Leonello Oliveri
Proprietà Letteraria Riservata
Riproduzione Vietata
Sto leggendo un libro dalla collana Army Historical Series
edito nel
1975 dal Center of Military History United States Army. Si tratta di The US Army in the occupation of Germany 1944- 1946, di E. F. Ziemke, ex marine poi insegnante all’Università della Georgia.
Il libro, di cui riporto qui diversi brani, illustra la complicata situazione in cui
l’esercito US si trovò quando, a guerra
finita, dovette amministrare la Germania, affrontando problematiche complesse e inattese, a partire dalla
decisione di chi e come dovesse amministrare e governare il territorio tedesco,
in un difficile e delicato equilibrio tra gli Alleati e con la grande
difficoltà nel trovare personale civile tedesco per riaprire le strutture di governo, le amministrazioni locali, i
trasporti, le scuole, che non fosse
considerato compromesso (o troppo compromesso) col nazismo e che avesse
superato il Fragebogen della denazificazione
In questo lavoro ci limiteremo a illustrarne solo alcune
( e non le principali), estrapolate dalle oltre 500 pagine del libro.
Il punto di partenza è una constatazione non sempre tenuta presente: l’Amministrazione della Germania fu un Governo Militare di un esercito (anzi, almeno tre, non sempre “alleati”) di occupazione: la Germania doveva essere considerata “occupata”, non “liberata”, anche se il governo militare doveva essere "fermo... allo stesso tempo giusto e umano nei confronti della popolazione civile, per quanto compatibile con i severi requisiti militari"; (…) L’occupazione di tipo militare fu completa e dimostrò ai tedeschi che erano stati sconfitti e che il loro paese era occupato”, il rapporto era quello di conquistatori/conquistati.
Il Manuale preparato per il Governo Militare (alleato) della Germania, dopo lunghe riflessioni circa l'uso del termine "liberato" o "occupato" relativo al territorio tedesco, risolse il problema semantico con la frase "Siamo venuti come conquistatori, ma non come oppressori" (1).
Un promemoria Presidenziale, citato dall'autore a p.86, ricordava come fosse "della massima importanza che ogni persona in Germania riconoscesse che "questa volta" la Germania era una nazione sconfitta".
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A gestire il complicato problema degli affari civili sarebbero stati 2000 Ufficiali del Civil Affairs Center, appositamente selezionati in patria con un corso di 9 settimane. Al termine sarebbero stati inviati in uno dei 343 distaccamenti in cui era stato diviso il territorio amministrato da US e UK. Il loro compito sarebbe stato quello di "assicurare che esistano condizioni tra la popolazione civile che non interferiscano con le operazioni, ma le promuovano”.
Ma quando militari e civili US dovettero incominciare ad amministrare i territori tedeschi, si trovarono di fronte a problemi inattesi.
Tra questi uno, non certo il
maggiore, abbastanza curioso: fraternizzare o non fraternizzare?
La Germania non si era ancora arresa, le truppe USA avevano
appena varcato il Reno quando sulla stampa statunitense apparvero foto in
cui civili tedeschi, in genere
donne e bambini piccoli, salutavano i soldati americani sorridenti e
amichevoli. In alcuni settori negli US si levarono subito voci, molto influenti, contrarie a
questa che fu definita “fraternizzazione” con la popolazione civile.
Il gen. Hilldring (Assistente del
Segretario di Stato per le Aree Occupate) pensava che “ tedeschi dovevano
essere resi consapevoli della loro colpa e del disprezzo in cui erano tenuti
dalla gente del mondo. Dovevano rendersi conto dell'errore dei loro modi e
dovevano essere "tenuti a distanza" finché non l'avessero fatto. Il
mezzo più praticabile, pensò, era quello di limitare i contatti pubblici”.
Ed ecco che al Comandante in Capo
delle truppe Usa in Europa arriva un cablogramma del gen. Marshall:” "Il Presidente desiderava che io vi
trasmettessi il seguente messaggio", scrisse: Sono apparse sulla
stampa fotografie di soldati americani che fraternizzano con tedeschi in
Germania. Queste fotografie sono considerate discutibili da un certo numero di
persone. (quelle stesse lobby che avevano voluto e sostenuto il “piano Morgenthau?). Si desidera che vengano prese misure per
scoraggiare la fraternizzazione delle nostre truppe con gli abitanti della
Germania e che la pubblicazione di tali foto sia effettivamente proibita”.
Ike subito si adegua, impartendo
ordini personali, insistendo
affinché la fraternizzazione fosse completamente soppressa: “alla prima apparizione delle immagini di truppe
americane che fraternizzavano con i tedeschi, ho ripetuto gli ordini precedenti
contro questa pratica". "Con ciò, scrive l'autore a p. 98, iniziò quella che per i successivi dieci mesi gli stati maggiori si sforzarono virilmente di descrivere come un'impresa giusta, persino nobile, la politica di non fraternizzazione, sulla quale le truppe, incuranti dell'opinione presidenziale o pubblica, “preferred to develop various and mostly scurrilous ideas of their own”.
L'autore non ci dice come questa disposizione fosse accolta dalla popolazione tedesca: del resto erano dei vinti e non potevano che adeguarsi. E' possibile invece che non dispiacesse alla popolazione femminile, in quanto la metteva al riparo da eventuali approcci indesiderati.
Come guida per il comportamento dei militari Usa in Germania fu
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Don't Fraternize! |
stampato una "Pocket Guide to Germany" nella quale posizioni rigide ("here must be no fraternization ! This is absolute !Non ci deve essere fraternizzazione! Questo è assoluto!") convivevano con altre più flessibili ("Questo avvertimento contro la fraternizzazione non significa che devi comportarti come un musone o un automa militare" (This warning against fraternization does not mean you are to act like a sourpuss or military automaton.").
Anche "Stars and strips", il quotidiano che ebbe una grande diffusione fra le truppe USA in Germania, si fece subito portavoce della "non fraternizzazione", sulla base del dogma della "colpa collettiva dei tedeschi": Non fraternizzare. Se ti inchini davanti a una ragazza tedesca in una città tedesca o accarezzi una bambina bionda, ti stai inchinando a Hitler e al suo governo di sangue". (E. Davidson, The Death and Life of Germany – An Account of American Occupation. New York: Alfred Knopf, 1959, p. 54)
La "Guida" sopra citata includeva anche le norme relative ai matrimoni con stranieri e una sezione sulle malattie veneree, prova evidente che una certa ”fraternizzazione” veniva data per scontata e impossibile una sua proibizione assoluta
E così era, e gli Stati Maggiori non potevano non rendersene conto. Da qui un atteggiamento ambivalente, obbligato ad imporre una politica di non fraternizzazione di cui cercava, "altrettanto disperatamente", di sbarazzarsi, riconoscendola assurda e impossibile ad attuarsi.
Si sviluppò infatti una
situazione paradossale: negli USA una certa stampa premeva perché fosse
mantenuto un atteggiamento freddo e punitivo nei confronti della popolazione tedesca,
dall’altra parte, però, le truppe in
Germania avevano un’opinione assai diversa sul vecchio nemico: nel novembre del
’45 il Quartier Generale del teatro operativo europeo
dell'esercito statunitense (USFET) indagò l'opinione dei soldati sui tedeschi. I risultati furono, forse,
inattesi: “Quasi l'80% dei soldati intervistati ha dichiarato di avere un'impressione favorevole. A loro piaceva soprattutto la pulizia e l'operosità dei tedeschi” e, sorpresa, “ Meno della metà (43%) ha incolpato il popolo tedesco per la guerra e meno ancora (25%) gli ha attribuito la responsabilità delle atrocità dei campi di concentramento.( and Less than half (43 percent) blamed the German people for the war and fewer (25 percent) imputed to the people responsibility for the concentration camp atrocities, ibidem, p.327. ) Forse qualcuno dovrebbe rifletterci sopra un po’ anche ora .
Ai soldati fu anche chiesto
quanto tempo avessero trascorso nei sette giorni e sette notti precedenti a
"parlare", (compresi i contatti "diversi da quelli di natura
puramente colloquiale", (!) con i tedeschi:: il 56% aveva trascorso
del tempo a "parlare" con ragazze tedesche, il 25% per dieci ore o
più .
Dal Quartier Generale in USA fu inviato in Germania il colonn. Starnes per rendersi conto della situazione. Dopo un lungo giro fra i territori già sotto il controllo dagli USA, inviò in patria una relazione nella quale " raccomandò di rivedere gli ordini di non fraternizzazione su una base di buon senso. (..) Una politica di non fraternizzazione ovunque, (..) con le persone con le quali non siamo in guerra, apparirà infantile, insensata, e in brevissimo tempo tutti noi ci vergogneremo di esserci comportati in questo modo", mentre un ufficiale statunitense, il Vice Capo di Stato Maggiore gen. Morgan, richiamava l'attenzione sulla mancanza di realismo della politica di non fraternizzazione: in particolare, ricorda l'autore a p.98, per quanto riguarda le donne: "Considero essenziale che, se vogliamo davvero portare avanti l'attività di non fraternizzazione, dovremmo importare in Germania il prima possibile le nostre donne nel maggior numero possibile".!
Il Divieto di fraternizzazione restava comunque in vigore: anche se abbastanza velocemente assumeva l’apparenza di una “grida” di manzoniana memoria, la fraternizzazione restava pur sempre un reato da corte marziale, venivano effettuati arresti e processi (per es. 60 casi nella 28a divisione di fanteria, 25 nella 23esima) e buoni soldati combattenti si guadagnavano note di demerito, due terzi di perdita dello stipendio e fino a sei mesi di arresto. Fra gli “incidenti di fraternizzazione” il più famoso fu provabilmente quello, immortalato in una foto, di quando il brig. gen. Robert Stack stringe la mano a Goering al momento in cui si arrende. Più tardi, così si legge nel testo citato, il maggiore generale John E. Dahlquist, intervistò Goering in privato, gli diede il tempo di fare il bagno e di cambiare la sua uniforme, mangiò pollo con lui a pranzo e fornì a lui e alla moglie un alloggio per la notte in un castello.
Gli stessi soldati osservavano comunque il divieto con una
certa ironia, scherzando sull'opportunità data ai tedeschi di "vedere
gli americani impegnati nella più diffusa violazione delle loro stesse leggi
dopo il proibizionismo": in questo le disposizioni emanate ci
mettevano del loro, come quell’ordine del “Quartier Generale Supremo delle Forze
di Spedizione Alleate” ( SHAEF), in cui “con disperata illogicità”, si affermava che
"La contrazione di malattie veneree o i fatti riguardanti il
trattamento profilattico non saranno utilizzati direttamente o indirettamente
come prova di fraternizzazione”. Del resto per una battuta allora circolante fra la truppa assicurava che "copulazione senza conversazione non è fraternizzazione" (2) .
Analoga ironia fra i tedeschi che “non potevano non notare che qualcosa era andato male quando grandi cartelli 'Non fraternizzare' devono essere esposti ogni 50 metri circa”
Con queste premesse, il divieto di fraternizzazione non
poteva durare, e non durò: il 15 luglio del ’45 il gen. Eisenhower emanò quello
che fu definito “l’ordine di
fraternizzazione”: in considerazione
dei rapidi progressi compiuti nell'attuazione delle politiche di
denazificazione alleate... “si ritiene auspicabile e opportuno consentire al
personale del mio comando di impegnarsi in conversazioni con tedeschi adulti nelle strade e nei luoghi pubblici."
Lo stesso giorno il New York Time pubblicò una corrispondenza dal Reno: “ Oggi c'è stato un nuovo turno di guardia sul Reno: tenendosi per mano i soldati americani e le ragazze tedesche che approfittano delle restrizioni rilassate sulla fraternizzazione, nel caldo sole di una domenica pomeriggio si sedevano sulle rive erbose del fiume, andavano su e giù per il fiume su barche americane e passeggiavano per le strade con l'entusiasmo di un bambino che poteva tuffarsi in una scatola di caramelle precedentemente accessibile solo di nascosto”: giovani americani e ragazze tedesche si riconoscevano dopo cinque anni come figli dello stesso cielo, e non più nemici.
Altri problemi ci sarebbero stati per la Germania vinta, altri mesi di fame (3) e povertà, altre attese di chi non sarebbe più tornato (4), ma, almeno in quei giovani, l’odio (se mai c’era stato) era finito.
(Continua)
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NOTE
(1) Le "peripezie semantiche" di questo manuale ben testimoniano le incertezze e le diverse prese di posizione. Dopo lunghe correzione il testo in lingua inglese recitava "We come as conquerors", mentre quello in tedesco affermava più sobriamente "ein siegreiches Heer", un esercito vittorioso (ibidem, p.89).
2) Peter Schrijvers, The Crash of Ruin: American Combat Soldiers inn Europe During World War II, New York, New York University Press, 1998, p. 183
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Questa la razione di cibo giornaliera
Le foto provengono dal libro citato |
Leonello Oliveri