Gli Stati Uniti, per quanto riguarda le guerre, hanno adottato un
sano (per loro, un po’ meno per gli altri) principio: quello di farle in casa altrui. E così dopo la Guerra di Secessione (o Guerra Civile) la guerra non ha più toccato il loro sacro suolo patrio.In
realtà non è così: c’è stata una volta (anzi, due) in cui un pilota giapponese
è riuscito a bombardare gli States, riportando anche a casa la pelle.
Si
chiamava Nobuo Fujita.
Qualche pignolo potrebbe dire che scontri sul territorio insulare degli Stati uniti ci furono nel giugno del ’42 quando i giapponesi attaccarono Dutch Harbor, una delle isole Aleutine, arcipelago facente parte dell’Alaska (all’epoca ancora con lo Status di Territorio Usa, diventerà il 49° Stato solo nel 1959) e proteso nel mare fra l’Alaska e la Kamçatka, occupando poi le isole di Attu e Kiska. La prima sarà riconquistata dagli US nel maggio del ’43, con una serie di scontri durissimi, che costeranno loro oltre 1000 morti e altrettanti feriti mentre le perdite giapponesi ammontarono a quasi 2500 uomini, con soli 28 prigionieri.
La riconquista di Kiska fu al contrario quasi
tragicomica: il 15 agosto del ’43 una forza di invasione di quasi 35000 uomini
, comprendente anche reparti canadesi, sbarcò sulle sue gelide spiagge: non
trovò nessuno, i giapponesi l’avevano abbandonata, non visti, 15 giorni prima: “Nonostante tutto però gli invasori persero 313 uomini,
a causa del fuoco amico, delle trappole giapponesi, di malattie e
congelamento.” ( https://it.wikipedia.org/wiki/Campagna_delle_isole_Aleutine
).
Si
trattava comunque di territori insulari, di cui probabilmente la maggioranza
degli statunitensi non conosceva neppure la collocazione.
Un
altro episodio fu la campagna dei circa 6000 “palloni bomba” (fūsen bakudan ) lanciati dai giapponesi,
palloni che dopo un volo di 10000 km. (!)
lasciavano cadere il loro carico (due bombe incendiarie, una a frammentazione)
sul suolo USA. Uno di questi causò “interruzione
della linea elettrica che alimentava l'edificio contenente il reattore nucleare
di Hanford Site nel quale (nell'ambito del Progetto Manhattan) avveniva la
produzione del plutonio che sarebbe stato successivamente impiegato per la
realizzazione della bomba lanciata sulla città di Nagasaki.”( https://it.wikipedia.org/wiki/Pallone_bomba)
.
Un pallone bomba colpito da un aereo USA |
Ma
la storia di cui finalmente parleremo
riguarda invece un vero aereo con un vero pilota che andò, sganciò le sue bombe
e ritornò indietro.
Il 9
settembre del ’42 Nobuo Fujita, 31enne pilota della Marina Imperiale Giapponese
(in Giappone non esisteva l’aviazione come arma a sé) si trovava a bordo del
sottomarino I 25, al largo della costa
statunitense dell’Oregon. Aveva un incarico speciale: una missione di bombardamento
sul suolo statunitense.
Per
capirne la ratio dobbiamo fare un passo indietro: nell’aprile di
quell’anno 16 bombardieri B25 decollati
da una portaerei avevano compiuto un raid su Tokio: danni minimi, tutti gli
aerei persi durante il ritorno verso la Cina, alcuni membri degli equipaggi
catturati, internati, tre fucilati, ma effetto psicologico notevole sia in
Giappone che negli USA.
Al bombardamento su Tokio, il Giappone
rispose.. con un idrovolante, lanciato
da un sottomarino, e quattro bombe incendiarie.
Nobua col suo E14Y |
Il cratere di uno dei proiettili del I 25 |
La missione di Fujita (da httpsworldofwarships.euitnewshistorythe-story-of-nobuo-fujita) |
Le guardie antincendio della zona videro le deboli
fumate del piccolo incendio provocato
dalle bombe, accorsero sul luogo riscontrando frammenti degli involucri delle
bombe con scritte in giapponese.
In loco ci fu un’indagine: intervenne l’FBI che portò alla localizzazione di diversi
frammenti della bomba, e arrivò sui giornali il 10 settembre (https://en.wikipedia.org/wiki/Lookout_Air_Raids).
In
Giappone la missione fu sfruttata per
rialzare il morale dopo
l’incursione aerea Usa: “ Bombe
incendiarie gettate sullo Stato dell’Oregon. Il primo raid sull’America
continua. Grande shock per gli americani", titolava il
quotidiano Tokyo's Asahi Shimbun.
Non scamperà però alla guerra: fu affondato, probabilmente
dal cacciatorpediniere americano Patterson, il 23 agosto del ’43.
Fujita
fu più fortunato: riuscì a sopravvivere alla guerra (qui la sua biografia https://en.wikipedia.org/wiki/Nobuo_Fujita),
tornò a casa, si sposò e aprì un negozio di ferramenta.
Finché,
all’improvviso, nel 1962 il passato tornò vivo e la vita dell’ex pilota ebbe
una svolta impensata e impensabile
Brookings 1962
Se
andiamo a compulsare l’Enciclopedia Britannica ( https://www.britannica.com/place/Brookings-Oregon)
leggiamo: ”Il vicino Monte Emily fu il luogo di uno degli unici due attacchi
giapponesi alla terraferma degli Stati Uniti durante la II G.M. , quando
nel settembre 1942 un idrovolante della marina imperiale lanciò bombe
incendiarie con l'intento di appiccare un incendio boschivo. Abitanti nel 2010 6336”. ( Nearby
Famosa per il “bombardamento" di Fujita, quindi.
Ma
negli anni ’60 la notorietà del fatto non era probabilmente
molto diffusa.
Forse
per far meglio conoscere la cittadina, alla locale Camera di Commercio venne un’idea:
perché non invitare il pilota giapponese che
40 anni prima li aveva “bombardati”? Era il 1962.
L’idea
di Bill McChesney, presidente della Junior Chamber of Commerce, fece
discutere la popolazione: invitare Nobuo Fujita come ospite d’onore all’Azalea
Festival della città?
Ma i giovani manager Jaycees della United States Junior Chamber tirarono dritto: la loro era un’organizzazione di formazione alla leadership e civica per giovani manager, il cui codice recitava fra l’altro “Che la fratellanza dell'uomo trascende la sovranità delle nazioni. Che la giustizia economica può essere conquistata al meglio da uomini liberi attraverso la libera impresa. (..) Il grande tesoro della terra risiede nella personalità umana”
(https://en.wikipedia.org/wiki/United_States_Junior_Chamber).
E così l’invito partì: "[Invitare Fujita] è stata la
cosa giusta da fare. Al diavolo le conseguenze", afferma McChesney..”
Il presidente Kennedy, venuto a conoscenza dell’iniziativa, si
congratulò per i “loro sforzi per promuovere l’amicizia internazionale”:
era l’epoca della guerra fredda, l’anno della crisi dei missili di Cuba, e ovviamente
tutto ciò che poteva servire per ristabilire l’amicizia con il Giappone, futuro
potenziale alleato, era utile e apprezzato.
Da parte sua Fujita accolse con entusiasmo (e un po’ di
timore), l’invito, e partirono da Ibarakoi lui, la moglie e il figlio.
Fujita portava con se la sua spada katana, appartenente alla sua famiglia da 400 anni, che lo aveva accompagnato in tutte le sue missioni: se avesse capito di essere accolto con odio, o di essere considerato un criminale di guerra –disse poi- piuttosto di subire un’umiliazione l’avrebbe usata per fare “seppuku”, il suicidio rituale del samurai ( ma anche del semplice soldato) che avesse perso una battaglia o che fosse sul punto di essere catturato (https://it.wikipedia.org/wiki/Seppuku ).
Ma non ce ne fu bisogno: l’accoglienza fu ottima, i pochi contestatori messi da parte, quelli più rumorosi “ospitati
“ provvisoriamente dove non potessero turbare l'atmosfera di riconciliazione.
La
moglie di Bill Mac Chesney a proposito
del soggiorno della famiglia di Fujita a casa loro ricorderà “quella mattina in soggiorno ho trovato il figlio maggiore seduto in grembo ad
Ayako Fujita (la moglie di Nobuo) che leggeva un libro illustrato. Le stava
dicendo i nomi degli animali e lei gli stava dicendo i nomi giapponesi per gli
animali. Era una madre e nostro figlio Tom la stava
accettando proprio come una persona, come un'altra madre".
Nobuo
fu poi accompagnato in volo con un Piper sul luogo del bombardamento. Lì qualche anno più tardi tornerà e pianterà una sequoia, a ricordo della riconciliazione fra due popoli.
Prima della partenza Nobuo compì un gesto per me incredibile (era un Uomo con un cuore certo più grande del mio): regalò alla città di Brookings la sua spada da Samurai, vecchia di 400 anni, che lo aveva accompagnato in tutte le sue missioni. Oggi è conservata nella locale biblioteca ( Chetco Public Library di Brookings).
Ma la
vicenda era destinata a non esaurirsi in una breve soggiorno: Nobuo Fujita
raccolse dei fondi con i quali comprò e donò alla biblioteca di Brookings libri
in inglese sul Giappone. Nel 1985 invitò
tre studentesse della Brookings-Harbor High School a visitare il suo paese: esse gli
consegnarono una lettera dell'allora presidente Reagan con "l'ammirazione per la sua gentilezza e
generosità".
La sequoia (coast redwoods- sequoia sempervirens) piantata da Fujita |
Fujita ritornò a Brookings nel 1990, nel ‘92, quando
in segno di pace piantò nel luogo dove colpirono le bombe un albero, ora
minacciato dall’incendio che sta devastando le foreste dell’Oregon, e nel ‘95.
Nel 1997,
pochi giorni prima della sua morte (30 settembre), la città di Brookings lo nominò cittadino
onorario.
Sua
figlia avrebbe poi sparso alcune delle sue ceneri sul luogo della bomba.
Il sito del "bombardamento" |
La targa che lo ricorda |
Uno dei libri (con disegni molto belli) dedicato alla "missione" di Fujita |
Leonello Oliveri
Propr. lett. riservata
Riprod. vietata
Un po' di bibliografia per approfondire
https://www.opb.org/artsandlife/series/history/nobuo-fujita-brookings-oregon-world-war-2/ (c'è anche un bel video);
https://www.fs.usda.gov/recarea/rogue-siskiyou/null/recarea/?recid=69514&actid=50
https://www.nytimes.com/1997/10/03/world/nobuo-fujita-85-is-dead-only-foe-to-bomb-america.html
https://www.oregonlive.com/pacific-northwest-news/2017/09/chetco_fire_threatens_a_piece.html
https://worldofwarships.eu/it/news/history/the-story-of-nobuo-fujita/ (con bei disegni)
https://www.oregonlive.com/news/2008/10/a_bomb_a_peace_tree_and_now_a.html