategici, non portarono la popolazione a ribellarsi, né affrettarono la fine della guerra (ovviamente questa è una mia opinione personale) semplicemente punirono la
popolazione per aver accettato, in Germania come in Italia, la dittatura
(quest’ultima comunque colpevole –non dimentichiamo – di aver gettato il nostro paese in una guerra che non poteva
essere vinta)
Fra
tutti come non ricordare, in Germania, i
terribili bombardamenti di Amburgo (24/27 luglio ’43, oltre 2000 aerei, 9000
tonn. di bombe, 50000 morti) e di Dresda il 13 e14 febbraio 1945? A Dresda, in
questa città d’arte, “la più bella
e romantica città della Germania, e una delle più belle e romantiche d'Europa”, priva di
veri obiettivi militari, fu provocata e scatenata la feuersturm
(tempesta di fuoco), innescata dalle migliaia di roghi causati dalle bombe
incendiarie che a loro volta scatenarono venti ad oltre 300 Km all’ora e, che
innalzarono la temperatura di una vasta area
ad oltre 300 gradi. Impossibile un calcolo dei morti che furono, secondo
alcuni, oltre 135000, più di quelli di
Hiroshima. ([2]).
Per un confronto le vittime a Londra durante tutta la guerra a causa dei
bombardamenti tedeschi sarebbero state circa 30.000.
Gli
americani, da parte loro, non furono da meno, con il bombardamento di Tokyo del
23 maggio ’45: oltre 100.000 vittime bruciate vive dal napalm.
Non
ho trovato cifre precise sul numero delle vittime civili dei bombardamenti
alleati sulle città tedesche: certo centinaia di migliaia. Ma per loro non ci
fu nessuna Norimberga.
Per quanto concerne l’Italia
una lettera del ministro degli Esteri britannico,
Eden, inviata
il 18 dicembre 1942 al segretario di Stato americano, Cordell Hull conteneva
l’invito a “intensificare tutte le forme di operazioni militari contro l’Italia, particolarmente
i bombardamenti aerei” ([3]).
E le conseguenze si vedono nei numeri: un sito internet (http://biografiadiunabomba.anvcg.it/seconda-guerra-mondiale/)
ne elenca minuziosamente oltre 1000, dal primo su Genova del 11 giugno del’40
(il secondo giorno di guerra!) all’ultimo su S. Candido e il Brennero del 4
maggio del ’45. Interessanti ed impressionanti le foto presenti in questo sito.
Sull’Italia sarebbero state sganciate 378.891 tonnellate di ordigni, pari al
13,7% del totale sganciato sull’Europa ([4]).
Ma
l’offesa aerea alleata, che provocò migliaia di morti civili, ([5]) non fu
sempre impunita: molti aerei americani e inglesi caddero colpiti dalla
contraerea, dai caccia o per incidenti vari.
Gli
Americani, considerando soltanto i
bombardieri B-17, avrebbero perso complessivamente - in tutta la guerra e su
tutti gli scacchieri- oltre 4500 velivoli sui 12726 prodotti: e ogni aereo
aveva un equipaggio di 10 uomini ([6]). Da
parte loro i tedeschi vantavano l’abbattimento, fra i soli caccia inglesi spitfire, di oltre 5000 apparecchi (sui
23000 prodotti).
Per quanto concerne l’Italia una lettera
dell’aprile del ’46 del Quartier Generale Alleato del MEDME, Missing
Research & Enquiry Service, organismo della RAF incaricato della
ricerca delle salme del suo personale caduto nei cieli del nostro paese, fa
salire ad oltre 2000 gli appartenenti
agli equipaggi dell’aereonautica britannica persi in Italia.
A
qualcuno di questi aerei, colpito dai
caccia della piccola Aereonautica Nazionale Repubblicana, è dedicato questo
piccolo lavoro.
I tre aerei della battaglia
del 29 marzo ’44: in 4
contro 149!
In
questo post parleremo infatti di due aerei italiani, ( e uno USA) caduti il 29 marzo del ’44 durante lo stesso scontro
aereo.
In
entrambi i casi si tratta di caccia dell’ANR (Aviazione Nazionale Repubblicana)
italiana, ed esattamente i Fiat G 55 centauro Matr. Nn. 91061 e 91062 abbattuti
in Piemonte, sulle Langhe.
La
vicenda è stata ricostruita anche sulla base delle informazioni presenti nel
documentato, preciso ed appassionato libro di G. Garello, Centauri su
Torino- La squadriglia Bonet dell’aeronautica Nazionale Repubblicana 1944-45, Apostolo Editore,
Milano 1998, da cui sono tratte anche le foto storiche presenti in questo
capitolo.
Il
primo aereo è il Fiat G 55 Centauro matr.
MM 91062 del maresciallo Jellici Luigi, dell’ANR, caduto poco prima di
mezzogiorno del 29 marzo 1944, mentre cercava di contrastare una formazione di
oltre cento fortezze volanti americane reduce da un bombardamento su Torino: il
pilota si salvò lanciandosi.
Ma
vediamo i fatti.
Il B-17G #42-97152: colpito cadrà nei pressi di dego (Sv) (da G. Garello, Centauri su Torino- La squadriglia Bonet dell’aeronautica Nazionale Repubblicana 1944-45, Apostolo Editore, Milano 1998) |
Ogni
B-17 ( ne furono costruiti oltre 12000: da soli sganciarono oltre il 40% di
tutte le bombe tirate dagli USA: su bersagli europei finirono, così abbiamo letto, 650 195 t. di bombe) ([7])
recava a bordo 12 bombe dirompenti da 500 libbre (228 kg.), da sganciare
da una quota di 7000 metri. La scorta era fornita da 44 caccia P-47
Thunderbolt del 325° Fighter Group.
Non
era questo il primo bombardamento subito dal capoluogo piemontese. Durante
tutta la guerra Torino subì numerose incursioni aeree, la prima il secondo
giorno di guerra quando 26 bombardieri del Bomber Command decollati
dall’aeroporto francese di Salon sganciarono sulla città –completamente
impreparata malgrado la proterva ma irresponsabile arroganza del Regime (e il
silenzio dei vertici militari)- un centinaio di bombe da 500 libbre. A questa
seguirono altre 55 incursioni aeree: sulla città furono sganciate 6820 bombe
(circa il 10% delle quali rimaste inesplose) ([8]) che
provocarono 2069 morti fra i cittadini e quasi 2700 feriti. Furono distrutti
oltre 42000 vani di abitazione ([9]).
Ecco
come la missione viene laconicamente ricordata
in http://www.milhist.net/usaaf/mto44a.html:
STRATEGIC OPERATIONS (Fifteenth Air Force):
About 400 B-17s and B-24s (largest total to date) hit 3 targets in Italy ;
the B-17s bomb the ball bearing factory, marshalling yard and industrial
area
at Turin ; the B-24s hit Bolzano and
Milan marshalling yards; P-47s and P-38s
fly escort; the bombers and fighters claim 13 aircraft destroyed; 6 US
aircraft
are lost.
HQ 325th Fighter Group and 317th, 318th and 319th Fighter Squadrons move
from Foggia to Lesina , Italy with P-47s.
Il G 55 |
I bossoli (ovviamente ormai vuoti, innocui, inerti e inutilizzabili) dei colpi tirati dalle armi del G 55 di Jellici contro i bombardieri USA. Evidenti i segni del crash |
Armato, nelle ultime versioni, di 3 cannoni Mauser MG151/20 da 20 mm e due mitragliatrici Breda-Safat da 12.7 mm., il G 55 era ottimizzato per l’attacco ai bombardieri piuttosto che ai duelli con i caccia, nei cui confronti era penalizzato da un armamento sì più potente (3 cannoni da 20 mm non molto utilizzabili contro i veloci caccia) ma con una celerità complessiva di tiro bassa: due sole mitragliatrici (contro le 4/6 dei caccia avversari) sparanti attraverso l’elica e quindi con un lento volume di fuoco, reso ancora più lento dal fatto che queste armi erano sincronizzate con l’elica -così almeno abbiamo letto- in modo da sparare solo con la pala ad un angolo molto prudenziale di 90° (quelli tedeschi di 33°): nella pratica ciò significava celerità di tiro molto lenta, ovvero in ogni attacco si rischiava la vita per sparare solo pochi colpi contro il nemico. Era un velivolo che poteva opporsi egregiamente ai bombardieri alleati, peraltro grandi incassatori, ma quando si deve operare in spaventosa inferiorità numerica, uno contro 20, affrontando la coda di formazioni lunghe chilometri, con la minaccia dei nugoli di caccia nemici, non basta né la qualità delle macchine né quella degli uomini.
Verso
mezzogiorno ci fu l’allarme e contro le
105 fortezze volanti ( e i 44 caccia) da
Venaria Reale decollarono in quattro: Bonet (caccia matricola MM 91061),
Biagini, Biron e Jellici (caccia matricola MM 91062). Quattro caccia contro 105
B-17 e 44 P-47.
I
caccia italiani si portano in quota, a 9000 metri: sotto di loro, 1000 metri
più in basso, come un fiume inarrestabile, scorre compatta la grande formazione
nemica, sulla rotta di ritorno.
Nacque
un veloce e drammatico combattimento, con i caccia ANR che facevano rapide
passate attraverso i bombardieri nemici. Una picchiata verticale, poche
raffiche contro il muro luccicante e vampeggiante dei bombardieri, e poi un
altro tuffo verso il basso, lontano dalle decine di torrette e mitragliatrici
((i B 17 erano armati ciascuno con 13 Browning M-2
calibro 12,7 mm.). Poi, se si era ancora vivi, riprendere di nuovo quota
per una nuova affondata. E così di seguito, mentre il fiume dei bombardieri
scorre incessante e apparentemente impassibile. E poi via, se ci si riesce, via
prima che arrivino i caccia di scorta.
Biron
e Jellici attaccarono l’ultima fortezza di sinistra, probabilmente il #682 del
96° sqdn. che riportò serious damage,
danni gravi (1 buco da 20 mm. nell’ala, 1 buco da 20 mm. nello stabilizzatore,
il copilota ferito) cercando poi di evitare i caccia avversari. Jellici fu
attaccato da 4 aerei nemici e fu colpito (tre buchi nell’ala sinistra con
perdita di carburante). Forse a inquadrarlo fu il sottotenente J. Forrest che così dichiarò al rientro dalla
missione: “L’aereo nemico cominciò a bruciare dietro il posto di pilotaggio,
alcuni pezzi volarono via a perduto il controllo mise giù il muso e urtò il
suolo )”(G. Garello, p.73). Jellici per portarsi fuori tiro iniziò una vertiginosa picchiata da 7000 a 2000 metri.
Intanto
il motore aveva preso fuoco e per il pilota fu indispensabile abbandonare
l’apparecchio. Cosa non facile: dovette salire in piedi sul sedile (mentre
l’aereo incendiato caracollava nel cielo a 300 all’ora) e buttarsi all’esterno,
andando a sbattere contro i piani di coda dell’aereo. Era questa un’ eventualità
tutt’altro che remota in casi di abbandono dell’aereo, risolta –più tardi –
solo dall’invenzione dei seggiolini eiettabili che spingono il pilota
velocemente lontano. Fortunatamente il malloppo del paracadute attutì il colpo. Poi aprì il paracadute ed atterrò, malconcio
e bruciacchiato ma incolume, su una collina delle langhe piemontesi. Incontrò
anche dei partigiani ma, fortunato, non
ebbe problemi. Al riguardo c’è da dire che non tutti i suoi colleghi saranno
sempre così fortunati: per es. il s.
ten. pilota Romano, anche lui della
Montefusco, prelevato da partigiani il 15/7/44 mentre in treno tornava a casa
in licenza a Savona e fucilato a Rocca Cigliè il 22 dello stesso mese ([11]), o i
s. ten. piloti Gueli e Savi “uccisi a fucilate in un’imboscata mentre
tornavano in bicicletta dopo essere stati al cinema a Gallarate” (Garello
178). Jellici invece poté rientrare alla base, mentre l’aereo si schiantò in un campo, disintegrandosi sul
duro terreno delle colline albesi. Tragico invece il destino del suo abbattitore, J. Forrest, al quale
restavano meno di due mesi di vita: morirà il 15 maggio andando a sbattere col
suo caccia contro un monte degli Appennini.
Bonet, lo sfortunato pilota del G 55 matr. 91061 (da (da G. Garello, Centauri su Torino, cit.) |
Intanto in alto il combattimento proseguiva: Bonet si accorse che il B-17G #42-97152 del 20° sqdn., 2° BG, procedeva a rilento, azzoppato dalla contraerea che aveva danneggiato i motori nn. 3 e 4. Era un aereo che non passava inosservato, il primo giunto dall’America nella nuova livrea non verniciata: un riverbero brillante, una stella di morte nel cielo piemontese. Ma talvolta cadono perfino le stelle.
Attaccato vigorosamente e ripetutamente da
Bonet e Biagini, (dal B-17 #096 il mitragliere inferiore contò ben 5 attacchi
contro il #152) fu danneggiato a tal
punto che, allorché un proiettile colpì
il controllo dell’elica del motore n. 1 mandandolo in supergiri,
causando vibrazioni che provocarono il tranciamento dell’albero dell’elica, il
suo capo equipaggio, il ventiduenne Lt.
E. J. Wronkoski, ne ordinò l’abbandono.
E non poteva fare diversamente, visto che il quadrimotore era diventato un ..
monomotore sorretto solo dal n. 2. E così “ nel cielo imbronciato delle
Langhe fiorirono dieci bianchi paracadute mentre l’onesto #152, affidato
all’autopilota, andò a posarsi delicatamente nei pressi di Dego (Sv) in
località Bormiola (G. Garello, p. 68). E con lui se ne andavano 238.000
dollari – tanto costava un B-17- e 30.000 kg. di alluminio e metalli
strategici.
Giovanni Bonet (Conegliano 24 luglio 1914 -cielo del Piemonte 29 marzo '44) |
Lucio Biagini. Cadrà il 25/4/44 sul cielo di Carmagnola |
L’attacco dei 4 uomini della Montefusco causò agli aerei americani, oltre all’abbattimento del 42-97152, anche altri danni: il solo 2° BG, che guidava la formazione di bombardamento, ebbe a lamentare “un armiere ucciso, un ferito, due aeroplani gravemente danneggiati ed un altro in maniera più leggera” (G. Garello, p. 69) ([12]).
Per contro quel bombardamento americano provocò a Torino, oltre le distruzioni materiali, 17 morti e una trentina di feriti.
Ho
voluto cercare le tracce di questa disperata battaglia aerea.
Sono
riuscito a recuperare solo poche briciole dei
due caccia italiani, disintegratisi sul suolo durissimo delle Langhe: tra
i pochi frammenti uno degli ”elementi mobili delle chiusure rapide” che
bloccavano tra loro le cappottature inferiori e superiori del motore.
Pochi frammenti di una storia di uomini coraggiosi che in condizioni disperate combatterono sì dalla parte “sbagliata”, ma spinti –credo- dall’unico desiderio di difendere le città italiane dalle bombe nemiche. Combatterono dalla “parte sbagliata”, ma non rivolsero mai le loro armi contro altri italiani.
Dopo la guerra la Repubblica Italiana non riconobbe l'assegnazione della medaglia d'oro alla memoria concessa dalla RSI al cap. no Bonet: era morto - come tanti altri- dalla parte sbagliata...Che tristezza.
Leonello Oliveri
Propr. lett. riservata
Riprod. vietata
[1] ) R.
Aiolfi, N. De Marco, Bombe su Savona e provincia, Sabatelli ed.,
Savona 2004, p. 55
[2] ) Nel 1955 Konrad Adenauer, allora Cancelliere della Repubblica Federale Tedesca, dichiarò: «Il 13 febbraio del 1945 l'attacco alla
città di Dresda, sovraffollata di profughi, provocò circa 250.000 vittime» ( Deutschland heute, edito dall'ufficio stampa e informazioni del governo
federale, Wiesbaden, 1955, p. 154. in https://it.wikipedia.org/wiki/Bombardamento_di_Dresda).
Dallo stesso sito apprendiamo che durante
la II G.M. gli Alleati sganciarono, solo per ricordare le maggiori città
tedeschi , 67607 tonn. di bombe su
Berlino, 39687 su Amburgo, 19329 su Monaco, 44923 su Colonia, 37938 su
Essen (v. Angell, Joseph W (1953). Historical Analysis of the 14–15 February 1945
Bombings of Dresden . USAF Historical Division Research Studies Institute,
Air University , hq.af.mil. Retrieved January 2008). Ovviamente
anche su Dresda ci
sono commenti diversi v. per es. http://www.airforcemag.com/MagazineArchive/Pages/2004/October%202004/1004dresden.aspx
dove si parla, se abbiamo ben capito, della “leggenda di Dresda”!
[3] ) P.P. Cervoni, Enrico Caviglia
l’antibadoglio, Mursia 1992, p.242
Ecco il testo completo della lettera: « Abbiamo considerato la possibilità di un partito che
sorga in Italia, il quale sia desideroso e capace di
concludere una pace separata. Prima che ciò
si verifichi due premesse, a nostro avviso, sono essenziali. I tedeschi dovrebbero
essere talmente indeboliti da non essere più in grado di controllare gli avvenimenti in Italia e dovrebbe
emergere un leader nazionale con forza sufficiente per spodestare Mussolini. Le indicazioni che abbiamo ricevuto recentemente fanno ritenere che nessuna delle due
premesse sarà verosimilmente realizzata in un futuro immediato. In particolare non vi è nessun segno della comparsa di un leader che rappresenti
un'alternativa a Mussolini.(..). Nella
Italia vi è poca probabilità che la Chiesa prenda
posizione contro il
regime. II re è considerato come un docile strumento del
fascismo e non sembra
che il popolo
italiano lo consideri più come un capo.(..). Un generale, con sufficiente seguito nell'esercito quale il generale Badoglio, potrebbe al
momento opportuno essere in grado
di rovesciare il governo, ma i nostri rapporti non indicano che il malcontento nell'esercito abbia raggiunto lo stadio che potrebbe farne una possibilità pratica. Da ultimo vi è la
possibilità che i membri moderati del partito fascista possano prendere
posizione contro Mussolini. Le indicazioni
che abbiamo tendono
tuttavia a indicare che i capi del partito fascista nel complesso siano tuttora
convinti che la cooperazione con la Germania ed proseguimento della guerra siano essenziali
per il mantenimento delle loro posizioni. Pertanto
il punto di vista del governo di Sua Maestà è che non dovremo contare sulla
possibilità di una pace separata ma dovremmo mirare a provocare in Italia
tali disordini da richiedere un'occupazione tedesca. Suggeriamo che i mezzi migliori per
conseguire questo obiettivo stiano
nell'intensificare tutte le forme di operazioni militari contro l’Italia, particolarmente i bombardamenti aerei, e nell'appoggiare le operazioni
militari con una linea di fermezza nella nostra propaganda.»
[4] ) v. Bombing
Survey 1947 = The United States Strategic Bombing
Survey. Statistical Appendix to over-All Report (European War), Washington D.C. 1947., citato in www.iccd.beniculturali.it/getFile.php?id=4441.
[5] ) Le
stime più verosimili collocano il numero di vittime civili causate dai
bombardamenti sull'Italia tra 80.000 e 100.000. (https://it.wikipedia.org/wiki/Bombardamenti_strategici_durante_la_seconda_guerra_mondiale)
. Altre fonti (es. R. Aiolfi, N. De Marco, Bombe su Savona a provincia , p.198) parlano di 153 mila.
Un dato tra tutti:: il 20 ottobre del 1944 un bombardamento alleato su Milano colpì in pieno la scuola elementare “F. Crispi”: morirono in 204, tra cui 184 bambini. (v.https://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_Gorla): ma di questo “danno collaterale” nessuno sarà chiamato a rispondere. Del resto gli USA riusciranno a bombardare anche la neutrale Svizzera, la cui città di Sciaffusa fu colpita dal cielo il 1° aprile 1944 con una cinquantina di morti e circa 150 feriti.
Un dato tra tutti:: il 20 ottobre del 1944 un bombardamento alleato su Milano colpì in pieno la scuola elementare “F. Crispi”: morirono in 204, tra cui 184 bambini. (v.https://it.wikipedia.org/wiki/Strage_di_Gorla): ma di questo “danno collaterale” nessuno sarà chiamato a rispondere. Del resto gli USA riusciranno a bombardare anche la neutrale Svizzera, la cui città di Sciaffusa fu colpita dal cielo il 1° aprile 1944 con una cinquantina di morti e circa 150 feriti.
[6] ) da
Wikipedia alla voce Boeing B-17 Flying Fortress. Il dato riguarda tutta
la guerra e tutti gli scacchieri. (Da parte loro i B17 avrebbero abbattuto
20000 aerei tedeschi). Tale dato porterebbe ad una perdita del 37% dei velivoli
prodotti, che pare francamente eccessiva: altre fonti parlano invece di una
perdita del 15,2%
[8] ) Secondo un documento del Dipartimento della Difesa
americana la percentuale di malfunzionamento dei detonatori di queste bombe
“storiche” è valutabile tra l’8% e il 10%, che nel caso italiano corrisponderebbe
a 37.900 tonnellate di bombe d’aereo inesplose, corrispondenti grosso modo a
80.000-100.000 ordigni di vario tonnellaggio e di vario tipo.
[9] ) per un
elenco dei bombardamenti su Torino v.
http://www.museotorino.it/view/s/acb7d7d49d6147e188377fb9e9c491ef.
per i totali delle vittime v.
http://www.istoreto.it/torino38-45/download/torino38-45.pdf
[10] ) Wikipedia,
Fiat G 55: Durante tutta la guerra gli inglesi costruiranno oltre 23000
spitfire!
[11]
) E. Scarone, I caduti della RSI Savona e Provincia, Pinerolo 2000,
p.179.
Dopo questa “avventura”
il maresciallo Jellici non abbandonò l’aviazione: anzi nel novembre ’44 fu selezionato, assieme ad
altri 17 piloti, per essere inviato in Germania per pilotare il nuovissimo caccia a reazione, il Me 163 Komet .
A Dicembre partirono quindi per Berlino (Rangsdorf). Dopo un brevissimo
addestramento su alianti (l’aereo aveva pochissimo carburante, che garantivano
solo 8 minuti di volo a getto, e dopo un'unica picchiata contro l’obiettivo
avrebbe dovuto tornare all’aereoporto in volo planato), alla fine di dicembre
furono trasferiti a Liegnitz, dove finalmente videro i Komet: “Sfortunatamente, (o forse
fortunatamente, visto l’altissimo tasso di perdite fra i piloti durante l’addestramento: furono più i piloti di questo caccia troppo avveniristico morti per incidenti che quelli uccisi in combattimento)
il maltempo e l'avanzata dei Russi non consentì ad alcun pilota italiano di
volare sul Me163, ed il gruppo fece ritorno in Italia all’inizio del ‘45(
da http://www.marzocca.net/rm_it.html
)
I resti del B 17 ( da G. Garello, Centauri su Torino- La squadriglia Bonet dell’aeronautica Nazionale Repubblicana 1944-45, Apostolo Editore, Milano 1998) |
[12] ) Nel libro The Secon Was First ,Copyright © 1999 by Charles W. Richards che racconta le vicende del Second Bombardment Group (Heavy) durante la II GM. così viene schedata la missione “Turin, Italy - mission no. 169 - march 29, 1944 Lt. Col. John D. Ryan led 27 aircraft and dropped 78 tons of 500-lb. GP bombs on the Marshalling Yards at
[13] ) Attenzione: sui luoghi dove sono caduti aerei militari della II G.M. (soprattutto se caccia) possono trovarsi ordigni bellici pericolosi, per es. (ma non solo ) proiettili inesplosi da 20 mm. dei cannoncini degli aerei: in pratica sono piccole bombe, con la spoletta sulla cima, e sono pericolosi: non toccateli, non percuoteteli e avvisate chi di dovere. Attenzione anche ai quadranti degli strumenti di bordo: per rendere i numeri fosforescenti erano pitturati con vernice a base di radio, quindi sono radioattivi!