Leonello Oliveri
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Nei primi anni ‘50 fu pubblicato, in Francia, Inghilterra, Italia, un libro intitolato Die Bormann Vermerke ( in Italia nel ’54 dalla Richter col titolo Hitler. Conversazioni segrete ordinate ed annotate da M. Bormann ).Il
documento raccoglieva le conversazioni “informali” tenute da H. a tavola durante i pasti nella Wolfsschanze
(“ tana del lupo” ), presso Rastenburg, nella Prussia orientale, e nel rifugio chiamato Werwolf ( “lupo mannaro” ), presso Wyniza, in Ucraina:
vere e proprie chiacchierate (in realtà quasi sempre soliloqui) sugli argomenti
più vari, tenute tra il 5 luglio 1941 e il 30 novembre 1944. Furono trascritte
parola per parola, nel momento stesso in cui venivano espressi, da subordinati
di Martin Bormann, il quale, poi, li rilesse, li commentò e li classificò. Ne
abbiamo parlato qui https://uomini-in-guerra.blogspot.com/2022/08/mussolini-l-italia-e-gli-italiani-nelle.html
Recentemente sono state pubblicate, in inglese, spagnolo e italiano (quest’ultimo dalla Mondadori come e-book col titolo Il testamento politico di H.), ad opera di François Genoud (1) altre pagine dei Die Bormann Vermerke.
Il
titolo italiano in realtà è fuorviante.
Non si tratta del testamento -dettato alla sua segretaria Traudl Junge nel
bunker alla vigilia della sua morte (2)- bensì di una prosecuzione dei sopra
ricordati Die Bormann Vermerche .
Sono (sarebbero?) la “registrazione” dei
soliloqui/digressioni/riflessioni/sfoghi di H. che caratterizzarono le sue ultime serate
in cui si lasciava andare a riflessioni “non ufficiali”. Non più ormai in
Prussia o Ucraina, ma nel bunker sotterraneo di Berlino, mentre sopra la città
devastata viveva la sua agonia sotto le cannonate russe.
Questa seconda parte consiste di sole diciotto
note. Le prime diciassette coprono il periodo compreso tra il 4 e il 26
febbraio 1945 con quasi una regolarità quotidiana. La diciottesima ed ultima è
datata 2 aprile 1945, una manciata di giorni prima del suicidio di H.
Esse si differenziano dalle
precedenti in quanto (sembra trascritte direttamente dallo stesso
Bormann) sono una sorta di “confessione”, un
bilancio di un’intera vita politica. Ormai il destino finale era segnato:“ Siamo giunti all'ultimo quarto d'ora. La situazione è
grave, molto grave. Sembra addirittura che sia disperata”, ammette H., e
non ci si poteva più fare illusioni: quindi
cerca di spiegare (agli altri o a se stesso?) il perché di certe sue
scelte (e di altre, purtroppo non ripudiate fino all’ultimo) ed errori, anch'essi non ripudiati (e da lui non riconosciuti come tali).
Per questo
motivo queste paginette talora scomode -(qualcuno le
definì troubling finds (3)- sulla cui autenticità peraltro sono stati avanzati dubbi: "Il testamento di Adolf
Hitler consiste in presunte registrazioni effettuate dal Reichsleiter
Martin Bormann dal bunker di Hitler a Berlino; pretende di essere una
continuazione dei colloqui al tavolo ampiamente pubblicati che Hitler condusse
durante il corso della guerra. I biografi Joachim Fest e Alan Bullock ,
così come altri storici, li hanno considerati legittimi, ma la loro autenticità
è messa in dubbio da un numero considerevole di studiosi, non ultimo dei quali
include Ian Kershaw , che ha rifiutato di farvi riferimento nel suo
autorevole lavoro su Hitler" - (4), rivestono a mio avviso, se autentiche, un’importanza notevole: sapere dalle sue parole perché furono prese certe decisioni mi sembra determinante anche per la ricostruzione della Storia. Anche perché le motivazioni con le quali si indagano e identificano le cause della II GM derivano nella maggioranza da opere di autori appartenenti ai vincitori, mentre il punto di vista degli sconfitti, e soprattutto del loro capo, è meno noto: i discorsi di H. del ’39 e del ’40, con i quali spiegava perchè era entrato in guerra, riportano i suoi tentativi (tardivi?) per ottenere una pace con la GB.
Anche per
questo, questo libretto sarebbe utile, opinione personale, per una miglior conoscenza della II G.M.
Tralasciando la parte “storico/politica” (che meriterebbe ben altri approfondimenti in altre sedi) da questo libro estrapoliamo alcuni frammenti in cui H., ormai alla fine della sua storia, parla dell’Italia e di Mussolini.
E sono conclusioni interessanti ma estremamente dure.
Si tratta di giudizi crudi, quasi rabbiosi, a volte altezzosi, che, comunque, non riguardano tanto i soldati, quanto le decisioni strategiche, la gestione della guerra: in una parola i Capi (politici e militari), a partire dai sommi vertici.
Eccone alcune
10 febbraio:
"Avere l'Italia sulle spalle è già, in tutta coscienza, un peso sufficiente”;
15 febbraio:
Attacco alla Grecia: “Senza le difficoltà createci dagli italiani e dalla loro idiota campagna (idiotic campaign ) in Grecia, io avrei potuto attaccare la Russia qualche settimana prima”;
17 febbraio:
Gratitudine verso Mussolini:“Per gratitudine (infatti non dimenticherò mai
l'atteggiamento adottato dal Duce al tempo dell'Anschluss) mi sono sempre
astenuto dal criticare o dal giudicare l'Italia. Ho sempre fatto quanto stava
in me per trattarla come una nostra pari: sfortunatamente, le leggi della
natura. hanno dimostrato che è un errore trattare come uguali coloro che uguali non sono”(..);
l’alleanza col Duce ( o meglio, con l’Italia) un errore: “Il mio atteggiamento nei
confronti dell'Italia fu un errore. L'alleanza con l'Italia un impedimento
quasi ovunque (.. ) la mia incrollabile amicizia per l'Italia e per il Duce può
senz'altro essere considerata un errore da parte mia (..)”.
L’alleanza con l’Italia utile ai nemici: “ la nostra alleanza con l'Italia è stata più utile ai nostri nemici che a noi stessi (..) l'alleanza con l'Italia avrà contribuito alla nostra sconfitta! Il più grande servizio che l'Italia avrebbe potuto renderci sarebbe stato quello di rimanere in disparte da questo conflitto. (..);“Invero, qualunque cosa sarebbe stata preferibile all'avere gli italiani come compagni d'armi sul campo di battaglia”(..);
e causa di imbarazzo: “La nostra alleata italiana è stata una causa di imbarazzo per
noi, ovunque. Fu questa alleanza, ad esempio, a impedirci di perseguire una
politica rivoluzionaria nell'Africa”;
All’Italia (o meglio, alla sua politica “africana” viene
attribuita la colpa di aver impedito alla Germania di H. di presentarsi come
amica dell’Islam: “(..) Ma la presenza degli italiani al nostro fianco ci
paralizzò, creò una sensazione di malessere tra i nostri amici dell'Islam, i quali ci videro come complici, volenti o nolenti, dei loro aggressori. Infatti gli italiani, in queste parti del mondo, sono ancor più odiati degli inglesi e dei francesi. Il ricordo delle barbare rappresaglie adottate contro i senussi (5) è tuttora vivo (...) Abbiamo avuto una grande possibilità di perseguire una splendida politica nei confronti dell'Islam. Ma abbiamo perso l'autobus, come lo abbiamo perso in molte altre occasioni, grazie alla nostra fedeltà all'alleanza italiana!(..)". Quanto poi alle "pretese" di Mussolini "di essere considerato come La Spada dell'Islam" essa "evoca ora la stessa risatina di prima della guerra".
Le sconfitte in Africa e l’aggressione alla Grecia:
“Anche quando si sono dimostrati incapaci di mantenere le loro posizioni in Abissinia e Cirenaica, gli italiani hanno avuto la faccia tosta (!) di buttarsi, senza chiedere il nostro consiglio e senza nemmeno darci preavviso delle loro intenzioni, in un'inutile campagna in Grecia. Le sconfitte che hanno subito hanno portato alcuni degli Stati balcanici a guardaci con disprezzo e scherno”.
E come valutazione
finale: “Ah! se solo gli italiani fossero rimasti lontani da questa guerra!
Se solo avessero continuato nel loro stato di non belligeranza (..)! di
che valore inestimabile sarebbe stato per noi un simile atteggiamento!”;
20 febbraio:
Mussolini e Ciano: “Proprio
come io avevo piena fiducia in Mussolini, lui aveva completa fiducia in Ciano -
e lui, ovviamente, non aveva segreti per le belle signore che svolazzavano come
farfalle intorno a lui ”;
2 aprile:
siamo all’ultima nota, a meno di un mese dal suicidio di H.
Ancora l’Italia: “l’ Italia aveva cercato di emulare l'antica Roma. Aveva
tutte le ambizioni romane, ma le mancavano i due essenziali complementi: uno spirito determinato e un potere materiale”
e ancora un pensiero per il suo alleato italiano, Mussolini, verso il
quale, pur con tutte le sue limitazioni, H. provava qualcosa simile
all’affetto: ”L'unica carta vincente che [l’Italia] aveva era la
guida di un vero Romano. Che tragedia per quell'uomo! E che tragedia per quel
paese! Per un popolo, come per un individuo, è tragico avere ambizioni e
mancare sia dei mezzi indispensabili alla loro realizzazione sia di ogni
speranza di acquistarli”.(6)
Era il 2 aprile ’45. Al suicidio di H. e alla fine del Reich
millenario mancavano 28 giorni.
Cosa dire su questo fiume di accuse e recriminazioni? Sempre che, ovviamente, esse siano autentiche: come detto permangono dubbi .
Una cosa comunque deve essere sottolineata: in ogni caso potrebbero forse avere un senso nei confronti della gestione della guerra da parte italiana, ma non possono certo essere rivolte ai nostri soldati che, in Africa, Grecia, Russia mostrarono un valore sicuramente degno di miglior causa.
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NOTE
1) https://en.wikipedia.org/wiki/Fran%C3%A7ois_Genoud
2) https://uomini-in-guerra.blogspot.com/2021/01/quelle-del-bunker-le-segretarie-di.html#more
3) v. https://www.jstor.org/stable/1432747
4) v. per es. https://en.wikipedia.org/wiki/Last_will_and_testament_of_Adolf_Hitler : "The Testament of Adolf Hitler consists of alleged recordings made by Reichsleiter Martin Bormann from Hitler's bunker in Berlin; it purports to be a continuation of the widely published table talks Hitler conducted during the course of the war. Biographers Joachim Fest e Alan Bullock , as well as other historians have taken them as legitimate, but their authenticity is questioned by a considerable number of scholars, not the least of which includes Ian Kershaw , who refused to reference them in his authoritative work on Hitler"
5) v. https://it.wikipedia.org/wiki/Senussi
6) A questo punto per, diciamo, “par condicio” potrebbe essere interessante vedere cosa pensavano dei tedeschi “dall’altra parte”, in Italia. Ecco un brano del Diario che Ciano scrisse dalla sua cella a Verona nel Dicembre '43, poco prima di essere fucilato:
"Dal ’39 in poi– durante la neutralità italiana e durante la guerra – la politica di Berlino verso di noi non è stata che una rete di menzogne, di intrighi e di inganni. Siamo sempre stati trattati non come soci ma come servi. Ogni azione è stata intrapresa a nostra insaputa, ogni decisione, anche fondamentale, ci è stata comunicata a cose fatte. Soltanto la turpe viltà di Mussolini poteva – senza reazione – sopportare e fingere di non vedere".
Strana alleanza, quindi.
Ci verrebbe però da chiedere dove fosse e cosa facesse Ciano mentre tutto ciò accadeva. Nella sua posizione avrebbe certo potuto influire. E definire "turpe viltà" quella di Mussolini dopo averlo servito e seguito per anni mi pare quanto meno contradditorio.
Leonello Oliveri
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