sabato 21 agosto 2021

Nobuo Fujita, quel pilota giapponese che bombardò gli States. Una storia di guerra, di onore e di riconciliazione

 



Leonello Oliveri

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            Gli Stati Uniti, per quanto  riguarda le guerre, hanno adottato un

sano (per loro, un  po’ meno per gli altri) principio: quello di farle in casa altrui. E così dopo la Guerra di Secessione (o Guerra Civile) la guerra non ha più toccato il loro sacro suolo patrio.

In realtà non è così: c’è stata una volta (anzi, due) in cui un pilota giapponese è riuscito a bombardare gli States, riportando anche a casa la pelle.

Si chiamava Nobuo Fujita.

 

     

       Qualche pignolo potrebbe dire che scontri sul territorio insulare degli Stati uniti ci furono nel giugno del ’42 quando i giapponesi attaccarono Dutch Harbor, una delle isole Aleutine, arcipelago facente parte dell’Alaska (all’epoca ancora con lo Status di Territorio Usa, diventerà il 49° Stato solo nel 1959)  e proteso nel mare fra l’Alaska e la Kamçatka, occupando poi le isole di Attu e Kiska. La prima sarà riconquistata dagli US nel maggio del ’43, con una serie di scontri durissimi, che costeranno loro oltre 1000 morti e altrettanti feriti mentre le perdite  giapponesi ammontarono a quasi 2500  uomini, con soli 28 prigionieri.

 La riconquista di Kiska fu al contrario quasi tragicomica: il 15 agosto del ’43 una forza di invasione di quasi 35000 uomini , comprendente anche reparti canadesi, sbarcò sulle sue gelide spiagge: non trovò nessuno, i giapponesi l’avevano abbandonata, non visti, 15 giorni prima: Nonostante tutto però gli invasori persero 313 uomini, a causa del fuoco amico, delle trappole giapponesi, di malattie e congelamento.” ( https://it.wikipedia.org/wiki/Campagna_delle_isole_Aleutine ).



Si trattava comunque di territori insulari, di cui probabilmente la maggioranza degli statunitensi non conosceva neppure la collocazione.

Un altro episodio fu la campagna dei circa 6000 “palloni bomba” (fūsen bakudan ) lanciati dai giapponesi, palloni  che dopo un volo di 10000 km. (!) lasciavano cadere il loro carico (due bombe incendiarie, una a frammentazione) sul suolo USA. Uno di questi causò “interruzione della linea elettrica che alimentava l'edificio contenente il reattore nucleare di Hanford Site nel quale (nell'ambito del Progetto Manhattan) avveniva la produzione del plutonio che sarebbe stato successivamente impiegato per la realizzazione della bomba lanciata sulla città di Nagasaki.”( https://it.wikipedia.org/wiki/Pallone_bomba) .

Un pallone bomba colpito da un aereo USA


Ma la storia di cui  finalmente parleremo riguarda invece un vero aereo con un vero pilota che andò, sganciò le sue bombe e ritornò indietro.

 

Il 9 settembre del ’42 Nobuo Fujita, 31enne pilota della Marina Imperiale Giapponese (in Giappone non esisteva l’aviazione come arma a sé) si trovava a bordo del sottomarino   I 25, al largo della costa statunitense dell’Oregon. Aveva un incarico speciale: una missione di bombardamento sul suolo statunitense.

Per capirne la ratio dobbiamo fare un passo indietro: nell’aprile di quell’anno  16 bombardieri B25 decollati da una portaerei avevano compiuto un raid su Tokio: danni minimi, tutti gli aerei persi durante il ritorno verso la Cina, alcuni membri degli equipaggi catturati, internati, tre fucilati, ma effetto psicologico notevole sia in Giappone che negli USA.

 Al bombardamento su Tokio, il Giappone rispose.. con un idrovolante,  lanciato da un sottomarino, e quattro bombe incendiarie.



Nobua col suo E14Y
L’I 25  ( https://it.wikipedia.org/wiki/I-25  e http://www.combinedfleet.com/I-25.htm era un sommergibile oceanico di 3000 tonn. con un’autonomia di 14000 miglia e una velocità in emersione di oltre 23 nodi. Aveva a bordo (in un hangar cilindrico sul ponte), un idrovolante smontato  che poteva essere lanciato da una catapulta: si trattava dell’ Yokosuka E14Y a due posti, noto agli alleati come " Glen” (https://it.wikipedia.org/wiki/Yokosuka_E14Y).



Prima della missione di Fujita l’ I 25 aveva già bombardato direttamente il suolo americano: il 14 giugno 1942 I-25 arriva al
largo della costa dell'Oregon lanciando in mare una serie di falsi periscopi di bambù (!) per confondere le navi ASW nelle vicinanze, il 21 giugno 1942 sulla costa nord dell'Oregon emerge alla foce del fiume Columbia e, dopo il tramonto, spara 17 colpi dal suo cannone da 5,5 pollici: ma non infligge danni significativi (però una bomba colpisce un campo da golf!).
Il cratere di uno dei proiettili del I 25



Ma veniamo finalmente alla missione di Fujita.
Alle 6 del mattino del 9 settembre l’I 25 emerse davanti alle coste dell’Oregon, poco a nord del confine con la California, al largo della cittadina di Brookings. L’idrovolante (equipaggio Fujita e Okuda Shoj) si levò in volo con due bombe alla termite (154 kg.) e alla folle velocità di 90 miglia all’ora penetrò nel territorio degli States diretto sul monte Emily, nella foresta nazionale di Siskiyou. Lo scopo era provocare un vasto incendio che avrebbe determinato certo danni maggiori di quanti sarebbero stati provocati dalle due bombette su un obiettivo civile. In realtà i danni furono minimi: era appena piovuto e i terreno era fradicio. Fujita ritornò incolume sul I 25, che poi fu attaccato senza danni da un aereo USAAF. L’I 25 si immerse per riemergere 3 settimane dopo (29 settembre): ulteriore incursione  di Fujito con altre due bombe lanciate.

La missione di Fujita
(da httpsworldofwarships.euitnewshistorythe-story-of-nobuo-fujita)

Le guardie antincendio della zona videro le deboli fumate del piccolo incendio  provocato dalle bombe, accorsero sul luogo riscontrando frammenti degli involucri delle bombe con scritte in giapponese.

In loco ci fu un’indagine: intervenne l’FBI  che portò alla localizzazione di diversi frammenti della bomba, e arrivò sui giornali il 10 settembre  (https://en.wikipedia.org/wiki/Lookout_Air_Raids).

In Giappone la  missione fu sfruttata per rialzare il morale  dopo l’incursione  aerea Usa: “ Bombe incendiarie gettate sullo Stato dell’Oregon. Il primo raid sull’America continua. Grande shock per gli americani", titolava il quotidiano Tokyo's Asahi Shimbun.

Terminata la missione, il sottomarino si allontanò (affondando due navi mercantili, la cisterna SS Camden e la SS Larry Dpoheny e un sottomarino russo (L6 scambiato per statunitense).
La Larrya


Non scamperà però alla guerra: fu affondato, probabilmente dal cacciatorpediniere americano Patterson,  il 23 agosto del ’43.

Fujita fu più fortunato: riuscì a sopravvivere alla guerra (qui la sua biografia https://en.wikipedia.org/wiki/Nobuo_Fujita), tornò a casa, si sposò e aprì un negozio di ferramenta.

Finché, all’improvviso, nel 1962 il passato tornò vivo e la vita dell’ex pilota ebbe una svolta impensata e impensabile

 


Brookings 1962

Oggi Brookings è una tranquilla cittadina di poco più di 6000 abitanti nella contea di Curry, in Oregon, vicina al’Oceano Pacifico, a poca distanza dal confine con la California.

Se andiamo a compulsare l’Enciclopedia Britannica (  https://www.britannica.com/place/Brookings-Oregon) leggiamo:  ”Il vicino Monte Emily fu il luogo di uno degli unici due attacchi giapponesi alla terraferma degli Stati Uniti durante la II G.M. , quando nel settembre 1942 un idrovolante della marina imperiale lanciò bombe incendiarie con l'intento di appiccare un incendio boschivo. Abitanti nel 2010 6336”. ( Nearby Mount Emily was the site of one of only two Japanese attacks on the U.S. mainland during WW II, when in September 1942 an imperial navy seaplane dropped incendiary bombs with the intent of starting a forest fire. Pop. (2000) 5,447; (2010) 6,336”) .

Famosa per il “bombardamento" di Fujita, quindi.

 

Ma negli anni ’60  la  notorietà del fatto non era probabilmente molto diffusa.

Forse per far meglio conoscere la cittadina, alla locale Camera di Commercio venne un’idea: perché non invitare il pilota giapponese che  40 anni prima li aveva “bombardati”? Era il 1962.

L’idea di Bill McChesney, presidente della Junior Chamber of Commerce, fece discutere la popolazione: invitare Nobuo Fujita come ospite d’onore all’Azalea Festival della città?



L’idea trovò l’approvazione della maggioranza della gente, ovviamente con la presenza di una minoritaria ma rumorosa opposizione che per bloccarla pubblicò sul giornale locale, The Brookings-Harbor Pilot, un editoriale, firmato da 100 cittadini, in cui si poteva leggere:” "L'unica pretesa di fama [di Fujita] è che è l'unico pilota Nip che ha bombardato la terraferma degli Stati Uniti Uniti in aereo... Perché fermarsi a Fujita? Perché non radunare le ceneri di Giuda Iscariota, il cadavere di Atilla l'Unno, una pala piena di terra dal punto in cui morì Hitler"  (v. qui ): certo i toni (e i termini di paragone ) non erano molto razionali, soprattutto confrontando il bombardamento “boschivo” di Fujita con i bombardamenti incendiari USA di Tokio (per non parlare di Hiroshima e Nagasaki.)

Ma i giovani manager Jaycees  della United States Junior Chamber  tirarono dritto: la loro era un’organizzazione di formazione alla leadership e civica per giovani manager, il cui codice recitava fra l’altro “Che la fratellanza dell'uomo trascende la sovranità delle nazioni. Che la giustizia economica può essere conquistata al meglio da uomini liberi attraverso la libera impresa. (..) Il grande tesoro della terra risiede nella personalità umana

 (https://en.wikipedia.org/wiki/United_States_Junior_Chamber).

E così l’invito partì: "[Invitare Fujita] è stata la cosa giusta da fare. Al diavolo le conseguenze", afferma McChesney..”

Il presidente Kennedy, venuto a conoscenza dell’iniziativa, si congratulò per i “loro sforzi per promuovere l’amicizia internazionale”: era l’epoca della guerra fredda, l’anno della crisi dei missili di Cuba, e ovviamente tutto ciò che poteva servire per ristabilire l’amicizia con il Giappone, futuro potenziale alleato, era utile e apprezzato.

Da parte sua Fujita accolse con entusiasmo (e un po’ di timore), l’invito, e partirono da Ibarakoi lui, la moglie e il figlio.

Fujita portava con se la sua spada katana, appartenente alla sua famiglia da 400 anni, che lo aveva accompagnato in tutte le sue missioni: se avesse capito di essere accolto con odio, o di essere considerato un criminale di guerra –disse poi- piuttosto di subire un’umiliazione  l’avrebbe usata per fare  seppuku”, il suicidio rituale del  samurai ( ma anche del semplice soldato) che avesse perso una battaglia o    che fosse sul punto di essere catturato (https://it.wikipedia.org/wiki/Seppuku ).



Ma non ce ne fu bisogno: l’accoglienza fu ottima, i pochi contestatori  messi da parte, quelli più rumorosi “ospitati “ provvisoriamente dove non potessero turbare l'atmosfera di riconciliazione.

La moglie di Bill  Mac Chesney a proposito del soggiorno della famiglia di Fujita a casa loro ricorderà “quella mattina  in soggiorno ho  trovato il figlio maggiore seduto in grembo ad Ayako Fujita (la  moglie di Nobuo)  che leggeva un libro illustrato. Le stava dicendo i nomi degli animali e lei gli stava dicendo i nomi giapponesi per gli animaliEra una madre e nostro figlio Tom la stava accettando proprio come una persona, come un'altra madre".

Nobuo fu poi accompagnato in volo con un Piper sul luogo del bombardamento. Lì qualche anno più tardi tornerà e pianterà una sequoia, a ricordo della riconciliazione fra due popoli.

Prima della partenza Nobuo compì un gesto  per me incredibile (era un Uomo con un cuore certo più grande del mio): regalò alla città di Brookings la sua spada da Samurai, vecchia di 400 anni, che lo aveva accompagnato in tutte le sue missioni. Oggi è conservata nella locale biblioteca ( Chetco Public Library di Brookings).

 

Ma la vicenda era destinata a non esaurirsi in una breve soggiorno: Nobuo Fujita raccolse dei fondi con i quali comprò e donò alla biblioteca di Brookings libri in inglese sul Giappone.  Nel 1985 invitò tre studentesse della Brookings-Harbor High School a visitare il suo paese: esse gli consegnarono una lettera dell'allora presidente Reagan con  "l'ammirazione per la sua gentilezza e generosità".

La sequoia (coast redwoods- sequoia sempervirens) piantata da Fujita 



Fujita  ritornò a Brookings nel 1990, nel ‘92, quando in segno di pace piantò nel luogo dove colpirono le bombe un albero, ora minacciato dall’incendio che sta devastando le foreste dell’Oregon, e nel ‘95.

Nel 1997, pochi giorni prima della sua morte (30 settembre), la città di Brookings lo nominò cittadino onorario. 

Sua figlia avrebbe poi sparso alcune delle sue ceneri sul luogo della bomba.

 

Il sito del "bombardamento"



La targa che lo ricorda



Uno dei libri (con disegni molto belli)
dedicato alla "missione" di Fujita

Una bella storia di guerra, di onore, di riconciliazione, che ne ricorda altre che ho già raccontato: quella dell’ Oberleutnant Franz Stigler e del pilota Charles Brown, scontratisi il 20 dic. '43 sul cielo di Brema e riabbracciatisi in Usa nel ‘90 (v. http://uomini-in-guerra.blogspot.com/2021/02/quando-ye-olde-pub-torno-casa-una.html#more), quella dei due ex carristi, uno tedesco, l’altro statunitense, che si spararono addosso nel duello di tank a Colonia nel marzo del ’45 e che poi si cercarono e ritrovarono nel 2013 nella stessa città (v. http://uomini-in-guerra.blogspot.com/2020/05/collisione-di-vite-quando-il-passato.html#more) e più vicino a noi quella della vedova dell’ufficiale inglese delle SOF che incontrò 20 anni dopo l’ufficiale argentino che comandava la pattuglia nello scontro a fuoco nelle Falklands- Malvinas in cui il marito perse la vita (http://uomini-in-guerra.blogspot.com/2020/12/guerra-delle-falklandmalvinas-il-raid.html#more): storie di uomini e di donne che hanno saputo veramente vincere la guerra non con le armi ma conservando la cosa più preziosa: la loro umanità al di là di confini, divise, ideologie.

Leonello Oliveri


Propr. lett. riservata
Riprod. vietata

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